Una lettura newtoniana del Ddl 108 della giunta Solinas, meglio conosciuto come Piano casa [di Francesco Sechi]

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Quando la disciplina della Fisica si rese conto di non riuscire a spiegare, con la classica teoria newtoniana, i fenomeni dell’infinitamente grande (il cosmo) e i fenomeni dell’infinitamente piccolo (l’atomo e le particelle infinitesimali), teorizzò rispettivamente la teoria della relatività e quella quantistica.

I non esperti di Fisica sarebbero portati a pensare che man mano che le teorie della disciplina evolvevano, le stesse soppiantassero le precedenti, e invece pare di no; così ci spiega il compianto genio astrofisico Stephen Hawking.

Ognuna delle tre teorie ha un suo campo di validità: la teoria newtoniana spiega i fenomeni che tutti siamo in grado di vedere e percepire, il moto dei pianeti, i fenomeni di accelerazione, dell’attrito e dell’aderenza, ma non quelli dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande.

La teoria della relatività spiega i fenomeni che si verificano nell’infinitamente grande e a velocità prossime a quelle della luce ma non spiega le forze che governano le interazioni tra le particelle infinitesimali.

La meccanica quantistica è riuscita a spiegare i fenomeni dell’infinitamente piccolo ma non può essere applicata ai fenomeni alla scala della realtà percepita né quella dell’infinitamente grande. In sostanza ogni teoria è valida nel proprio campo di applicazione.

L’approccio iniziale che si ha nella lettura del Disegno di legge regionale 108 del 2020 è stato ed è , se vogliamo, di tipo quantistico, ovvero, nella lettura dei diversi articoli, si cerca di andare in profondità, di comprenderne il dettaglio infinitesimale e cosa significhi un dato incremento volumetrico di una data volumetria o superficie, e che differenza potesse avere negli effetti sul territorio rispetto al precedente valore.

A riprova si cerchi di fare voli immaginari nei territori, prevalentemente costieri; a zommare sulle aree urbanizzate e sui singoli edifici. In verità non si ottiene granché come risposte accettabili, secondo i dettami non solo della Costituzione o banalmente persino del buon senso. Ma si hanno delle sensazioni forti: ciò che può essere valido in un contesto non lo è in un altro e gli effetti sono veramente difficili da comprendere.

Nel corso della lettura personalmente, da trasportista e da urbanista, ho realizzato che stavo utilizzando un metodo di analisi errato, un metodo fuorviante che, nella ricerca degli effetti locali, non mi faceva percepire il richiamo ritmico, nel D.d.l., dei concetti di “incremento”, “premialità”, “cessione dei crediti urbanistici”, “autocertificazione”, “trasferimenti volumetrici”, “estensioni”, “soppalchi e solai interni”, “riduzione di distanze”, “Zone F”.

E’ sufficiente una lettura newtoniana della legge per comprenderne il disegno e la strategia di fondo e se è vero che con una legge non si fa urbanistica, altrettanto vero è che con una legge si può dare continuità a quegli errori di “fabbricazione” che sono la causa dei disastri a cui periodicamente dobbiamo assistere. Come quelli di questi giorni.

Se non bastano questi disastri sempre più frequenti, cosa ci vuole per far cambiare rotta al decisore politico?

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