Coronavirus, è il silenzio di Solinas l’alleato più potente dell’epidemia in Sardegna [di Vito Biolchini]

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Proprio ieri la Fondazione Gimbe ha lanciato l’allarme: “In Italia i medici colpiti dal Coronavirus sono l’8,3 per cento del totale dei contagiati, in Cina era sotto il 4”. Oggi l’Unione Sarda ha fatto i conti: tra medici, infermieri, oss e tecnici, nell’isola la percentuale dei sanitari positivi è del 50 per cento. Una catastrofe. “Ci può stare” ha detto a Videolina l’assessore regionale alla Sanità, il leghista Mario Nieddu.

È la diversa distribuzione dei contagi negli ospedali (bassa a Cagliari, preoccupante a Nuoro, in netta crescita a Olbia e disastrosa a Sassari) a rendere palese la mancanza di un protocollo condiviso. La sanità sarda non ha reagito all’emergenza Coronavirus in maniera univoca. Insieme alle mascherine sono mancate evidentemente anche indicazioni certe su come trattare i casi sospetti.

Un esempio, il più eclatante: siccome non si sapeva cosa fare, a Sassari medici e pazienti di Cardiologia del Santissima Annunziata sono stati letteralmente sequestrati per quattro giorni dentro il reparto e solo l’intervento della prefetta ne ha consentito la liberazione. Ma chi aveva deciso di chiuderli dentro? E perché?

Se come in tutte le altre regioni il presidente della giunta, l’assessore alla sanità e il responsabile della protezione civile fossero quotidianamente a disposizione dei giornalisti, forse avremmo potuto fare qualche domanda e capire chi, in questa e altre circostanze, ha sbagliato e perché. Non per crocifiggere, ma per evitare ulteriori errori.

Ma in Sardegna l’unica strategia che in questa emergenza Coronavirus la giunta di centro destra sardista e leghista sta seguendo con straordinaria determinazione, è quella, irresponsabile, del silenzio.

Il presidente Solinas aveva perfino disposto la plateale chiusura della pagina Facebook della Regione, prima di essere costretto a riaprirla in mezzora dopo la denuncia fatta da questo blog e rilanciata da migliaia di lettori.

Vogliamo parlare del Numero Verde fantasma per giorni? Risponde mai qualcuno? E con quale frequenza?

Poi è arrivata la nota dell’assessore alla Sanità Mario Nieddu (sempre svelata da questo blog, e scusate se mi prendo qualche merito) che, provando a mettere il bavaglio agli operatori sanitari, ha scatenato le proteste dei giornalisti, degli Ordini dei medici di Cagliari e Oristano, e perfino di ben undici fra associazioni e sindacati di categoria dei medici che parlano di “grave atto di censura”, “di un bavaglio al posto di mascherine”, di “un’inaccettabile direttiva emanata dall’assessore alla Sanità che, con metodi dittatoriali vuole imporre il silenzio con minacce di sanzioni e quant’altro”.

Una decisione, quella di Nieddu, che sta provocando disastri anche negli ospedali. “La minaccia di ritorsioni disciplinari sta causando anche la mancata comunicazione tra reparti” ha confessato oggi un medico (rigorosamente anonimo) all’Unione Sarda.

Poi c’è stata l’incredibile comunicazione dello “stato di emergenza prorogato fino al 31 luglio”, un atto che ha gettato nello sconcerto migliaia di sardi, maldestramente recuperato dalla giunta e oggi stigmatizzato con durezza anche dall’Unione Sarda. Segno che l’emergenza Coronavirus sta riportando ad un più corretto rapporto dialettico tra il giornalismo e la politica, per troppo tempo impegnati in una guerra simulata, del tutto inutile ai cittadini ma funzionale ai rispettivi poteri per posizionarsi e dialogare tra loro.

Questi non sono tempi normali nei quali ci si possa permettere il lusso di far finta di risolvere i problemi con qualche annuncio e con un ostinato silenzio. Il silenzio del presidente Solinas è l’alleato più potente di questa epidemia in Sardegna.

Non si può continuare così. Bisogna giocare a carte scoperte. Condividere informazioni, comunicare tempestivamente con i cittadini, dare indicazioni certe al mondo della sanità. Ne va della vita delle persone.

Ma la Regione non vuole comunicare perché, se lo facesse, metterebbe a nudo tutta la sua inefficienza e inadeguatezza. Perché non bastano le unità di crisi (moltiplicate come se fossero poltrone di un cda) a gestire una crisi; non basta l’esistenza di una catena di comando per avere realmente il controllo della situazione.

Nei momenti di crisi serve organizzazione ma c’è bisogno anche di leadership. Che purtroppo è come il coraggio di don Abbondio: che se uno non ce l’ha, non se la può dare.

E così siamo.

 

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