La clausura ai tempi dei social [di Maria Antonietta Mongiu]

san-pietro

L’Unione Sarda 19 marzo 20020. La città in pillole. Fare elenchi, darsi regole, superare, dopo i primi vitalismi della “clausura”, l’accidia vizio capitale da sempre stigmatizzato. Persino chi si sospendeva dalla comunità per farsi eremita doveva fuggirla.

Capire come agisce nelle città di lunga durata, spesso nella dimensione del sacro per la presenza di reliquie, la contraddizione tra la pratica ascetica e il profano, inclusi modi e mezzi di produzione simil capitalistici, può aiutare a intendere come l’età più interconnessa e sociale di sempre di colpo si faccia claustrale su scala planetaria.

Per interrogativi davvero epocali pertanto più dell’archeologia dei materiali e dei luoghi servirà l’archeologia dei comportamenti. Porterà alla luce l’impensato per usare il paradigma che Claude LéviStrauss elaborò dopo lo ”scavo” delle società primitive sopravvissute nella contemporaneità.

La scoperta? Pratiche e saperi sono perduranti in una genealogia di cui la modernità è anello, non necessariamente il più risolto o risolutivo. Ben per questo, nel momento del tempo e dello spazio sospesi, abbiamo l’opportunità di trasformare l’attesa, referente di ansia e di angoscia, in anticipazione e progettualità di futuro.

Strumenti di renovatio loci sono contenuti nel testo che la potentissima massima riassume e che consentì di ricostruire il mondo dopo la fine dell’impero romano che si credeva eterno. E’ la Regula monachorum scritta da Benedetto da Norcia nel 534. Ha rinnovato anche Cagliari e le dobbiamo la città d’acqua e di pietra con chiese, abbazie, scriptoria, una florida economia. Leggerla rassicura.

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