L’autunno della globalizzazione. La storia insegna: il caso della bolla dei tulipani olandese del XVII secolo [di Vittorio Da Rold]
https://it.businessinsider.com/lautunno-della-globalizzazione-la-storia-insegna-il-caso-delle-bolla-dei-tulipani-olandese-del-xvii-secolo/09/03/2020. Siamo di fronte all’Autunno della globalizzazione, così come l’abbiamo vista fino ad oggi? E’ possibile una svolta storica? L’epidemia di Covid 19 modificherà i nostri comportamenti sociali e il sistema economico globale che, dopo la sconfitta del virus, non saranno più come prima? Sono in molti ad esserne convinti. Harold James, Professore di Storia e International Affairs alla Princeton University, autore di un fortunato libro del 2012 intitolato “The Creation and Destruction of Value: The Globalization Cycle”, uno degli studiosi più acuti sul fenomeno delle globalizzazioni nei secoli, ha scritto recentemente che “la chiusure delle fabbriche e la sospensioni della produzione stanno già interrompendo le catene di approvvigionamento globali. I produttori stanno adottando misure per ridurre la loro esposizione alle vulnerabilità a lunga distanza”. Cambia il paradigma economico: ma non sarà la prima volta nella storia che questo accade. James cita il caso della bolla dei Tulipani che nel 1637 fu la prima grande crisi finanziaria innescata dall’utilizzo di strumenti finanziari con finalità speculative e che prese il via dopo la fine della epidemia in Olanda. La peste portata e diffusa dai soldati durante la guerra dei Trent’anni colpì i Paesi Bassi nel 1635 e raggiunse il culmine nella città di Haarlem tra agosto e novembre 1636, proprio quando decollò la mania dei tulipani. La corsa alla speculazione nei bulbi dei fiori venne alimentata da un’ondata di liquidità in contanti accumulata dagli eredi delle vittime della peste e dalla voglia di tornare alla vita. I tulipani servivano come una sorta di mercato a termine (futures), perché i bulbi venivano scambiati durante l’inverno quando nessuno poteva conoscere la natura del fiore. In molti storici hanno visto in questa prima bolla speculativa l’inizio del capitalismo finanziario. Better capitalism. Poi c’è la stortura dell’ideologia di Milton Friedman, quella dei Chigago Boys, che ha messo come unico scopo dell’impresa la soddisfazione degli azionisti sugli altri stakeholders (dipendenti, clienti e comunità dove sorge l’impresa). Questo paradigma applicato alla globalizzazione ha portato alla tecnica del “just in time”, cioè alla riduzione al minimo delle scorte e alla ricerca di luoghi di produzione con i costi più bassi senza preoccuparsi della fragilità delle reti di collegamento delle forniture né della tutela dei diritti sociali o dell’ambiente dv ei beni vengono prodotti. Ian Goldin, professore di globalizzazione e sviluppo all’Università di Oxford e autore di un libro del 2014 che anticipava una reazione al liberalismo attraverso una pandemia, “The Butterfly Defect” ha detto al Nyt che l’attuale situazione è il “risultato diretto della supremazia degli interessi degli azionisti nell’economia globale”, con una attenzione ai profitti a breve termine rispetto a considerazioni prudenti sui rischi a lungo termine. “Costa avere un magazzino”, ha dichiarato Goldin, l’esperto di Oxford. “Hai la pressione del mercato e rapporti trimestrali e gli analisti ti stanno con il fiato sul collo. Non puoi dire: “Bene, abbiamo profitti inferiori, ma maggiore resilienza”. Insomma bisogna recuperare la visione strategica di lungo respiro così come indicato, tra gli altri, da Klaus Schwab, fondatore dal World Economic forum di Davos (il luogo per eccellenza della globalizzazione) che quest’anno ha invitato a pensare ai tremila partecipanti a un capitalismo che tenga conto dei diritti degli stakeholder e non solo a quello degli azionisti. Reshoring. Davide Serra, fondatore e Ceo di Algebris, in un’intervista a Bloomberg tv ha detto il 5 marzo che ci sarà un reshoring, cioè il ritorno a casa di alcune delocalizzazioni dalla Cina ridisegnando la catena di produzione globale (supplay chain) nei prossimi due mesi e questo porterà a un aumento dell’inflazione. Inoltre ha rilevato sempre Serra che il taglio dei tassi può dare un contributo ad abbattere il costo del debito di famiglie e imprese ma non può far ripartire gli impianti industriali. Specie se in Cina. Secondo Harold James lo storico olandese Johan Huizinga, dimostrò che il periodo successivo alla terribile epidemia chiamata “Morte Nera” in Europa del 1300 si rivelò essere l’inizio dell’Autunno del Medioevo. Per lui, la vera storia non era costituita dai risvolti economici di una pandemia, ma il misticismo, l’irrazionalismo e la xenofobia che alla fine avevano posto fine a una cultura universalista“. E’ possibile che il Covid 19 ponga fine alla cultura universalista della globalizzazione economica così come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi e riporti alcune produzioni alla casella di partenza. Sostanzialmente si dovrebbe tornare a produrre in loco solo i prodotti destinati al mercato locale. Venezia e la deglobalizzazione. Venezia è stata per un millennio la città dei commerci marittimi con l’oriente e della globalizzazione. Ma un ripensamento è giunto anche dalla città lagunare in questi giorni. Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro il 2 marzo nel corso di un incontro con le categorie economiche della città ha detto: “Oggi sono colpiti ristoranti, alberghi e pubblici esercizi, ma domani saranno coinvolte le realtà industriali. Vanno ripensate le delocalizzazioni che sono state fatte, in Cina e altri luoghi, cominciamo a ragionare da qui su quali sono le filiere strategiche per il nostro Paese e sul fatto di riaprire certe produzioni in Italia, perché quanto è successo ci ha dimostrato che delocalizzando non tutto funziona bene. Può essere che da questa crisi usciamo anche più forti’.
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