Tra variazioni e parafrasi [di Franco Masala]
A dimostrare la popolarità in Europa del più grande musicista italiano dell’Ottocento sono le Parafrasi e trascrizioni sulle opere di Giuseppe Verdi di Franz Liszt che abbiamo appena udito nel Teatro Lirico di Cagliari alla ripresa della stagione concertistica del 2019. Considerato che pochi giorni prima erano state eseguite le Variazioni su un tema di Haydn, composte da Johannes Brahms nel 1873, è stata l’occasione per confrontare due tipi di “esercitazioni” sulla musica, simili ma non uguali. Se la variazione ripropone un’idea musicale, apportando modifiche, più o meno profonde, rispetto alla sua forma originaria che rimane sempre riconoscibile, la parafrasi è una rielaborazione che sovrappone alle armonie di partenza nuove linee melodiche, ottenute mutando leggermente un tema. Diffusa in particolare nel secolo XIX, la parafrasi ebbe grande fortuna per le bande musicali, contribuendo a divulgare il melodramma fuori dai teatri e dalle sale. L’alternativa – ed è quella che abbiamo sentito a Cagliari – è il pianoforte che si incarica di variare brillantemente i temi di partenza. Franz Liszt fu maestro nel genere e si dedicò alla parafrasi di brani di opere liriche verdiane a cominciare dal celeberrimo Quartetto del Rigoletto fino a lavori meno popolari come Ernani e Jérusalem (rifacimento francese de I Lombardi alla prima crociata). La capacità del musicista di aderire alla musica verdiana e, contemporaneamente, distaccarsene con una scrittura ora meditata ora brillante è l’aspetto più significativo di una rilettura raffinatissima. Si pensi al passaggio impercettibile dalla danza delle sacerdotesse al duetto finale in Aida o all’ispirata preghiera di Jérusalem. Si ponga attenzione al contrasto tra il giubilo del coro di festa e la marcia funebre del Don Carlos dove le melodie si rincorrono e si sovrappongono con chiarezza assoluta. Repertorio minore? Può darsi ma composto e interpretato in modo eccelso. Il pianista (e compositore lui stesso) Orazio Sciortino ha affrontato con baldanza il programma, tecnicamente difficile, sciorinando via via le “alterazioni” rispetto alle opere verdiane, e alternando brillantissime doti virtuosistiche – mai fini a se stesse, però – a momenti delicati e meditativi. Un gran bel concerto con un enorme successo, nonostante un pubblico non numerosissimo, coronato da due fuori programma, sempre lisztiani, con Orage (dalla raccolta Années de pélerinage) e la trascrizione, questa volta da Wagner, della “Morte di Isotta”. *Giuseppe Verdi (Giovanni Boldini, 1886, Galleria d’Arte Moderna di Roma) © |