Covid e disinformazione: la lezione della pandemia [di Daniele Nalbone]
micromega-online/20 luglio 2020. Un progetto collaborativo tra fact-checkers di cinque Paesi europei – “Pagella Politica” e “Facta” in Italia, “Maldita.es” in Spagna, “Full Fact” nel Regno Unito, “Correctiv” in Germania e “Agence France-Presse” in Francia – ha analizzato il panorama della misinformazione e della disinformazione relativo alla pandemia, identificando le tematiche comuni che hanno caratterizzato il dibattito. Ne parliamo con Giovanni Zagni, direttore di “Pagella Politica”. Un’analisi enorme: 645 articoli pubblicati tra marzo e aprile 2020. Al centro, l’emergenza covid-19. Fact-checkers (tecnicamente dei “verificatori di notizie”) di cinque Paesi europei – “Pagella Politica” e “Facta” in Italia, “Maldita.es” in Spagna, “Full Fact” nel Regno Unito, “Correctiv” in Germania e “Agence France-Presse” in Francia – hanno dato vita a un progetto collaborativo per analizzare il panorama della misinformazione e della disinformazione relativo alla pandemia. L’analisi qualitativa degli articoli ha permesso di identificare sette macrocategorie di argomenti attorno a cui sono ruotate le “bufale” che hanno riempito la rete durante i due mesi di emergenza: cure e rimedi; tecnologia 5G; evitare o prevenire l’infezione; l’origine artificiale del virus; i vaccini; le mascherine e i dispositivi di protezione individuale; i confronti tra il nuovo coronavirus e l’influenza stagionale. Ottava categoria: Bill Gates. Proprio così: il cofondatore di Microsoft è stato al centro di numerose teorie complottiste relative ai vaccini, alla tecnologia 5G o all’origine artificiale del virus Sars-CoV-2. In particolare, sottolineano gli autori del rapporto, «è circolata in diversi Paesi», con un particolare focus in Spagna o Regno Unito – «la convinzione che Gates sia già in possesso di un vaccino», oppure che il cosiddetto Event 201, una simulazione di pandemia a cui Gates avrebbe preso parte nell’ottobre 2019, proverebbe che il multimiliardario «era già a conoscenza del pericolo di un’imminente crisi sanitaria ben prima della sua effettiva diffusione su scala globale». Si tratta di una notizia analizzata, e ovviamente smentita, da ogni fact checkers. Ma quali sono le informazioni false più comuni che hanno circolato attraverso l’Europa tra marzo e aprile 2020, quando la pandemia ha raggiunto il suo apice? Eccone quattro, verificate (e smentite) nel report che potete scaricare qui. Le abbiamo scelte dal rapporto un po’ per la loro assurdità, un po’ per la loro pericolosità nel formare l’opinione pubblica. Clorochina e idrossiclorochina – Presentate come potenziale cura da medici, autorità nazionali e celebrità – tra cui il presidente americano Donald Trump e il miliardario Elon Musk – la clorochina e l’idrossiclorochina hanno rappresentato un tema ricorrente nella discussione intorno al nuovo coronavirus. Il tema ha avuto particolare rilevanza in Francia grazie alle teorie di Didier Raoult, microbiologo tra i principali sostenitori delle potenzialità offerte dall’idrossiclorochina, ma ha raggiunto anche il Regno Unito e la Spagna. Sebbene le sue effettive potenzialità siano state spesso esagerate è probabile che sia ancora troppo presto per escludere del tutto l’utilità dell’idrossiclorochina nella lotta contro il nuovo coronavirus. Sono in corso diversi studi sul tema. Elicotteri che rilasciano pesticidi o disinfettanti – Tra i casi di disinformazione più diffusi troviamo la notizia secondo cui una flotta di elicotteri, generalmente descritti come appartenenti all’esercito o alle forze di polizia, avrebbe presto rilasciato disinfettanti o pesticidi sulle città con livelli di contagio particolarmente alti, in modo da sanificare l’area e fermare la diffusione del virus. L’informazione è circolata in tutti i Paesi in maniera leggermente diversa, ma alcune “notizie” si sono ripetute in modo inalterato: diverse volte si è parlato di «cinque elicotteri» pronti a sorvolare le città «a partire dalle 23». La notizia è apparsa per la prima volta in Italia, ma è stata poi rilevata anche in Spagna, Germania e nel Regno Unito. Teorie complottiste su Bill Gates – Proprio come George Soros, Bill Gates è da tempo un bersaglio ricorrente per diverse teorie del complotto. Con la pandemia di covid-19 – e il flusso di disinformazione che ne è derivato – il cofondatore di Microsoft ha però raggiunto un livello superiore, diventando il capro espiatorio per eccellenza in complotti che lo accusavano di aver creato, diffuso o modificato il virus in modo da «controllare il mondo» e/o «vendere i propri vaccini». Il nome del miliardario e filantropo si è fatto strada nell’universo delle bufale fin dall’inizio dell’epidemia: i fact checkers tedeschi hanno infatti smentito la notizia secondo cui Gates avrebbe brevettato il vaccino contro la covid-19 già il 28 gennaio scorso, settimane prima che la pandemia raggiungesse i confini europei. Le accuse contro Gates sono state corroborate anche dalla partecipazione del magnate a Event 201, una conferenza organizzata anche dalla Gates Foundation con lo scopo di simulare una potenziale pandemia, partendo proprio dall’ipotesi di un nuovo coronavirus. L’evento si è svolto poche settimane prima della notifica ufficiale dei primi casi di covid-19 da parte delle autorità cinesi, nel dicembre 2019. La famiglia dei coronavirus include diversi virus, tra cui la normale influenza e la Sars. Nonostante questo, la conferenza è presto diventata la prova principale utilizzata dai complottisti francesi, spagnoli, italiani e britannici per dimostrare la partecipazione diretta di Bill Gates nelle dinamiche della crisi sanitaria. L’idea alla base delle teorie del complotto è che il filantropo abbia creato il virus o, perlomeno, sapesse della sua esistenza ben prima dello scoppio dell’epidemia. La disinformazione sulla tecnologia 5G – La nuova tecnologia è stata attivata nel 2019. Da quel momento hanno iniziato a comparire sporadicamente sul web preoccupazioni varie riguardo al 5G, insieme a dubbi e perplessità riferiti ad altre strumentazioni quali le radiazioni dei telefoni cellulari, il Wi-Fi o l’effetto potenzialmente cancerogeno delle antenne televisive. Nonostante la quantità massima di radiazioni venga sempre regolata per legge in modo da preservare la salute pubblica, il 5G ha trovato un terreno particolarmente fertile tra i complottisti di tutto il mondo. Con il diffondersi del nuovo coronavirus in Cina, poi, le bufale sono state rivisitate e adattate alla nuova minaccia: il 5G è stato additato come responsabile per i decessi di Wuhan fin da gennaio 2020, quando l’epidemia era ancora contenuta entro i confini cinesi. L’affermazione è stata rilevata e smentita dai fact checkers britannici e tedeschi, ma il mito era ormai stato creato. Nel corso di marzo e aprile, notizie simili sono comparse in Spagna e Italia, e nel Regno Unito alcuni cittadini hanno realmente abbattuto le torri per la diffusione del segnale. Un dato particolarmente inquietante per il nostro Paese, ed è da qui che parte l’intervista con Giovanni Zagni, direttore di Pagella Politica, riguarda le “bufale politiche”. La percentuale di articoli dedicati all’analisi di notizie false a sfondo politico varia nei cinque Paesi considerati, toccando il 26 per cento del totale in Italia e fermandosi al 12 per cento nel Regno Unito e in Germania. Ebbene, siamo primi in questa triste classifica. Siamo messi così male in Italia? In fondo Pagella Politica nasce proprio come progetto di fact checking politico. Esatto, il progetto nasce alla fine del 2012 quando in carica c’era il governo Monti e i talk show politici erano al loro apice in termini di audience e in primissimo piano c’era la situazione economica del Paese. In quegli anni possiamo dire che è iniziato il problema delle “bufale politiche” dovuto al fatto che nell’opinione pubblica si era fatta strada l’idea che la realtà “dei numeri” dovesse decidere le sorti politiche del Paese. Quel progetto era dedicato interamente a prendere le dichiarazioni dei politici o dei personaggi pubblici e a costruire articoli di verifica seguendo l’esempio statunitense di Political fact. Oggi, a distanza di otto anni, le cose nel mondo della verifica dei fatti sono cambiate moltissimo e tutto è da ricercare in due momenti storici che cadono nello stesso anno, il 2016: il referendum sulla Brexit di giugno e la vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali Usa di novembre. Il 2016 ha cambiato tutto e le fake news – le “bufale” – sono entrate di prepotenza nel dibattito pubblico e politico. Oggi il nostro progetto, nato come politico, si è allargato a temi che politici non sono o non sono necessariamente legati al dibattito politico. E la pandemia ne è stato l’esempio lampante. Domanda secca: è tutta colpa dei social network? In parte, ma non dobbiamo mai dimenticare che uno strumento tecnologico è, per sua natura, neutro. I social, poi, nel 2010, erano stati esaltati come strumento democratico: ricordi cosa si diceva del ruolo di Twitter nella stagione della “Primavera araba”? Sei anni dopo non possono essere diventati la causa di tutti i mali. Il problema è stato l’uso “meno nobile” che è stato fatto dei social da parte di diversi attori, dal privato cittadino al troll russo passando per i politici di turno. E ora le piattaforme stanno cercando di trovare una cura per la malattia. Sei fiducioso? Le piattaforme si sono accorte di avere un problema e il fatto che cerchino di correre ai ripari, ognuna in un modo diverso e con strategie radicalmente differenti, che vanno dal nulla a un forte interventismo, dimostra solamente la complessità della questione. Il vero problema, visto che parliamo di notizie – non dimentichiamolo – è che chi dovrebbe occuparsi di questo, i giornali e più in generale i media, in tutta questa partita sono dei semplici spettatori. Non hanno alcun ruolo. Sono ai margini. Quanto alle possibili soluzioni, mi limito a una considerazione: ogni decisione presa da un’autorità sarà inevitabilmente sbagliata. Non esiste legge emanata da uno stato liberale, democratico, occidentale, che sia intervenuta in maniera efficace in questo ambito. Al tempo stesso lasciare che le piattaforme siano totalmente libere e non regolamentate sarebbe un casino: abbiamo visto cosa succede su social “liberi” come 8chan o Vk. Sono un covo di neonazisti. Quanto all’Italia, l’ultima proposta concreta in questo campo riguarda l’obbligo di consegnare ai social la propria carta d’identità per potersi iscrivere (la cosiddetta legge Marattin, ndr). Ci rendiamo conto? E a peggiorare le cose, a creare terreno fertile per il germogliare di bufale, è arrivata una pandemia mondiale. In questa situazione ci siamo resi conto, ed è su questo che è incentrato il report, che i complottisti di diversi Paesi credono tutti alle stesse fake news. Parliamo di gente “inconvincibile” che riesce a vivere la sua vita da lettore in un mondo totalmente alternativo in cui Bill Gates è il mostro. Ecco, il fatto che questa gente non possa essere in alcun modo convinta del contrario fa spavento. Ma il cattivo giornalismo aiuta questo “virus”, non trovi? La pericolosità di una notizia sbagliata è più o meno la stessa di una notizia falsa. La mente di una persona male informata è un mix di elementi e non è popolata solo da notizie completamente inventate. Un titolo errato, una notizia presentata in modo sbagliato, un titolo urlato per generare panico – e attirare così lettori – possono fare gli stessi danni di una bufala. Siamo al cospetto di una tempesta perfetta perché le redazioni degli online sono composte da giornalisti costretti a produrre dieci, quindici pezzi al giorno. Vi invito a vedere poi la differenza degli articoli – e dei titoli – pubblicati sui siti dei grandi giornali e a quelli dei cartacei delle stesse testate: tra le due “redazioni” di quello che dovrebbe essere lo stesso prodotto c’è uno scarto enorme. In fondo, sui siti, l’unico mantra è essere veloci e pubblicare un articolo dietro l’altro, anche se la notizia non è sicura, non è verificata o viene da una fonte pessima. Vince chi la spara più grossa. Chi attira più clic. E in questo scenario la bufala che andrà a nutrire i complottisti è dietro l’angolo |