Francia vs America [di Franco Masala]
Gli ultimi due concerti sinfonici nella “stagione della rinascita” di Cagliari con Classicalparco 2020 hanno giocato su un’impaginazione monografica per Paesi, in questo caso Francia e Stati Uniti d’America. Il bel programma francese affidato al maestro Giuseppe Finzi, già a Cagliari ottimo artefice del successo de La Ciociara di Tutino nella prima europea (novembre 2017), si è dipanato con grande coerenza tra le sonorità rarefatte di Fauré e Ravel con due Pavane a confronto, in un’atmosfera cullante, resa bene anche dal controllo dell’amplificazione, decisamente migliorato rispetto alle prove precedenti tanto da mettere in evidenza i numerosi strumentini che popolano le partiture. I Trois Nocturnes di Debussy hanno sottolineato l’andamento ondivago della musica del grande autore del Pelléas et Mélisande (a quando al Lirico?) mentre L’apprenti sorcier sulle musiche di Dukas ha rievocato le immancabili scene di Topolino alle prese con la scopa scatenata del film Fantasia di Walt Disney, e legata ad esso indissolubilmente. Ciò che desta ancora perplessità è la resa del coro – sia in seduta plenaria per Fauré sia soltanto femminile per Debussy – che risulta fortemente penalizzato dagli alti stalli in plexiglas, quasi una “cabina” aperta che certo non giova al suono uniforme. Certamente necessari ed atti alla protezione anti COVID-19 ma responsabili di una sorta di discrasia tra voci e strumenti. È invece completamente dedicato agli Stati Uniti il programma dell’ultimo concerto diretto dal maestro Giuseppe Grazioli che torna a Cagliari a pochi mesi dalla prima di Palla de’ Mozzi di Marinuzzi che aveva inaugurato la stagione 2020; un tempo che sembra ormai lontano. Anche se non frequentissime in città, le musiche americane privilegiano generalmente Gershwin o Bernstein, sicuramente più noti al grande pubblico e presenti ripetutamente nei programmi cagliaritani, accoppiati anche ad Aaron Copland. Molto meno presenti sono invece Samuel Barber e John Williams che completavano il trittico del concerto. Inevitabile cominciare, anche se in realtà hanno chiuso il programma, dalle musiche di Star Wars. Nella suite tratta dai film di successo planetario si ritrova tutto ciò che si richiede ad una colonna sonora cinematografica: enfasi, sonorità, leitmotiv atti a suscitare l’aspettativa di situazioni o di personaggi precisi della saga stellare. Williams non sbaglia un accordo come ha dimostrato in una miriade di successi (basterebbe ricordare Jurassic Park, E.T. o Schindler’s List) e inanella note su note che dimostrano la loro validità anche lontane dai fotogrammi del film. Grazioli ha diretto con grande vigore la partitura osannata da un pubblico entusiasta ad ogni movimento della suite, dando particolare spazio ai fiati che fanno la parte del leone. In precedenza, sia la suite Appalachian Spring quasi country di Copland sia il First Essay di Barber (tenuto a battesimo da Arturo Toscanini nel 1938 in una delle rarissime esecuzioni di un musicista contemporaneo) avevano abilmente condotto l’ascoltatore verso la musica americana rivelando originalità e ascendenze europee abilmente mescolate. |