La città tra dialettica e commercio [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 24 settembre 2020. La città in pillole. Fu Max Weber a teorizzare quanto la città e le sue geografie debbano al commercio. Sarebbe fuorviante definire capitalistico, secondo categorie marxiane, quell’inizio di ogni oggi. La formazione economica, antichistica e teologica fornirono al padre della sociologia gli strumenti per decodificare alcuni snodi del mondo antico. Certamente quelli del passaggio dall’Età del Bronzo all’Età del Ferro in cui definitivamente l’organizzazione urbana si diffuse nel Mediterraneo occidentale. Forse più di Karl Marx il sociologo tedesco tematizzò quanto la capacità di agire scambio, polarizzasse su alcuni luoghi funzioni urbane che chiamiamo politiche, culturali, residenziali e delle pratiche del sacro. Una delle più sorprendenti invenzioni che non ha nulla di naturale, nascerebbe come dialettica tra merci a volte lontane e in capo a culture diverse. In molti casi sorprende il continuismo millenario e alla base del capitalismo moderno. Ciò fino all’attuale pandemia che, come le precedenti, riguarda tutto il mondo e che cambierà il percorso della storia. Cagliari non fa eccezione. Il suo destino nel lungo Neolitico vede il suo territorio e quello della città metropolitana assai frequentato da comunità in cui lo scambio era di prossimità, fondato sulla capacità della terra, delle acque interne, del sole di fornire il necessario. Il surplus consentiva di disporre di gruppi specializzati nel lavorare l’argilla, l’ossidiana, nell’allestire sepolture o nel mediare col sacro. La successiva presenza nuragica nell’area a corona di Cagliari, nei territori di Sarroch, di Santadi, interconnessi con quelli di Assemini e di Capoterra; di Quartu e di Settimo, per citare quelli con maggiore intensità monumentale, è già nella traiettoria dello scambio che oltrepassa le contiguità. E’ irreversibilmente in dialettica con l’occidente e l’oriente del Mediterraneo. La Sardegna e Cagliari in particolare erano di fatto nella dimensione dell’urbano con le nuove gerarchie territoriali. Scavare, riconoscere i reperti, sapere il greco e il latino e interpretare le fonti, essere fedeli alla Costituzione, è una parte del mestiere di archeologo. Leggere narrativa, saggistica, aver curiosità del futuro, non dimenticare che questa è la terra di Antonio Gramsci fa la differenza. Chi scrive ha cercato di seguire tanto magistrale insegnamento di Fausto Zevi e di Mario Torelli con cui, andando allora controcorrente, si laureò. Il secondo non c’è più ma ci ha insegnato ad andare oltre l’eterno presente perché non omnis moriar. |