Gialloverde o Giallorosa. Per noi cosa cambia? [di Alessandro Mongili]

Scriveva il nobile tempiese don Baignu Pes, durante la Guerra di Successione, conclusasi nel 1713 e determinante per il passaggio della Sardegna al corrente (e nefasto) periodo italiano, nel suo gallurese, questa lingua fra il sardo e l’italiano di Corsica:

Pal noi non v’ha middori, /Né impolta lu chi ha vintu/Sia iddu Filippu Quintu/O Càrulu imperatori.

È così, anche oggi, che ci importa se passiamo da Conte I, il gialloverde, a Conte II, il giallorosa? E invece in parte no, così come nel 1713 a Utrecht la nostra storia cambiò per sempre, anche stavolta può cambiare. Cambia infatti l’uscita dal delirio sovranista, antieuropeista, avventurista e razzista determinato dal Salvinismo e dalla sua crescita anche in Sardegna. Ma, per i problemi della Sardegna, per le nostre vite, non sembra cambiare assolutamente nulla. Vediamo assieme i principali dossier.

1. Mobilità. I gialloverdi, così come in precedenza il PD, si sono sempre mostrati a favore della limitazione della mobilità dei Sardi, assegnando a monopoli semicoloniali i trasporti marittimi e quelli aerei, indegni di una parte dell’Europa quale noi siamo, e disposti a pagare fior di quattrini in multe all’Unione europea, pur di mantenere interessi napoletani e romani protetti e senza scosse a guadagnare sulla nostra pelle.
2. Politiche agricole. Il prezzo del latte di pecora non verrà affatto promosso, così come lo sviluppo della filiera legata alla sua produzione. Nessuna eccezione e nessun interesse particolare per il ruolo importantissimo nel popolamento e, spesso, nella semplice antropizzazione del territorio. Nessun interesse a preservare l’occupazione, più rilevante di quella delle industrie protette. Speriamo che almeno non ci facciano più fare la solita figura del sardo tonto e fiducioso in su margiane continentale, come è stato con i leghisti e con la loro colossale presa in giro dei pastori sardi.
3. Politica industriale. Silenzio sul Porto Canale, mentre invece continuità totale nella promozione delle industrie decotte, improduttive, e che finanziano spesso migliaia di sussidi e di buste paga senza che gli impianti abbiano alcun senso, se non quello di inquinare luoghi che potrebbero avere ben altra destinazione. Nessuna idea di politica industriale attiva, di sostegno alle imprese, di formazione delle risorse umane, dello sviluppo e della diffusione della cultura tecnologica e scientifica.
4. Politica linguistica. Nessuna simpatia è stata espressa dal M5S e tantomento dal PD per una politica di parità linguistica, così come si dovrebbe, in accordo con la Carta europea delle lingue e con i principi generali di uguaglianza e di lotta allo stigma, al pregiudizio e all’esclusione che sono le ragioni di fondo, assieme al dovere di salvare un rilevante patrimonio culturale immateriale millenario dalla distruzione, che dovrebbero spingere ogni persona dotata di sensibilità culturale e umana a farsi portatore di queste istanze.
5. Servitù militari. Tutti i partiti, verde, giallo e rosa, sono a favore delle basi militari, del loro inquinamento, della loro sottrazione di risorse allo sviluppo civile, della propaganda ascara.
6. Patrimonio ambientale e paesaggistico. Qui, forse qualcosa si può ottenere dallo sviluppo della legislazione italiana. Il maggiore pericolo sembra essere rappresentato dalla Giunta irrazionale che abbiamo in Regione.
7. Patrimonio archeologico. Nonostante costituisca, pare, il 25% del patrimonio di tutto il territorio che costituisce l’attuale Stato italiano, il nostro gigantesco insieme di Nuraghes, Domos de janas, chiese romaniche giudicali, villaggi medievali abbandonati dopo la Guerra sardo-catalana, imponenti rovine industriali del XIX secolo, ecc., è totalmente fuori dai radar di ogni interesse e spesso anche della minima conoscenza da parte anche dei progressisti maîtres à publier che dominano il dibattito pubblico italiano, nel quale siamo assenti.
8. Politica della salute. Né i gialli né i rosa hanno alcuna intenzione di favorire a Roma la rinegoziazione dell’accordo-capestro con il Qatar che ha costretto la Sardegna a tagli rilevanti per la sanità sarda.

Mi fermo qui con l’elenco, che potrebbe essere arricchito con notazioni, ad esempio, sul contenzioso finanziario fra Stato e Regione, che ho sempre considerato epifenomenico.

Come sempre, il problema è l’assenza di una rappresentanza degli interessi sardi che non sia clientelare o ispirata all’eterna mediazione a nostro discapito su un versante, e alla frammentazione ostaggio di vanitosi e irrilevanti piccoli leaderini in vellutino e con il megafono sempre acceso a sparare slogan privi di proposte serie, sul versante indipendentista.

Il problema siamo noi, e il problema sono anche i tanti Sardi che danno spettacolo di self-colonized mind, ancora una volta, nell’esaltarsi da spettatori passivi e irrilevanti per le lotte di potere, e spesso di corridoio, a Roma, senza avere la minima coscienza per la sorte che la loro indifferenza riserva alla Sardegna e a noi tutti. Quanta stupidità.