Dal Diluvio si riemerge pianificando [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 3 dicembre 2020. La città in pillole. Molti pensieri abitano menti e cuori dei sardi. Non solo per il Covid ma per il disastro accaduto a Bitti e, di tragedia in tragedia, nei diversi territori della Sardegna. Per gli storici a venire quelle immagini varranno più di ogni retorica. I nomi dei decisori saranno dimenticati, mentre le istantanee un implacabile j’accuse versus generazioni di amministratori. L’acqua non è una sciagura! Non è un’assassina. Dirlo è bestemmia, specie in una terra che al culto delle acque ha dedicato importanti architetture, a riprova di un potere problematico della base stessa della vita, di cui si sono persi i codici interpretativi. Come testimoniano detti e proverbi, l’acqua abita la memoria più profonda degli esseri viventi e, a sua volta, ha memoria salda specie del suo percorso. Ogni costrizione presenta il conto. Per capire meglio, è d’obbligo riandare alle narrazioni che fondano la storia dell’umanità. In tutte si racconta un diluvio in cui uomo e animali lottano insieme per sopravvivere. Racconti del diluvio universale occupano tele, pareti, oggetti, sculture, tessuti in ogni parte del mondo e in ogni tempo. Un denominatore che pretese persino sacrifici umani nelle culture precolombiane. Mirabilia, nel III millennio a.C., nell’Epopea di Gilgameš, in caratteri cuneiformi nel Vicino Oriente dove nacque la città. Rivoluzionaria invenzione che, cambiando la storia dell’umanità, costruisce la narrazione delle origini, nel tempo in cui l’uomo avrebbe oltrepassato il suo limite mediando con gli elementi che formano la natura: aria, acqua, terra, fuoco. Varianti della contesa, a prefazione delle mediazioni urbane, si affermano in tutta l’area mediorientale per sconfinare, redatte in Sanscrito, in India; e, ad ovest, nella Grecia classica inverandosi anche nei miti della catastrofe come quello di Atlantide che ridisegnano il mondo ellenistico. Ma è nella Bibbia che la vicenda del Diluvio trova il suo domicilio. L’Arca, metafora di ogni salvezza possibile, non prevede di salvarsi senza piante e animali. Ci si salva in una barca, ab origine simbolo potente di vita anche nell’oltretomba, in una dimensione tutt’altro che antropocentrica. Si può immaginare Noè, l’uomo prescelto, che distrugge la natura? Impensabile salvarsi da solo per questo primo grande decisore. Ecco perché a Cagliari la pianificazione deve partire dal riconsiderare le sue acque: marine e interne. Da subito. |