La Crisi Armistiziale del 43: dalla Tragedia navale al Riscatto della Battaglia alla Maddalena(I) [di Mario Rino Me]

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1.Regime change e trattativa Armistiziale. In quella che potremmo definire come “Crisi Armistiziale”, la Sardegna, rimasta alla periferia dell’area delle operazioni che si stanno delineando nel mese di Agosto, viene solo sfiorata per la questione del concentramento della Flotta, dato il focus sull’operazione principale dello sbarco Alleato e dell’aviolancio negli aeroporti della Capitale. Alla proclamazione dell’Armistizio, si materializza il problema della presenza e del conseguente atteggiamento da tenere con le forze tedesche dislocate nel Continente e nell’arco insulare sardo-corso.

Qui vengono al pettine i nodi irrisolti della goffa trattativa e della successiva gestione che si riverberano sul corso degli eventi in quelle acque: dall’occupazione tedesca di parti dell’isola di La Maddalena e successiva reazione armata di volenterosi all’affondamento in successione della Nave da Battaglia Roma e dei CCTT Da Noli e Vivaldi, assurti a simbolo della tragedia dell’8 settembre.  A meno dell’evento della Piazzaforte, che tratterò tra poco, la questione è stata trattata ad abundiantiam da un’ampia pubblicistica, per cui mi soffermo su alcuni aspetti meritevoli di attenzione per i loro risvolti operativi.

La dinamica armistiziale iniziata con i primi abboccamenti in varie località dopo la sconfitta militare (a causa del successo dello Sbarco anglo-americano in Sicilia del 9 luglio) e politica (effetti della riunione del Gran Consiglio del 25 luglio) del regime fascista. Tuttavia, il regime change, non è seguito dall’attesa svolta del ri-collocamento internazionale del Governo Badoglio, che agli occhi Alleati commette “un grave errore di calcolo[1]”. La démarche ufficiale della trattativa, iniziata a Lisbona il 19 Agosto quando a Québec, nella cruciale riunione Alleata nota come Quadrant, (17-24 Agosto), si formalizzano le decisioni, appare dunque tardiva e con margini di trattativa prossimi allo zero.

Nel corso delle riunioni si evidenziano deficit strutturali di processo e contenuti. Partendo da questi ultimi, si devono conciliare agende differenti (ingresso dell’Italia nel Campo Alleato e concorso alle operazioni da una parte e “soltanto a discutere di resa incondizionata[2]” dall’altra).

In effetti, la posizione del Governo Badoglio risente delle divergenze in seno alle componenti militari e diplomatiche, e, sullo sfondo di una diffusa paura di un colpo di mano tedesco che porta a un esasperato regime di segretezza all’interno del processo decisionale, si evidenzia un gap di paradigmi culturali e di percezione della realtà In breve, il comportamento del Governo Badoglio non solo non dà l’idea di misurarsi con la realtà di una dura sconfitta, che, peraltro, non riconosce, ma di perseverare vieppiù nell’illusione di poter incidere sul corso degli eventi.

Nel processo decisionale apicale, circoscritto a una cerchia ristretta senza sostegno di staff e che si affida a un solo negoziatore, modus operandi, totem del segreto e personalismi si intrecciano con la mancanza di una strategia di uscita dall’alleanza con i tedeschi. In breve, mentre la condizione dell’aiuto alle operazioni italiane per lo sgancio dalla Germania si perde per strada, gli Alleati si impegnano a effettuare un lancio di forze aviotrasportate in alcuni aeroporti nei pressi della capitale[3]; in questo scenario, la partecipazione alla guerra con gli Alleati viene sfumata nella formula incolore della Cobelligeranza.

Si combatte insieme, ma non come Alleati. Sin dalle prime battute, appare chiaro che l’acquiescenza all’incremento dell’impronta Germanica sul nostro territorio ha contribuito a svalutare le quotazioni del Governo Badoglio e, con esse, il valore delle offerte negoziali (partecipazione alla Guerra a fianco degli Alleati subordinata al loro aiuto contro i tedeschi), e delle proposte operative (una sola operazione a Nord di Roma, tra Civitavecchia e La Spezia).Dunque, i vincitori dettano l’agenda che si focalizza sulla discussione delle  Conditions of Armistice (clausole militari, il cosiddetto Armistizio Corto[4]) per cui quando si passa al tema delle operazioni, gli Alleati appaiono vaghi.

Questo perché, per decisione del Comitato dei Capi di SM[5]oramai proiettato verso il Vallo Atlantico, gli Alleati non potranno più contare sui rinforzi USA per il teatro Mediterraneo, divenuto oramai secondario, fermo restando che le ridotte forze fruibili dovranno mantenere impegnato il dispositivo tedesco del fronte Italiano. In definitiva, tempistica della comunicazione pubblica della richiesta di Armistizio, che dovrà precedere (e non seguire) l’inizio dello sbarco principale Alleato nella penisola e raggiungimento dei porti esteri designati (e non concentrazione della Flotta alla Maddalena o Palermo[6]) appaiono come linee invalicabili: gli Alleati si mostrano inflessibili su ogni deroga, in quanto le clausole devono essere accettate nella loro integrità.

Ciò nonostante il negoziatore riesce a ottenere qualche concessione, come la questione della bandiera[7] e lo stemperamento della “resa incondizionata” in armistizio. Ma ad alto livello si trascura il fattore dell’impatto psicologico di decisioni drammatiche come il cambio di fronte e, a seguire, la questione dell’analisi e gestione nazionale del pacchetto negoziale, di cui si distribuiscono le sole memorie di Forza Armata (incomprensibili se disgiunte dalle Clausole), e dove il tempo disponibile non concede né verifiche di fattibilità, né approfondimenti.

Talchè i meccanismi della guerra “per finta” seguono il loro corso[8]: l’8.vo Gruppo Caccia[9], già assegnato in via permanente alle Forze Navali da Battaglia ( FNB), proprio il giorno 8 è ri-dislocato assieme ad altri a Littoria, aeroporto più vicino alla zona di sbarco Alleato. E’ questa una decisione che avrà pesanti implicazioni operative sulle FNB, che si troveranno senza copertura aerea il giorno successivo, nelle acque ristrette del Golfo dell’Asinara[10].

Il gioco di volontà opposte si conclude nella notte più buia del nostro “giorno più lungodell’8 settembre, quando, per la controversa questione della stima della tempistica[11]  si arriva d’improvviso al “giorno X”, ma, nelle parole del general Maxwell Taylor  in  un “terribile pasticcio” (awful jam), che impone la cancellazione dell’aviolancio. La comunicazione del Comandante Supremo Alleato dell’8 settembre bilancia, sul piano diplomatico, il predetto principio della “resa incondizionata” con le istanze italiane di “armistizio[12]“.

Sul piano giuridico, quest’ultimo, ripreso nel Proclama Badoglio, comporta una sospensione delle attività belliche con gli ex nemici: si mantiene lo status di belligerante[13] ma in una situazione anomala che si ripercuote sulle dinamiche italo-tedesche, che, anche alla luce di ciò che avverrà nei vari teatri, come nei Balcani e nel Dodecanneso (caso Lero), che meriterebbe un approfondimento in tema di risvolti giuridici dell’ordinamento dell’epoca. E proprio questa condizione di incertezza potrebbe spiegare la mancata emissione degli ordini di messa in opera delle varie misure preventive contro l’ex alleato.

Del resto, pur di fronte ad azioni tedesche volte a impadronirsi di strutture e mezzi, il Comando Supremo ordina ai tre Stati Maggiori di “non prendere iniziativa d’atti ostili contro i germanici, ma solo “ad atti di forza reagire con atti di forza[14]”. Lo stesso proclama del Capo del Governo evidenzia una formulazione restrittiva della postura (“reazione” solo in caso di “attacco”).

Infatti, sul piano operativo, essa prefigura una condotta reattiva ai fini del contrasto dell’offesa cinetica messa in atto dalle piattaforme nemiche (ad es. allo sgancio di bombe). Condizione quest’ultima che preclude alla difesa azioni di tipo cautelativo contro la minaccia che si sta per concretizzare, come ad esempio il tiro antiaereo di sbarramento vis à vis rotte degli aerei a puntare. In breve, queste circostanze richiedono una formulazione incentrato sulla reazione alla minaccia e non all’atto compiuto.

NOTE

[1] Denis Mack Smith, Storia di Cento Anni di Vita Italiana, Rizzoli Editore, Milano 1978, pag. 417

[2]  Winston Churchill, La Seconda Guerra Mondiale, Volume  Sesto, Arnoldo Mondadori editore, Milano 1965,, , pag. 2418. Nel  testo, si precisa che  l’apporto di modifiche migliorative  alle clausole  è subordinato “all’entità dell’aiuto che governo e popolo daranno alle Nazioni Unite nella guerra contro la Germania”.

[3]  Winston Churchill, La Seconda Guerra Mondiale, Volume  Sesto, Arnoldo Mondadori editore, Milano 1965,, subordinato alla garanzia da parte del Governo Badoglio che “l’Armistizio sarebbe stato firmato e annunciato come voluto dagli Alleati, che gli italiani dovevano prendere e tenere i necessari aeroporti”, pag. 2419

[4]  Nella sostanza, si tratta di un documento schematico preliminare che contiene le clausole sugli aspetti militari e che rinvia a un documento più dettagliato (Armistizio Lungo) ,Il gen. Castellano ,argomentando sulle  concessioni riconosciute a  Ottawa, riesce a stemperare il termine “ surrender”  in un più accettabile “armistice”. Ma la sostanza non cambia

[5] https://history.army.mil/books/wwii/sp1943-44/chapter7.htm. La priorità strategica era sempre Germany First

[6]  Gian Paolo Pagano, La Regia Marina dal 25 luglio 1943 all’Armistizio, Bollettino d’archivio USMM,  VII Sett 93, pag. 10-11

[7]   Il Generale Castellano, nei margini delle discussioni, riesce a ottenere dal Commodore R, Dick, assicurazioni che la bandiera avrebbe continuato a sventolare (ma col vincolo del controllo Alleato). Questo chiarimento, che riguardando la proprietà della nave e dunque la sua Bandiera-identità, che a sua volta, risponde, con i suoi contenuti simbolici, agli interrogativi dell’etica e dell’onore militare, rimane circoscritto a una cerchia ristretta, che, alla luce dei fatti successivi, non lo trasferisce, tuttavia a Super Marina. Di fatto, di questa informazione, di notevole importanza ai fini dell’impatto psicologico e morale, che tocca comandanti ed equipaggi, si  perde traccia nel prosieguo di questo dramma.

[8] Da parte della Regia Marina erano state  messe in atto misure come lo schieramento di consistente di Sommergibili

[9] Dislocato a Sarzana e alle dirette dipendenze del comandante della Forze navali da Battaglia

[10]  La mancanza di copertura aerea di combina con  il gap informativo che si viene a creare a Aero Sardegna con il mancato rientro a Cagliari in sede del Gen. U. Cappa , convocato a Roma per comunicazioni dal Gen. Sandalli il giorno 8, a similitudine di quanto operato dall’omologo De Courten con il MariSardegna.

[11] Citato Zangrande : 1943:  25luglio-8 settembre, Feltrinelli Editore, Milano 1964, pag 328-331 , la dubbia questione de  dei contenuti della lettera di accompagnamento in cui in base a confidenze di persona  autorevole (Si tratterebbe del generale B. Smith) si indica  un possibile intervallo di tempo della ufficializzazione dell’Armistizio “tra il 10 e il 15, prevedibilmente il 12” che è all’origine di un abbaglio strategico che porta a un certo rilassamento sui tempi.

[12] Il comunicato del Gen Eisenhower da Radio Algeri  recita  testualmente “the italian Government has surredered its Armed Forces unconditionally, https://www.theguardian.com/world/1943/sep/09/secondworldwar.italy

[13] Scambio verbale con prof . Natalino Ronzitti e Ammiraglio Ispettore (r) Fabio Caffio

[14] Gian Paolo Pagano, La Regia Marina dal 25 Luglio 1943 all’Armistizio, Bollettino d’Archivio  USMM, Anno VII, Sett 1993, pag 21-22

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