Sant’Efisio uscirà di nuovo [di Maria Antonietta Mongiu]
Mai come ora si registra l’alternanza di sentimenti che si è soliti tacere tanto da attribuire ad altri angoscia, paura, panico. Nominarli è liberatorio almeno per distanziarli. Denominatore collettivo, comunque, da non rimuovere, amplificato com’è dalla solitudine, dallo spleen e dall’iniziale comunicazione pasticciata, figlia delle ridotte capacità di lettura delle complessità storiche e sociali. Consolatorio allora ripartire da azioni semplici come controllare un dizionario latino in cui la parola pestis significa malattia, epidemia, calamità, riferito anche a chi danneggi il prossimo. Si tratta di una dimensione che persino linguisticamente fa intendere che quanto accade oggi non è una terra incognita che l’umanità e quindi l’Italia o Cagliari non abbiano già abitato. L’iniziale comunicazione asimmetrica dei decisori racconta, nel tempo dell’interconnesso, la responsabilità dell’emittente ma pure di un ricevente distratto e descolarizzato. Una reciprocità referente della sindrome dell’eterno presente e dell’autoriferimento che – vera pandemia – si è impadronita di spazi evidentemente desertificati. Altro rispetto dall’oblio, necessario perché volontà di oltrepassare ciò che è insostenibile. Salvifica ecologia che si ripropone all’esistente per funzionare da sospensione o da rielaborazione della perdita. Il mondo greco- romano lo riteneva fondamento dell’esistenza, figurandoselo come un fiume nell’oltretomba, Lete, le cui acque erano bevute o attraversate dagli iniziati ad Orfeo, ben dosandole per reincarnarsi senza troppo dimenticare o troppo ricordare. Da Platone a Martin Heidegger infinita la tematizzazione sul toponimo il cui significato preminente è oblio. Heidegger sul suo contrario ha scritto memorabili considerazioni imperniate sul concetto di disvelamento. La città, non diversamente dall’uomo, si perpetua nell’interrotta dialettica tra oblio e disvelamenti. Un equilibrio in continua crisi che ha costruito il senso del limite, efficace pedagogia che prospettando interdizioni tracciava insieme orizzonti, individuali e collettivi. In altri termini per superare la crisi sarà necessario guardare civitas e urbs, comunità e luoghi, recuperando il senso del limite e l’esserci, per schematizzare uno dei concetti chiave del filosofo tedesco. Agirà ancora quel disvelamento che consente di andare oltre il momentaneo per recuperare come patto fondante dell’urbano tracce e memorabilia dello stesso, ovunque disseminati. Certi che Efisio, testimone anche di tanto altro, uscirà da Stampace anche quest’anno. |