Come ripartire dopo il Covid. I limiti e gli errori da evitare [di Antonietta Mazzette]

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La Nuova Sardegna 20 aprile 2020. Sardegna Covid free?  Può essere un obiettivo raggiungibile, ma andrebbero chiariti metodi, strategie, risorse finanziarie ed umane da impiegare e, non da ultimo, dovrebbero essere resi trasparenti tutti i passaggi perché informazione e consenso (e non solo responsabilità) dei cittadini sono i principi-base su cui si fonda un sistema di governo democratico.

Dando per acquisito il fatto che gran parte dei governi occidentali hanno dimostrato di non essere pronti a gestire una pandemia, compresa l’Italia, sottopongo all’attenzione alcune questioni.

La prima riguarda il fatto che dovremmo sapere quanti siano, oltre i casi già rilevati, i positivi al Covid-19, cioè realmente quanti abbiano contratto il virus compresi gli asintomatici. Una volta raggiunto questo livello basico di conoscenza, bisognerebbe già disporre di una macchina organizzativa che sia in grado di gestire in sicurezza tutti i casi positivi, non ultimo per circoscrivere e non diffondere il contagio; ho paura che non basti scaricare un’app sul cellulare per risolvere il problema. A ciò si aggiunge il fatto non secondario di come testare sotto il profilo sanitario chi entra e chi esce dall’Isola.

La seconda questione riguarda il sistema sanitario che ha mostrato tutte le sue debolezze nella gestione del contagio, anzi, la presenza del coronavirus ha acuito problematiche note soprattutto agli addetti ai lavori prima ancora che ai cittadini. L’assenza di una rete sanitaria territoriale efficace, strutture ospedaliere prive di strumenti anche di tipo organizzativo e con croniche carenze di personale, il numero inadeguato di dispositivi di sicurezza sono stati i dolorosi presupposti che hanno portato migliaia di persone a morire di coronavirus, a partire dal personale sanitario e dai più anziani (in alcune parti d’Italia è praticamente scomparsa un’intera generazione).

Ma se queste sono le storture acclarate del sistema sanitario nazionale, per poter dichiarare la Sardegna Covid free come si intende intervenire sulla sanità sarda che, pur in presenza di numeri più piccoli rispetto ad altre regioni, è stata l’ingresso principale del virus, soprattutto a Sassari? Il governo regionale che idee ha in merito? E quando intende renderle pubbliche? Non abbiamo bisogno di slogan, ma di proposte concrete.

La terza questione riguarda le regole di sicurezza da applicare ai diversi segmenti della società e dell’economia. In questi giorni, in un clima di euforia per la cosiddetta fase 2, stanno circolando le proposte più bizzarre, ma in realtà si registra una grande confusione in chi ci governa che sembra essere influenzato più dalla pressione di chi “grida” più forte che dal principio di cautela e dalla risoluzione dei problemi. Ad esempio, visto che è obbligatorio l’uso delle mascherine (non quelle “fai date”) e dei guanti mono uso, come mai gran parte della popolazione ancora non li ha disposizione e in numero adeguato?

La quarta questione riguarda la vita sociale. Dovremmo continuare a rispettare la regola del distanziamento in tutte le azioni quotidiane, e ciò riguarda i nostri modi di abitare, lavorare, studiare e consumare. Ma in questo caso la Sardegna ha un vantaggio rispetto ad altre regioni. Non abbiamo insediamenti urbani e neppure edifici di grandi dimensioni, non abbiamo grandi numeri nelle scuole e nelle università, le cui sedi aspettano solo di essere sanificate, riorganizzate e riaperte.

Abbiamo invece paesi distanziati geograficamente, chilometri di spiagge e ampi spazi da riqualificare o restituire alla produzione primaria. Queste caratteristiche costituiscono un vantaggio di per sé, basta avere un’idea chiara di come regolamentare gli accessi e a condizione che si sia conseguenti nelle scelte di intervento futuro. Perciò, non si rispolverino progetti che prevedono volumetrie e speculazione su coste ancora incontaminate o dentro le città. Si colga l’occasione per rivedere concretamente il modello di sviluppo.

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