Così Matteo Salvini e la Lega hanno tradito la Sardegna [di Fabrizio Gatti]

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L’Espresso 12 febbraio 2020. Una legge edilizia che autorizza costruzioni vicino al mare, una costosa riforma sanitaria a vantaggio dei privati. E i pastori che protestavano per il prezzo del latte, usati dalla destra in campagna elettorale, processati con il decreto sicurezza: il bilancio nero di un anno della nuova giunta.

Governare la Sardegna è soprattutto un atto d’amore. Terra tra le più belle d’Europa meriterebbe dedizione, competenza, rispetto per l’ambiente. Non proprio quello che Christian Solinas, 43 anni, primo presidente leghista della Regione sarda, ha dimostrato nei primi dodici mesi di amministrazione di centrodestra. Perfino i pastori sono stati abbandonati al loro destino giudiziario.

Il padrino politico del successo elettorale, Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno, li aveva spalleggiati durante la lunga protesta sul prezzo del latte. Così al voto del 24 febbraio 2019 molti di loro hanno scelto il candidato della Lega. Com’è finita? Oggi, dimenticati da tutti, mille allevatori che avevano partecipato agli scioperi sono sotto processo: con l’aggravante di aver violato il decreto sicurezza, voluto proprio da Salvini per inasprire le sanzioni contro le manifestazioni non autorizzate.

E dopo il tradimento dei pastori, nemmeno le splendide spiagge dell’isola sono salve: una proposta di legge, già approvata dalla giunta e mascherata come piano casa, aggira i vincoli paesaggistici e prepara colate di cemento sulle coste. Scuola e sanità sono gli altri settori colpiti: tagli e risparmi stanno spolpando le strutture pubbliche, compresi i servizi di oncologia e pediatria, mentre un diluvio regionale di decine di milioni sta finanziando cliniche e istituti privati.

Almeno una buona notizia c’è. A fine gennaio il Consiglio dei ministri ha approvato sull’isola della Maddalena, in provincia di Sassari, l’estensione dell’area da bonificare nel famoso Porto Arsenale, oggi di proprietà della Regione. È l’ex installazione militare che al costo di quasi cinquecento milioni era stata ristrutturata dalla Protezione civile di allora per ospitare nel 2009 il vertice del G8, poi trasferito all’Aquila. Due inchieste dell’Espresso avevano rivelato le connivenze tra imprese e funzionari statali e la finta bonifica dei fondali.

Dopo che gran parte delle indagini della magistratura si è conclusa con la prescrizione dei reati e la conseguente archiviazione delle accuse per gli indagati, il provvedimento di Giuseppe Conte dà oggi il via all’effettivo risanamento dell’area. Se tutto andrà bene, nel giro di due o tre anni l’Arsenale diventerà un porto turistico con hotel, boutique, centro conferenze e hangar per la manutenzione di barche e yacht. E con i relativi, attesi posti di lavoro.

Il nuovo piano prevede la “riperimetrazione” di tutta la zona inquinata da bonificare e un progetto di “rigenerazione urbana” che colleghi le attività nel porto alla vita del centro abitato. Il merito di aver trovato una soluzione accettabile è del Comune della Maddalena, anche grazie a una squadra di tecnici diretta dall’ingegner Giovanni Cossu. La Regione ha semplicemente ereditato il fascicolo, come ente proprietario: il presidente Solinas, nominato da Conte a titolo gratuito l’8 luglio 2019 commissario straordinario del governo per la bonifica, deve ora dimostrare di essere in grado di completare le procedure di appalto e l’intera opera entro i termini del finanziamento statale.

Da quasi dieci anni il Porto Arsenale è abbandonato, senza la dovuta manutenzione, come dimostrano le fotografie che pubblichiamo. Vento, corrosione salina e umidità hanno già danneggiato i rivestimenti. La monumentale sala conferenze ha perso gran parte delle costose decorazioni geometriche che la ricoprivano: come granelli di una lenta clessidra, centinaia di barre di cristallo sono cadute in mare o si sono fracassate sul piazzale chiuso dalle transenne.

Le infiltrazioni d’acqua attraverso le crepe di assestamento hanno raggiunto nel frattempo alcune sale del lussuoso hotel già arredato e aperto soltanto per pochi mesi. È successo anche nel bar principale, dove si è sgretolata una parte del controsoffitto in gesso: qui, tra sedie accatastate e bottigliette di Crodino nei frigoriferi spenti, la prima pagina di due quotidiani dimenticati ferma il calendario al 18 settembre 2011. Dopo anni di liti legali seguite all’immediata chiusura dell’albergo per l’inquinamento del porto, la Protezione civile ha dovuto risarcire con 21 milioni la società di gestione Mita Resort, legata alle attività di Emma Marcegaglia, oggi presidente di Eni.

Un ulteriore danno senza colpevoli per le casse dello Stato. Le strutture portanti sono comunque intatte. E gli incassi del porto, una volta bonificato, basterebbero secondo il progetto originale ad attirare gli imprenditori privati. I posti barca sono molto richiesti a ridosso del Parco nazionale dell’arcipelago de La Maddalena, nonostante il pesante carico estivo sul delicato equilibrio ambientale.

Già oggi il piccolo bacino turistico di Cala Gavetta, gestito dal Comune al centro del paese, garantisce entrate per 780 mila euro l’anno. Gli abitanti sperano sia la volta buona. Così come il sindaco dell’isola, Luca Montella, a capo di una lista civica di centro: «Il commissario», spiega, «oggi ha pieni poteri per intervenire. Tutto è messo in condizione per partire: anche la tempistica potrebbe essere celere».

Ma alla soddisfazione nel municipio sardo più lontano da Cagliari, si accompagna la delusione dei pastori nell’entroterra. Le parole di Matteo Salvini, allora vicepremier e ministro dell’Interno, restano scritte nei lanci di agenzia del 12 febbraio 2019, dopo l’incontro a Roma con la delegazione di allevatori: «Lavoro per una soluzione entro 48 ore per restituire dignità ai sardi». Stesso tono l’allora ministro dell’Agricoltura, il leghista Gian Marco Centinaio. Eccolo il 2 aprile, dopo la visita di Salvini a Cagliari: «Noi puntiamo a un reddito giusto per vivere e non sopravvivere».

L’unico risultato ottenuto dai pastori è l’aumento delle spese: oltre ai rincari di mangimi e foraggio, dal reddito devono ora accantonare la parcella per l’avvocato. Un migliaio tra allevatori, parenti, mogli e perfino trenta minorenni sono infatti finiti sotto inchiesta per i picchetti durante gli scioperi. I primi otto rinviati a giudizio andranno a processo il 20 febbraio a Sassari. Procedimenti penali sono in corso in quasi tutte le province.

Tra i reati contestati, violenza privata aggravata in concorso, danneggiamento aggravato e manifestazione non preavvisata. Ma anche blocco stradale, che con il decreto-legge numero 113 del 4 ottobre 2018 voluto proprio da Salvini diventa un reato punibile con la reclusione da uno a sei anni. Data la propensione di molti leghisti all’autodifesa armata, si può metaforicamente dire che hanno fatto fuoco con la pistola in tasca.

Una parte dei manifestanti di allora continua a credere nella Lega e nell’appoggio di Gabriella Murgia, assessore regionale all’Agricoltura. Lei è famosa sui giornali locali per essere una ex renziana del Pd, candidata alle elezioni sarde del 2014 con una lista che appoggiava il vincitore del centrosinistra, Francesco Pigliaru. Prese soltanto 57 preferenze e rimase fuori. L’anno scorso viene chiamata in giunta come indipendente non eletta dal presidente Solinas, che tuttora è anche segretario del Partito sardo d’azione. E il fronte dei pastori si divide.

Bisogna salire agli ottocento metri di quota di Orune, nella Barbagia in provincia di Nuoro. Da sessant’anni il paese perde abitanti. Erano già tremila nel 2002, oggi sono duemilatrecento. Senza pastori, sarebbe un deserto. Come altre zone d’Italia.

Giovanni Nenneddu Sanna, 41 anni, moglie e due figli, è uno dei portavoce del gruppo di allevatori di Orune che accusa la Regione per quella che definisce una presa in giro. «Io sono uno di quelli che non vota da anni», dice Sanna: «Non mi sono mai fidato nemmeno di Salvini, e all’assessore Murgia continuo a chiedere le dimissioni. Dopo un anno di giunta Solinas, non è cambiato nulla.

L’industria del pecorino romano ci paga il latte di pecora 80 centesimi il litro, le cooperative 65-70 centesimi. Quest’anno era previsto un compenso di 90 centesimi e il minimo aumento non è sufficiente. Perché intanto i trasporti ci condannano al 41 bis dell’isolamento, come i carcerati: paghiamo mangimi e foraggio 2-3 euro al chilo in più per le ricadute del costo dei traghetti. Tolte le spese, lavoriamo per 400 euro al mese per campare la famiglia. Io non sono stato denunciato. Ma sono deluso dalla mancanza di solidarietà della politica e delle associazioni di categoria per i colleghi che saranno processati».

L’oligopolio degli armatori navali che determina l’alto prezzo dei trasporti non penalizza soltanto le merci. Le tariffe dei traghetti, così come quelle dei voli verso Olbia, Alghero e Cagliari, hanno conseguenze anche sul turismo. Una settimana di vacanza in Sardegna arriva a costare più del doppio di Creta o di altre isole del Mediterraneo. È normale che, a parte Ferragosto, hotel e residence siano semivuoti per il resto dell’estate. Eppure il presidente leghista punta su un ulteriore aumento delle volumetrie: la sua proposta di legge, che sarà presto votata dal parlamento regionale, scavalca la Costituzione e cestina il piano paesaggistico che per oltre dieci anni ha fermato la speculazione.

Due giorni prima di Natale, Solinas presenta come nuovo piano casa l’ampliamento degli edifici già esistenti, con permessi edilizi da rilasciare addirittura nella fascia di massima tutela. Gli insediamenti residenziali sotto i trecento metri dalla linea di costa possono infatti essere estesi fino al 15 per cento del volume già costruito. E oltre i trecento metri, fino al 35 per cento. Ma per gli alberghi la nuova cubatura potrebbe arrivare ovunque al 35 per cento dell’esistente, anche con la realizzazione di corpi separati. E per tutti gli altri “servizi turistici” l’incremento è del 25 per cento. «Con questo provvedimento», sostiene Solinas, «coniughiamo la tutela dell’ambiente a quella dei legittimi interessi dei cittadini e riavviamo il settore dell’edilizia che ha perso trentamila addetti in dieci anni».

Secondo gli ambientalisti la legge premia gli ecomostri, cioè chi ha già costruito e ampliato di più, sfruttando nel tempo varie scappatoie regionali. Un danno al patrimonio naturale: quelle bellezze che non si trovano altrove e sono il vero richiamo economico dell’isola. Stefano Deliperi, presidente del Gruppo di intervento giuridico, ha lanciato su Change.org la petizione “Salvaguardiamo le coste sarde”.

Conta di raggiungere venticinquemila firme. E poiché la Sardegna è un tesoro che appartiene a tutta Europa, potrebbe arrivare molto oltre. «La giunta regionale non ha ancora reso pubblico il testo della proposta di legge», spiega Deliperi nel suo appello, «ma ha affermato chiaramente che intende aumentare le volumetrie nella fascia costiera e nelle aree agricole. Significa aprire la strada a quella edificazione “selvaggia” che abbiamo già visto».

Gli investitori, soprattutto arabi, che l’espansione edilizia vorrebbe richiamare sono già arrivati nella sanità sarda. La privatizzazione introdotta dal centrosinistra è stata confermata dalla giunta Solinas: tra i suoi primi atti, ha autorizzato le prestazioni in convenzione del nuovo ospedale privato Mater Olbia, nato dalla collaborazione tra l’organizzazione no-profit “Qatar Foundation Endowment” e la “Fondazione Policlinico Gemelli” di Roma.

Il finanziamento regionale dell’operazione è passato anche con il voto favorevole di un consigliere Pd e l’astensione del resto dei democratici e dei 5Stelle: i sardi devono così pagare 25 milioni per il 2019, 60,6 milioni per il 2020 e altri 60,6 per il 2021 per ottenere prestazioni specialistiche che si è scelto di non sviluppare nelle strutture pubbliche.

Oltre 146 milioni in tre anni sono un impegno enorme, per una regione che ha poco più di un milione e seicentomila abitanti: un solo ospedale privato da duecento posti letto sta insomma prosciugando novanta euro a testa, contando anche quanti stanno bene e non hanno mai avuto bisogno di un ricovero. Sanità e assistenza all’infanzia godono della stessa generosità: altri diciassette milioni sono andati alle scuole materne private, di cui dieci a imprese e associazioni cattoliche.

Solinas, come aveva annunciato in campagna elettorale, ha intanto avviato la cancellazione dell’ultima riforma sanitaria. Un’azienda regionale della Salute e cinque aziende sociosanitarie locali sostituiranno l’azienda unica istituita dalla giunta di centrosinistra e naufragata nel caos della burocrazia.

Un’inversione di rotta chiesta dal personale, a cominciare dall’Anaao-Assomed, l’associazione dei medici dirigenti: «La riforma sanitaria impostata ideologicamente e portata avanti senza il benché minimo cronoprogramma attuativo», dichiara il coordinatore della Sardegna, Luigi Curreli, «ha gettato nel caos gran parte della sanità isolana. Scarsa attenzione è stata dedicata alla manutenzione e all’aggiornamento tecnologico. Non è stato potenziato il numero di posti nella scuola di specializzazione in modo da avere un numero di specialisti sufficiente per far fronte ai pensionamenti. Siamo pertanto al paradosso: centinaia di neolaureati a spasso e ospedali vuoti».

Sette mesi dopo la denuncia, i medici ancora aspettano risposte concrete. E nemmeno negli ospedali più piccoli come qui alla Maddalena, dove al tramonto anche la luna si arrende alla bellezza dell’arcipelago, il cambiamento promesso dalla Lega si vede: il punto nascite resta chiuso, la guardia pediatrica ventiquattro ore su ventiquattro è un privilegio del passato e la Tac rotta, raccontano in corsia, è stata da poco sostituita da una macchina ormai vecchia, già alla sua seconda o terza vita. Ai pazienti sardi, costretti a lunghe liste d’attesa o a trasferte fuori regione, non resta che pregare gli sceicchi del Qatar.

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