I 50 anni della giornata della terra [di Sergio Vacca]

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Recenti immagini della superficie terrestre, inviate dai satelliti, mostrano il pianeta in una condizione quale veniva difficile immaginare solo qualche mese fa. Cieli tersi, rare tracce di inquinamento atmosferico; le acque dei mari nella prossimità delle coste, che normalmente mostrano attraverso colorazioni anomale i segni della dispersione degli inquinanti trasportati dai fiumi, finalmente trasparenti.

Sembrerebbe l’avverarsi di un sogno. Non è così! E’ la realtà, non si sa quanto di breve durata, ma è la realtà. E’ una realtà legata all’inattività dell’uomo. Alla chiusura delle fabbriche, al traffico automobilistico ridotto ai minimi termini, ad un traffico aereo pressoché azzerato.

Non occorrono particolari elaborazioni modellistiche per collegare un risultato estremamente positivo, la forte diminuzione dell’inquinamento, ad una condizione estremamente negativa dell’uomo soggetto in tutto il pianeta alla pandemia da COVID-19. La costrizione di trascorrere il nostro tempo in isolamento, imposta in tutte le nazioni, riducendo al minimo o cessando le attività che non siano essenziali per la sopravvivenza, ha prodotto il “miracolo”.

Viene da domandarsi se la condizione perché si ristabilisca nel pianeta un equilibrio, stravolto dalla rivoluzione industriale del XVIII secolo ed aggravato con il crescere di tecnologie sempre più energivore, stravolto dalla desertificazione fortemente connessa al consumo di suolo, e dall’uso improprio delle risorse naturali, non possa ottenersi senza la scomparsa dell’uomo!

E’ certamente un paradosso! Ma il rapporto causa effetto, sviluppato nell’arco di poco più di due mesi dalla ridotta attività dell’uomo, a cui consegue un avvio di miglioramento delle condizioni ambientali, evidenzia – la letteratura scientifica e divulgativa in proposito è sterminata – il ruolo dell’uomo nella modifica, in negativo, degli equilibri ecologici del pianeta.

Le modificazioni climatiche, che seppure in scala ridotta sono percepibili anche nella nostra isola, ne sono la dimostrazione plastica. Negato da molti scienziati il rapporto tra variazione climatica e aumento della CO2, oggi viene considerato, anche a seguito di studi estremamente approfonditi sul tema, reale e oggetto di elaborazioni politiche delle grandi agenzie internazionali e della gran parte degli stati. Come pure, molti trattati internazionali cominciano a riguardare tematiche come l’inquinamento dell’aria e dell’acqua e l’uso più razionale delle risorse naturali.

Continua a sussistere, anche nell’opinione corrente, un dualismo tra Economia ed Ecologia (volendo ricomprendere in quest’ultimo termine tutte le tematiche afferenti ai diversi comparti ambientali, all’uso delle risorse naturali e alla loro salvaguardia).

Paolo Rovati, geografo della Globalizzazione dell’Università di Macerata, in una sua recente conferenza, ha richiamato le radici comuni dell’economia e dell’ecologia, considerandole non come discipline antitetiche, bensì come ambiti di studio, legati a quel primo elemento “eco”, che richiama il concetto di “casa comune”. La formulazione di modelli matematici sull’esaurimento delle risorse energetiche non rinnovabili, o l’analisi dello sviluppo de di un turismo ecosostenibile, o i bilanci sociali ed ambientali da parte delle aziende, costituiscono – secondo Rovati – l’essenza della simbiosi tra Economia ed Ecologia.

La sosta forzata che ci impone COVID-19 dovrebbe portare a riflettere sulla necessità di cambiamento del paradigma oggi imperante Economia versus Ecologia.  Occorre tornare indietro di quasi sessant’anni, per sentire enunciare concetti simili  da John Fitzgerald Kennedy, ai tempi della sua presidenza degli Stati Uniti; ovvero agli anni 70 del secolo trascorso per ritrovare nell’attività del Club di Roma, che vede tra i fondatori Aurelio Peccei, l’enunciazione del  concetto  dei limiti dello sviluppo, evidenziando come la crescita economica non possa continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali, particolarmente del petrolio e della limitata capacità di assorbimento degli inquinanti da parte del pianeta.

Queste sono alcune delle riflessioni possibili nella cinquantesima Giornata Internazionale della Terra, nei tempi del COVID-19.

*Già Professore di Scienza del Suolo UNISS

 

5 Comments

  1. Massimo Mirabella

    Una bella analisi ampiamente condivisibile, e fonte di seria meditazione sul modello di sviluppo sostenibile da adottare. Complimenti all’autore

  2. Dubravka Ivicevic

    Caro Sergio, bravo bravissimo! Tue parole sull’argomento valgono oro

  3. Mario Pudhu

    Economia imperante, Club di Roma, Aurelio Peccei, MIT, I limiti dello sviluppo! Primos annos 1970, mesu séculu como! Ma origras surda, ogros serrados, cusséntzia de sos meres de su ‘vapore’ DINARI drommida a calatzone, anestetizada, cun totu sos disastros de cada zenia e cun totu sas gridas chi puru in 50 annos si sunt pesadas aira! Nudha! Totu impestados de irvilupu a VINCERE a calesisiat costu! No prommore de su profitu, ma prommore de su profitu cantu prus mannu e a calesisiat costu! (costu fintzas pro su ‘capitale’, ma mescamente e in manera mai suportàbbile a dannu de chie est abbarradu – ant lassadu! – e sempre prus restat e lassant cun prus pagu e cun nudha puru, e fintzas pro su ‘capitale’ e INNOMINATI puru in d-unu “círculu vitziosu” chi no andhat bene a s’umanidade).
    Za est gai, chi “eco(nomia)” e “eco(logia)” no sunt una contrària a s’àtera pro sa vida in su Pianeta. Ma sa chistione est chi sa ‘economia’ dominante de custos úrtimos séculos no est solu una manera prus profetosa de produire, ma unu irvilupu chi no cheret límites, est cussa de su “di tutto e di più” e pro totugantos fintzas pro sos chi a milliones e milliones ‘campant’ a fàmine e in sa miseria prus infame, no progressu, ma irvilupu disastrosu, ingiustu, distrutivu, de gherra, de domíniu, criminale, macu, assurdu.
    A cambiare tocat! O depimus ispetare un’àteru Coronna Virus e pandemia peus pro fàghere una economia prus de coperatzione, de vida prus moderada e prus pagu de cossumu che idròvoras e a “compra e getta”, una economia no prus de gherra a VINCERE e aterrare i concorrenti, ma de paghe e prus umana?

  4. Luciana

    Grazie, Sergio, per la tua bella, esauriente riflessione che mi ha riportata alla forte Enciclica di Papa Francesco : ” LAUDATO SI’ MIO SIGNORE PER SORA NOSTRA TERRA “…questo Cantico perenne di S.Francesco dovrebbe riecheggiare nel nostro spirito come preghiera di riconoscenza verso il Dio Creatore di tanta bellezza : dall’immensità dei mari all’infinita Sfera celeste, alla nostra Terra che spinge per vivere e produrre, all’intelligenza degli esseri umani…tutto questo ci è stato donato e siamo noi tutti collegati in tutto… Ciò che stà avvenendo in questo nostro tempo di dolore e di morte per tanti a conseguenza dell’ uso sconsiderato delle risorse del nostro Pianeta dovrà concludersi con una profonda trasformazione nello Spirito dell’Umanità : ritrovare fervore e meraviglia anche solo in un filo d’erba… un risveglio di nuovo Amore verso tutte le creature nell’intento di veder rifiorire questa nostra Terra meravigliosa al canto gioioso di S. Francesco…

  5. chiara rosnati

    Grazie Sergio per la tua riflessione. Lavoriamo insieme per trasformare questo momento in un’opportunità di crescita, intesa però in un’accezione ben diversa dalla corsa allo sviluppo che ha guidato i nostri comportamenti fino ad ora … una crescita in termini di etica e rispetto per la casa comune

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