Memoria, custodia, identità nell’Archivio di Stato di Cagliari di Maria Antonietta Mongiu]

LeptisMagna

L’Unione Sarda 22 gennaio 2020. La città in pillole. Quando la memoria da momento privato diventa pratica sociale e garante dell’identità di una collettività? Quando i memorabilia di una persona o di un gruppo si trasformano da trovarobato o da antiquariato a testimoni di una comunità?

C’è un momento preciso in cui si sono affidate le ricostruzioni epiche del tutto o del frammento alla letteratura di fantasia e la memoria comunitaria si è posta come processo che abita intenzionalmente le stratificazioni del passato e le interpella fino a spiegare il presente?

Quali infine le condizioni per produrre la storia di élite e classi subalterne e quali i traduttori e i luoghi in cui si conservano e trasmettono orditi e trame della memoria? Si tratta di un percorso interno a quello della democrazia e tutt’altro dal tabularium, inventato dai Romani per conservare i documenti ed ereditato dal mondo feudale o dai sovrani assoluti.

Se pure nella Roma antica l’archivum est locus, labile il margine tra un archivio pubblico e chi deteneva il potere e gestiva il passato a sua immagine.

Maria Pia Donato (L’archivio del mondo. Quando Napoleone confiscò la storia, 2019) pone come snodo Napoleone Bonaparte che s’immaginò novello Augusto nel volere restaurare l’impero nei tre continenti che si affacciano sul Mediterraneo. Sognò Parigi come Archivio del mondo, forse nel solco del sogno della mitica Biblioteca di Alessandria, o della “Mappa dell’Impero che aveva la grandezza stessa dell’Impero e con esso coincideva…” come fantasticò J. L. Borges nel 1946 attribuendolo a Suàrez Miranda, letterato da lui inventato, che l’avrebbe descritta nel 1658.

Di Bonaparte sopravvisse l’idea del Museo e dell’Archivio come luoghi dell’identità pubblica in cui si incrociano i quadri sociali della memoria e della longue durée, come gli storici di Les Annales più tardi definirono microcosmi e macrocosmi della comunità.

Lo è anche l’Archivio di Stato di Cagliari, antico e prestigioso, in cui una sera d’inverno va in onda un utile  Seminario “Per un archivio nazionale libico. Archivi e archivistica negli ultimi anni del regime di Gheddafi”.

Mentre a Berlino si discute se e come sospendere i bombardamenti, un’archivista libica, Fatima Baghni, ospite del Mibac a Roma, racconta come è stato fondato l’Archivio storico della Libia col supporto di studiose sarde e siciliane. Testimonia come custodisce quelle memorie, parte integrante dell’identità della Sardegna antica, moderna e contemporanea.

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