Se Venezia venisse distrutta, la tecnologia digitale potrebbe ricostruirla? [di Anna Somers Cocks]

Factum

https://www.ilgiornaledellarte.com/30 aprile 2020. Direttori di museo e specialisti del mondo dell’arte si confrontano in diretta su YouTube nei giorni 1, 2 e 3 maggio sulle innovazioni digitali e la preservazione del patrimonio culturale.

Siamo diventati tutti profondamente più digitali nelle ultime settimane. Siamo pronti a vivere una vita cambiata digitalmente e il cambiamento si sta anche riversando nel mondo del patrimonio artistico e dei musei. Non si tratta di qualche intelligente materiale didattico o di esperienze fuori sede, ma della sostanza delle opere d’arte e dei monumenti, della loro presenza o assenza, della loro unicità e della loro sopravvivenza.

Venerdì 1 maggio e per i due giorni successivi, direttori di musei, specialisti dell’intelligenza artificiale, scrittori, professori di teoria della scienza e dell’architettura e altri pensatori, si incontreranno online per discutere di ciò che è già stato fatto e di ciò che può essere fatto con la tecnologia digitale, adesso e in futuro. L’evento è organizzato da The Art Newspaper e Factum Foundation con Il Giornale dell’Arte. Le discussioni prenderanno in considerazione, ma andranno ben oltre, la domanda: se un oggetto può essere riprodotto esattamente, l’«aura» dell’originale si trasferisce al facsimile?

Le discussioni verranno trasmesse in diretta sul canale Youtube di The Art Newspaper e gli spettatori sono invitati a inviare le loro domande (per il programma, link e orari, vedere sotto).

Tutto è iniziato nel 2006, con l’enorme dipinto di Veronese «Le nozze di Cana», rubato da Napoleone e ora esposto nella stessa stanza del Louvre dove le folle si spingono per fotografare la «Gioconda». Nel 2006, Factum Arte, ora Factum Foundation, ne ha fatta una copia in cui è riprodotto il minuto rilievo di ogni pennellata del maestro veneziano, quindi senza la levigatezza di una semplice fotografia, praticamente non distinguibile dall’originale.

L’opera si può vedere nel luogo per il quale è stata dipinta, all’altezza voluta dallo stesso Veronese, nel refettorio benedettino sull’isola di San Giorgio, a Venezia. La luce splende sul dipinto attraverso le stesse finestre che lo hanno illuminato nel 16mo secolo. Non c’è nient’altro nella stanza per distrarci da questo grande dipinto sacro che è anche un sontuoso dramma rinascimentale.

Nella competizione tra facsimile e originale ci si domanda quanto si debba valutare l’esperienza di trovarsi nel contesto storico di un’opera d’arte (per non parlare in questo caso della parziale riparazione di un crimine perpetrato 200 anni fa) rispetto all’esperienza di stare di fronte all’oggetto toccato dalla mano dell’artista stesso. La risposta è che non ci sono né vincitori né vinti, perchè si dovrebbero vedere entrambi: il primo illumina il secondo e viceversa.

Factum è oggi leader mondiale nella replica digitale di immagini e monumenti e ha riprodotto alcune delle opere d’arte più famose al mondo, dai cartoni di Raffaello del Victoria & Albert al «Quadrato nero» di Malevic nella Galleria Tretyakov (di cui sono stati in grado di «scandagliare» il nero essenziale, ovviamente in digitale, per studiare le pennellate dell’artista), alla tomba di Seti I in Egitto, che si sta ricostituendo in facsimile insieme a tutte le parti rimosse nel corso degli anni, ora nei musei occidentali o in frammenti vicino alla tomba stessa.

Factum e aziende analoghe vengono chiamate da musei, governi e città per fornire un’«assicurazione» digitale, per garantire che questo o quel capolavoro non vengano irreparabilmente perduti se dovesse accadere il peggio. L’ultimo loro progetto è stato il gruppo quattrocentesco a grandezza naturale in fragile terracotta del «Compianto sul Cristo morto» di Niccolò dell’Arca a Bologna: in Italia è meglio essere preparati per i terremoti.

L’anno scorso hanno realizzato una copia della grotta sacra di Kamukuwaká per i popoli Wauja nel Territorio Indigeno Xingu del Mato Grosso, in grande pericolo dopo che il Presidente Bolsonaro ha rimosso ogni protezione ai territori indigeni provocando la distruzione di un patrimonio culturale più veloce che in qualsiasi altra parte del mondo.

La grotta, con le sue fragili incisioni murali dei miti della creazione, è stata riprodotta in 3-D e, quando al capo dei Wauju, Akari Waurá, è stato chiesto se avesse le stesse qualità sacre dell’originale, ha detto: «È sacro in un altro modo. È sacro perché rappresenta il sostegno e il riconoscimento della nostra cultura oltre il Brasile». Il facsimile ha registrato qualcosa di profondamente importante per l’identità dei suoi «proprietari» e per la storia del mondo, ma adesso potrebbe scomparire, «aura» compresa, nel saccheggio già iniziato.

Insieme al Digital Humanities Lab dell’Ecole Polytechnique di Losanna e alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia, la Fondazione Factum ha avviato il suo più grande lavoro di «assicurazione», il Venice Mirror World. Sarà una registrazione 4-D (3-D più il tempo) di tutta Venezia, in cui la città viene ripresa nella sua interezza per fornire un’essenza informativa che può essere sperimentata non solo attraverso interfacce di realtà aumentata, ma anche usata per documentare i più minuti cambiamenti nelle condizioni ambientali della città.

Questo può proiettarci in ciò che accadrà con l’innalzamento del livello del mare, ma può anche farci viaggiare all’indietro, usando vecchie mappe, dipinti e fotografie. E perfino inglobare informazioni provenienti da registri catastali, documenti notarili e la storia stessa dei veneziani, in modo che l’intero costrutto digitale diventi una specie di replica della città e dei suoi cittadini.

Questo progetto è straordinariamente ambizioso e richiama la mappa grande come il mondo immaginata dallo scrittore argentino Jorge Borges. Un saggio in «The Aura in the Age of Digital Materiality», un libro sui progetti della Fondazione Factum, lo riassume così: «The Venice Mirror World potrebbe essere il primo nodo di una rete internazionale di siti collegati, i quali densificherebbero progressivamente una nuova piattaforma di informazione globale che dovrebbe cambiare radicalmente le nostre relazioni con il nostro passato e il nostro futuro». Tutto questo si trova al centro delle possibilità digitali offerte al patrimonio del mondo.

NUOVE TECNOLOGIE E LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE
Organizzato da THE ART NEWSPAPER e FACTUM FOUNDATION con IL GIORNALE DELL’ARTE

Venerdì 1 maggio 2020 Ore 18.00 | DIRETTA su YouTube QUI

IL FUTURO DI MUSEI, MOSTRE E DEGLI OGGETTI ESPOSTI
Ripensare il ruolo e il valore della cultura all’ombra di un futuro incerto

Il ruolo del museo come deposito di oggetti fisici che danno accesso alla memoria collettiva sta cambiando. Le nuove tecnologie di registrazione digitale che, tra le altre cose, consentono di creare facsimili esatti, stanno fornendo l’accesso a un pubblico globale, mentre le nuove tecnologie di visualizzazione ci invitano a guardare la natura dell’oggetto con nuovi occhi. Questo panel discute lo scopo di un museo, il suo ruolo, cosa dovrebbe mostrare, come e a chi. Esaminerà il modo in cui la tecnologia sta rendendo possibile un «museo senza pareti» e riallinea il rapporto tra originale e autentico. È la nostra ossessione con l’«aura» dell’originalità che ci limita in ciò che potremmo esporre, nel come potremmo esporlo e come potrebbe essere efficacemente preservato?

Presiede
Sir Charles Saumarez Smith,
CBE, ex direttore della National Gallery di Londra e amministratore delegato della Royal Academy
Partecipano
Sir Mark Jones, ex direttore del Victoria and Albert Museum,
András Szántó, autore e consulente di strategia culturale, fondatore di Andras Szanto LLC,
Mari Lending, professore di teoria e storia dell’architettura e membro fondatore del Centro di studi critici di architettura di Oslo,
Marina Warner, scrittrice di narrativa, critica e storia, presidente della Royal Society of Literature
Neil MacGregor, direttore fondatore del Forum Humboldt, Berlino; ex direttore del British Museum.

Sabato 2 maggio 2020 Ore 18.00 | DIRETTA su YouTube QUI

LA CIRCOLAZIONE DEGLI OGGETTI: POLITICHE DI DOCUMENTAZIONE, FORMAZIONE, CONSERVAZIONE E CONDIVISIONE
Creare un’economia culturale basata sulla condivisione di competenze, tecnologie e conoscenze

Per i musei e le altre istituzioni del patrimonio culturale, le tecnologie digitali aprono possibilità senza precedenti di condivisione e collaborazione, ma comportano anche nuove responsabilità. Questo panel esamina come la comunità del patrimonio internazionale può lavorare al meglio per creare documentazoni accurate e condividere oggetti e conoscenze con il pubblico di tutto il mondo.

Presiede
Simon Schaffer, Professore di storia della scienza, Università di Cambridge
Partecipano
Anaïs Aguerre, fondatore e amministratore delegato di Culture Connect Ltd, direttore del progetto ReACH,
Jerry Brotton, professore di studi rinascimentali alla Queen Mary University di Londra,
Hartwig Fischer, direttore del British Museum
Richard Kurin, Smithsonian Distinguished Scholar e Ambassador-at-Large,
Bonnie Greer, drammaturgo, autore e critico.

Domenica 3 maggio 2020 Ore 18.00 | DIRETTA su youTube QUI

UN CONTATTO INTIMO CON IL MONDO FISICO:
NUOVE TECNOLOGIE CHE GENERANO NUOVE CONOSCENZE
Compilazione, analisi, e presentazione d’informazioni in un’era di apprendimento automatico

Questa discussione si concentra sulle tecnologie che stanno creando nuove conoscenze del patrimonio culturale, su dove siamo e dove andremo. Tra gli argomenti, le nuove possibilità di analisi di immagini e informazioni, le nuove tecnologie di visualizzazione e il problema dell’archiviazione digitale a lungo termine.

Presiede
Sir Ian Blatchford, direttore e amministratore delegato dello Science Museum Group
Partecipano
Brian Cantwell Smith, Professore di intelligenza artificiale e umana, Facoltà di scienze dell’informazione all’Università di Toronto,
Sarah Kenderdine, Professore di Museologia digitale, École polytechnique fédérale di Lausanne, Frédéric Kaplan, Professore e cattedrattico di studi umanistici digitali École polytechnique fédérale di Lausanne,
Carol Mandel, Dean emerita della New York University (NYU) Libraries,
William Owen, fondatore di Made by Many.

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