La condanna dei leader catalani non risolve la crisi [di Nicolò Migheli]
Non più l’accusa di ribellione ma quella di sedizione e malversazione. Il nucleo della sentenza inappellabile del Tribunale Supremo spagnolo è tutta lì. I giuristi ritengono che sia ancora possibile portare quell’atto davanti alla Corte Costituzionale, probabilmente però solo i tribunali europei potranno riconoscere l’eventuale inconsistenza delle accuse e delle relative condanne. La Spagna moderna, quella della democrazia ricostituita, commina 100 anni di carcere ai leader catalani colpevoli di aver promosso un referendum che aveva solo effetti consultivi. L’eventuale indipendenza era demandata alle trattative con lo Stato. Ribellione no, perché durante tutto il processo la Spagna non ha mai perso il controllo della Catalogna, ha potuto inviare polizia, vigilare con le truppe frontiere e aeroporti. Sedizione perché i leader indipendentisti hanno usato le loro cariche per proporre il referendum, malversazione perché avrebbero usato fondi pubblici per l’obiettivo. In realtà un processo politico nell’Europa democratica di questo secolo. La questione catalana è vecchia di quattrocento anni, l’unione con la Castiglia mal sopportata. Eppure non lo si vuole riconoscere. Il problema è politico da sempre, ma la Spagna imperiale, quella dei conquistadores, degli hidalgos, dei controriformisti, risorge e usa l’arma giudiziaria per bloccare le aspirazioni di libertà. Il 15 ottobre del 1940 con le stesse accuse Lluís Companys i Jover presidente della Generalitat de Catalunya venne fucilato dai franchisti. La coincidenza del 79° di quel martirio con la promulgazione della sentenza del Supremo ha l’effetto di una minaccia. La Spagna non firma paci ma tregue, sostiene un adagio spagnolo. Il premier socialista Pedro Sánchez dichiara che non ci sarà nessun indulto, crede che questa sentenza lo favorirà nelle elezioni di novembre. Però come sempre si preferirà l’originale. Sarà Santiago Abscal, il leader di Vox partito neofranchista a guadagnarne. Il suo programma reazionario prevede anche l’abolizione delle autonomie regionali, le scuole dovranno usare obbligatoriamente solo il castigliano. Peraltro, cosa che ha creato scandalo, uomini di Vox sono stati chiamati a rappresentare il popolo spagnolo come giurati nel processo del Supremo. La Ue si nasconde dietro il fatto interno, rispetta la sentenza. D’altronde la Spagna non è uno stato di diritto? Non è una democrazia? Non poteva essere diversamente. L’Unione Europea è un club di Stati. E gli Stati si difendono. Ad esempio la Spagna non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Kosovo perché timorosa di creare un precedente. Questo nascondersi però non risolve il problema. Non lo risolve in Catalogna dove quelle condanne vengono vissute come un affronto generalizzato. Dopo la notizia migliaia di persone hanno bloccato gli aeroporti di Barcellona, hanno sfilato nelle strade. A Madrid centinaia di auto hanno creato cortei per rallentare il traffico verso lo scalo di Baracas. Molti dei cittadini scesi in strada non sono indipendentisti, forse non lo diventeranno, sono comunque la testimonianza che i problemi politici vanno affrontati con la politica, le trattative e non nelle aule di tribunale. Anche la Ue non sta meglio. L’aspirazione fondativa verso l’Europa dei popoli non è mai morta, risorge ogni volta che le Nazioni senza Stato chiedono di poter decidere del proprio futuro. Vi è una grande miopia nell’ignorarlo, è la democrazia che viene messa in dubbio, è la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Vige la regola che i confini non sono modificabili, però questo non è valso nella dissoluzione della Jugoslavia, nell’indipendenza dei Paesi Baltici. La considerazione amara che si deve fare è che le aspirazioni dei popoli alla propria dignità nazionale esistono solo se gli altri Stati ne hanno la convenienza. Oggi la Catalogna indipendente non la vuole nessuno, sarebbe un precedente che ne innescherebbe altri. Quello che però si vuole nascondere sotto il tappeto spagnolo risorgerà con maggior forza in Scozia. La premier scozzese Nicola Sturgeon nei giorni scorsi ha annunciato che in caso di Brexit- non si è capito se intendeva dire senza accordi o in ogni caso- chiederà a Londra un nuovo referendum sull’indipendenza. Visto il precedete di qualche anno fa, è difficile che il governo britannico trovi argomentazioni giuridiche per negarlo. La Scozia secondo i sondaggi, ha ottime possibilità di diventare indipendente. Che farà la Ue? Gli scozzesi sono già cittadini europei, vogliono solo rimanere nelle istituzioni a differenza degli inglesi, il remain da loro ha superato il 60% dei voti. Ipotizzando che la Scozia sia costretta a una nuova domanda di adesione, cosa faranno gli Stati membri, visto che il voto deve essere unanime? Cosa farà la Spagna? Voterà no, contro la volontà dei franco tedeschi e della maggioranza dei Paesi? Il processo di indipendenza catalano è solo bloccato, ma il futuro è dalla parte dei popoli. Alla fine un ridisegno della geografia e della politica europea sarà inevitabile. Ne va della sua sopravvivenza. La mia solidarietà a Oriol Junqueras, Raül Romeva, Jordi Turull, Dolors Bassa, Carme Forcadell, Joaquim Forn, Josep Rul, Jordi Sánchez, Jordi Cuixart, Santi Vila, Meritxell Borràs e Carles Mundó e a tutti i politici catalani costretti all’esilio. La loro battaglia lo è anche per chi per la Sardegna nutre il medesimo sogno. Llibertat presos polítics! |