Il futuro: risposte non profezie [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 28 maggio 2020. La città in pillole. Nel momento in cui le città cercano di riprendere il loro suono, la domanda che pende è quanto e in cosa muterà l’invenzione più complessa dell’homo sapiens. Non attiene solo le professioni interne alla pianificazione e alla progettazione che tematizzano il quesito come un’inaspettata opportunità. Non può essere una faccenda dei cultori delle profezie che si autoavverano per i tanti romanzi, film, saggi che preannunciavano l’attuale paesaggio o dei seguaci dell’eterno presente che la pandemia metterà all’angolo. La sua rigenerazione è il filo d’Arianna della città dal suo primordiale e nebuloso strutturarsi, non tutto riconoscibile nel suo farsi. Congetture infinite sul dove, sul perché, e sul come la città sia nata ma tutti d’accordo che si tratti del superamento del paesaggio “selvatico” e del suo intrinseco magismo che approda, precocemente in Sardegna e a Cagliari, al dominio pianificato sulla natura e le sue condizioni avverse. Un addomesticamento non diverso da quello su molti animali, diventati conviventi attraverso pratiche, note in Sardegna anche all’antropologia culturale, e infinite mediazioni con i virus di cui gli animali erano portatori. Gli stessi animali oggi ineliminabili dalle geografie alimentari, affettive e domestiche. Complessità appena percepibili quando l’epica, fondativa di ogni narrazione, intraprende ad intrecciare il racconto dell’assedio di Troia con i sentimenti a noi ben noti. Amori, odi, tradimenti, fughe, cadute, rinascite. Il tutto in uno spazio, definitivamente urbano. L’archeologia racconta che la città nel nord ovest dell’Asia Minore, dove nell’Iliade si sfidano le tante anime micenee, aveva mura estese per 3,5 chilometri con case, tra acropoli e vasta periferia, diverse a seconda della classe sociale. Una città del XIII a.C. raccontata da Omero nell’VIII a. C.. Date che riguardano anche Cagliari, porta dell’Occidente, perché le merci dei popoli della guerra di Troia approdavano nel suo golfo, gradite ai costruttori di torri. Più tardi quelle dei Fenici, eredi delle loro rotte, che nell’VIII a. C. si fecero definitivamente cagliaritani. Su questi palinsesti Cagliari deve rigenerarsi, riconsiderando l’inesauribile sostrato e le genealogie mitiche, amate da Omero. C’ è un luogo privilegiato dove il filo cdi Arianna si può svolgere? E’ il Museo Archeologico. Un altro? Si chiama Museo Betile. E’ un progetto, di proprietà pubblica, troppo in fretta accantonato. E’ l’opportunità inattesa quanto positiva che il virus porta coma risposta al quesito iniziale. |
Grazie per avere ricordato un’idea geniale, forse troppo, per gli amministratori in circolazione.