Lettera aperta ai Parlamentari sardi e ai Presidenti dei gruppi parlamentari [di Roberto Frongia e Maria Antonietta Mongiu]

Sardegna da atronave

Come spesso è capitato, non solo nelle vicende del nostro paese, ancora una volta la Storia ci pone di fronte al limite dell’essere umano attraverso ostacoli che di volta in volta chiamiamo con nomi diversi. L’attuale pandemia che da mesi investe l’umanità tutta, ci mostra, a tutta prima, poveri di risolutivi strumenti per combatterla, inermi davanti al suo diffondersi. In verità è in questi momenti che l’idem sentire della comunità nazionale e regionale deve trovare il suo senso avendo come bussola la Costituzione, testimonianza di unità nazionale, e il Presidente della Repubblica, custode massimo della stessa.

Ecco perché pur nella consapevolezza del difficile momento che stiamo vivendo e dell’incertezza che il Covid 19 comporta, dobbiamo prepararci al dopo, alla necessaria rinascita, nell’auspicio che il tempo, le decisioni della politica, e soprattutto i comportamenti responsabili di ciascuno di noi siano gli strumenti con cui il virus venga battuto e si faccia diventare l’attuale drammatica crisi un’insperata opportunità per ridisegnare il futuro, collettivo e individuale.

Per far questo non possiamo che ripartire dagli eccezionali passi che, grazie al contributo di Voi Parlamentari della Sardegna, sono stati compiuti nel percorso che tutti i Sardi insieme stiamo costruendo perché il principio di insularità rientri nella Costituzione.

L’approvazione della modifica dell’Articolo 119 della stessa da parte della Commissione Affari Costituzionali, e la conseguente discussione che – speriamo a breve – ne scaturirà, ha puntato il faro dell’Italia intera su un tema centrale e nevralgico per il nostro sistema e per la nostra economia. Ha posto concretamente all’attenzione nazionale il tema delle pari opportunità per tutti i cittadini a prescindere dal loro luogo di nascita e di residenza.

Oggi siamo a un passo da quel risultato straordinario, auspicato e ricercato, ovvero il riconoscimento dello svantaggio della nostra Sardegna rispetto alle altre regioni d’Italia. Svantaggio evidenziato dallo studio che, finalmente con procedure scientifiche, ha declarato ai Sardi quanto pagano per la distanza fisica dal resto della nazione.

Un lavoro straordinario che concretamente evidenzia, sul piano monetario, il costo e le sue ricadute sociali. Si tratta dello studio condotto dall’ Istituto Bruno Leoni, Briefing Paper “Il costo dell’insularità: il caso della Sardegna” che vale la pena ricordare dato che il riequilibrio dei costi dell’insularità si quantifica in 5.700 euro annui a cittadino sardo per tutta la sua vita. A tanto ammonta la “tassa” che paghiamo in virtù della distanza dalla terraferma, oltre un quarto del Pil pro capite, circa 9,4 miliardi di euro di minor prodotto annuo.

Un pensiero grato e riconoscente a tutti i Sardi, ai Sindaci, a chi come voi ha riconosciuto la bontà di questa battaglia, al Comitato per l’Insularità, alla Commissione speciale per l’Insularità nata in seno al Consiglio regionale, al mondo della scienza e della cultura sardi, dell’Associazionismo e del Volontariato, alle forze sindacali e imprenditoriali, alla Chiesa. Impressiona la presa di coscienza della necessità per i Sardi di combattere fino in fondo questa battaglia identitaria, culturale, incentrata sul mancato sviluppo economico della nostra Isola e per questo urgente. Oggi la consapevolezza circa gli effetti che la condizione di insularità comporta è ampia, comune a tutti, non più circoscritta e appannaggio di pochi.

Siamo oggetto di una disparità di trattamento con i cittadini del resto del Paese (ed europei) che si evidenzia nella marcata differenza di reddito disponibile, in un gap infrastrutturale ormai cronico e in una carenza di prodotti, in primis quelli energetici che incidono sui costi monetari delle imprese e dei consumatori e quindi sullo sviluppo economico.

Si aggiungono, quali elementi di disturbo per l’economia sarda, la distanza chilometrica e temporale rispetto ai mercati, ai grandi centri demografici, industriali, finanziari o politici; l’impossibilità di realizzare economie di scala; i costi commerciali e quelli di infrastrutturazione più alti rispetto alle regioni del territorio peninsulare; l’assenza di sviluppo di una rete ferroviaria intraregionale; l’elevata dipendenza da porti e aeroporti e la grande vulnerabilità rispetto ai contesti e avvenimenti esterni.

Altresì il percorso che abbiamo compiuto mette di fronte alle classi dirigenti, non solo a quelle politiche, la necessità di fare autocritica su errori che pure sono stati compiuti nell’individuare modelli di sviluppo che finalmente emancipassero le nostre comunità dal continuo precariato rispetto al futuro.

Si tratta finalmente  di aprire una discussione trasparente sul modello di sviluppo finalmente risolutivo e rispettoso di una terra che sempre più mostra i suoi infiniti tesori storici, ambientali, paesaggistici, umani. Ecco, la Sardegna che conosciamo e che vorremo smettesse di scontare come negativo quanto invece riteniamo un valore: l’insularità.

Il momento storico che stiamo vivendo per le sfide che ci pone davanti, ci interpella per essere pronti a riprendere la corsa per traghettare la nostra nave oltre la tempesta e per farla entrare in porti sicuri. La battaglia per l’insularità, in un contesto di debolezza planetaria, frammentazione, incertezza, rappresenta l’ancora alla quale possiamo e dobbiamo aggrapparci, per il bene della Sardegna e dei Sardi.

Vederci riconosciuta la condizione di insularità non è più solo un diritto da raggiungere, è il primo passo da compiere per ripartire.

Uniti e grazie alla Vostra azione possiamo cominciare un cammino nuovo.

 

Roberto Frongia, Presidente del Comitato per l’inserimento del princioio di insularità in Costituzione

Maria Antonietta Mongiu, Presidente del Comitato scientifico per l’inserimento del princioio di insularità in Costituzione

Cagliari, 11 novembre 2020

 

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