I racconti del COVID-19 (III) [di Franco Masala]

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Evidentemente non solo Giorgio Gaber ha “cantato” la peste, e quindi un’epidemia che nel suo testo diventa anche metaforica, ma vi sono altri illustri musicisti che hanno preso spunto da ciò scrivendo musica sull’argomento.

La “peste di S. Carlo Borromeo” scoppiata a Milano nel 1576 provocò la fuga del governatore spagnolo e del suo cancelliere ma non quella dell’Arcivescovo che si prodigò per gli ammalati. La circostanza attrasse l’attenzione di un musicista francese, Marc-Antoine Charpentier (1634-1704), oggi noto soprattutto per il suo Te Deum che è divenuto la sigla di apertura per le trasmissioni dell’Eurovisione.

Intorno al 1680 compose un mottetto su testo latino – Pestis Mediolanensis – che illustrava il flagello della peste a Milano e l’abnegazione dell’Arcivescovo verso i contagiati. Si tratta di un testo che indulge ad un linguaggio immaginifico tipico del Barocco per mettere in luce l’atmosfera allucinata di una città abbandonata a se stessa dove scompaiono sia i legami familiari sia le distanze sociali.

Molti anni dopo, un musicista russo del noto “Gruppo dei Cinque”, César Cui (1835-1918), compose un’opera in un atto, Il banchetto durante la peste, riferendosi alla peste di Londra del 1655. Vi si può notare il contrasto tra la spensieratezza del convito e la gravità del momento che viene rimproverata agli invitati da un prete, poi scacciato dal padrone di casa mentre risuona mestamente una processione funebre.

L’epidemia diventa dunque un’occasione drammaturgica che il musicista aveva tratto da una delle piccole tragedie di Aleksandr Pushkin (1830). È appena il caso di ricordare che nelle due versioni operistiche de I promessi sposi, abbondantemente falcidiati per esigenze teatrali, è presente la scena del lazzaretto: ne sono autori i musicisti Amilcare Ponchielli (1865) e Errico Petrella (1869). La prima fu rappresentata anche al Teatro Civico di Cagliari nel 1876 e nel 1891 mentre le musiche di Petrella furono eseguite a più riprese dalle bande dei reggimenti militari nella seconda metà dell’Ottocento.

Tutte queste musiche sono comunque ormai abbandonate o rappresentate sporadicamente. L’esecuzione più recente riguarda il lavoro di Charpentier che nel 2016 fu presentato in un concerto per MITO Settembre Musica nel Conservatorio di musica di Milano.

Vi sono però esempi più noti come l’inizio dell’oratorio di Igor Stavinskji, Oedipus Rex (1927), dove il coro supplica il protagonista di salvare i Tebani dalla peste o la scena di avvio del Mosè in Egitto di Gioachino Rossini (1818) con il flagello delle tenebre che attanaglia il Faraone e i suoi sudditi.

Indimenticabile, infine, l’Adagietto della Sinfonia n. 5 di Gustav Mahler (1904) associato ormai in modo indissolubile all’epidemia di colera che fa da cornice al film di Luchino Visconti, Morte a Venezia, in una città deserta e spettrale.

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