Com’è triste Venezia …[di Franco Masala]
È mai possibile che a 53 anni dalle alluvioni del 4 novembre 1966 ci ritroviamo a stigmatizzare per l’ennesima volta i disastri che il territorio subisce anziché plaudire alla tenuta dei rimedi adottati? Ancora una volta Venezia è sott’acqua come se non fosse passato più di un mezzo secolo da allora. Le immagini drammatiche della Veneranda Basilica di San Marco, immersa nell’onda di piena, o gli oggetti galleggianti nell’acqua alta valgono più di una descrizione dei danni e dei disagi provocati dalla “natura”. Se poi si pensa che abbiamo buttato al vento svariati milioni di euro per il sistema MOSE che avrebbe dovuto tutelare l’equilibrio della laguna (e ancora i lavori non sono terminati) è necessario rendersi conto tristemente che poco o nulla è stato fatto. Né sono meno drammatiche le immagini di Matera con le strade del centro storico trasformate in torrenti impetuosi e senza freno. L’acqua scorre nei Sassi, entra nelle case, lascia una scia di fango. Proprio quest’anno che vede l’attenzione internazionale verso la città, Capitale europea della Cultura 2019. Non si tratta di chiedere lo stato di calamità naturale che i sindaci prontamente presentano ma domandarsi cosa è stato fatto per mettere in sicurezza il territorio. Non si tratta di fare commenti più o meno spiritosi su Greta e l’emergenza ambiente. È necessario prendere coscienza che si sta precipitando verso un disastro senza rimedio che le notizie di queste ore mettono in grande evidenza. E se piangiamo la morte di alcune vittime – le più indifese – dobbiamo recriminare anche sui danni che i beni culturali subiscono e ai quali difficilmente si può rimediare. La “Costituzione più bella del mondo” contiene un aureo articolo, il numero 9, che recita, tra l’altro, “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. A quando la sua vera attuazione e un’attenzione men che episodica verso il problema?
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