Serve una classe dirigente che si assuma la responsabilità della decisione e non quisque de populo che, per una manciata di fama, annunciano un’idea fantasiosa e contraddittoria al giorno [di Pietro Casula]
Meraviglia, meraviglia! Non è il premier Conte bensì i presidenti regionali – pomposi governatori – che hanno realmente il potere nella crisi generata dalla pandemia da Covid 19. Il meravigliarsi, riuscire a stupirsi è un grande dono. La Pentecoste è una festività bizzarra, eccentrica come le persone riunite ad ascoltare gli Apostoli parlare ciascuno nelle loro proprie lingue. E tutti si capivano. Atto simbolico toccante difficile da comprendere, afferrare per le nostre menti. Il cosiddetto miracolo di Pentecoste rimane quello che è da oltre 2000 anni: un inesplicabile evento. Di questi tempi il meravigliarsi, lo stupirsi sembra essere passato di moda, specialmente in tempi di Corona virus, in cui tutti i giorni nuovi studi correlati di numeri, diagrammi, curve e tendenze varie, cercano di decifrare i pericoli che minacciano la nostra vita. I valori del fu R0 e dell’attuale Rt, ovvero il numero medio di persone che possono essere contagiate da un individuo infetto, determinano chi possiamo incontrare, dove e come lavorare e con quale frequenza possiamo spostarci per visitare altre persone. Motivi per cui il meravigliarsi è quasi un segno di ingenuità, a volte irresponsabilità. Certo, il meravigliarsi non è sempre il miglior consigliere ma, a volte, si rivela come un dono: riconoscere, cioè, che non sempre sia possibile spiegare tutto quello che succede intorno a noi, compreso – e specialmente – tutto ciò che i nostri rappresentanti politici dicono o (non) fanno. Perlomeno se conosciamo solo una parte degli elementi in gioco. Nella pandemia che ci ha colpito dilagano le metafore della guerra, ma no, non siamo in guerra e non combattiamo contro qualcuno, penso che questo “modus attacco” sia tattica per nascondere incertezze decisionali e poca preparazione e anche indecisioni. La polemica sul passaporto sanitario tanto auspicato dal nostro Governatore Solinas, con il beneplacito del confratello Musumeci, e che tanto fa infuriare i “lumbard”, è fondato nel nulla. In primis perché la Repubblica Italiana è una ed indivisibile, come tutti sanno, e la Sardegna è parte di essa. Ne consegue, quindi, che un passaporto richieda la presenza di frontiere, di cui la RAS ovviamente non dispone. E poi perché non sarebbe un passaporto sanitario in quanto – checchè ne dicano gli strilloni di turno – non esiste alcun test che possa garantire l’immunità di un individuo. Prendendo anche per buona la revisione di pensiero da parte di Solinas che ora più che di passaporto parla di “filtro” per provare a limitare possibili danni, la realtà non cambia. Annunci, quindi, che alimentano una polemica nazionale che però contribuisce alla grande a peggiorare una certa tendenza al sovranismo regionale che più volte ha complicato la crisi producendo una sfilza di normative locali, fantasiose e contraddittorie. Servono responsabilità e coraggio, sì per avviare trasformazioni che sappiano cogliere e sfruttare realmente le opportunità per programmare la crescita, senza se e senza ma. Serve si, certamente una classe dirigente capace di assumersi le responsabilità, prendere decisioni nell’interesse del bene pubblico, una classe dirigente che sappia compromettersi decidendo, e non una dirigenza sempre e solo in cerca di fama. Siamo ad un bivio, ai primi passi di una società chiamata ad organizzare un nuovo modus di comportamento, ad interpretare esigenze nuove, a captare occasioni nuove con innovazione e creatività. Il nostro ingegno può avere anche dei limiti, ma non nel combattere pandemie. Ripartiamo partendo dalla formazione, una sfida molto bella e interessante. Vogliamo apprendere, imparare, capire, realizzare. Questa è la nostra agenda e una garanzia di progresso. “Miracoli si avverano in continuazione” cantava Katja Ebstein negli anni 70. Non ci credo incondizionatamente. Perchè dipende sempre e comunque da noi se si è pronti per i miracoli. |