A parlar di Bitti e di Sardegna….. [di Pier Giorgio Testa]
I commenti dei vari autori su ciò che è accaduto a Bitti mettono sempre meglio in rilievo la gravità dei problemi che continuano a caratterizzare il nostro martoriato territorio, ulteriormente minacciato dalla volontà dei nostri intrepidi amministratori di “umanizzarlo, valorizzandolo” come dicono loro, deturpandolo e denaturandolo definitivamente come sembra a qualcun altro. Mi pare però che il nostro finisca per essere un elegante esercizio intellettuale e letterario, che dovremo ripetere ancora per troppo tempo, prima che si possano vedere i risultati concreti di un’azione persuasoria e di condanna sempre, però, post hoc. Quindi continueremo a non saper impedire le oscenità urbane dei nostri centri, senza contestarle anche attraverso iniziative legali e a piangere nelle occasioni in cui arrivano i morti, frutto del dissesto già visibile prima che i disastri avvengano. Alla regressiva esigenza dei molti che credono di star meglio costruendo per sé case sempre più grandi e che si verificano, dopo poco, inutili sprechi di denaro e territorio, si unisce il bisogno di amministratori locali di accogliere la richiesta di eludere leggi o di forzarle affinché ciò che è, ex lege, proibito diventi possibile, in cambio almeno del consenso elettorale. Ci sarà chi continuerà ad allettare cittadini vogliosi di villette, pubblicando riviste di abitazioni di pregio, non solo, ma anche importando riviste da altre nazioni, per cui per esempio, nella valle del Cixerri si può facilmente ammirare una casa isolata, in terreni agricoli, che imita qualche castello dell’entroterra di Parigi e qualcuno ha permesso che venisse costruita. Ma temo che questa direzione sia difficilmente modificabile e non sembra che neanche un livello culturale più elevato immunizzi da tali tentazioni: so di amici sensibili a tematiche ambientali e culturali fino a quando si sono edificati case , abusive per motivi ambientali o storici. Forse sarebbe ora che coloro a cui sta davvero a cuore la Sardegna si impegnino fattivamente a tentare di imporre agli amministratori locali l’obbligatorietà di fermare gli abusi, di impedirne la licenza, di favorirne la demolizione, passando attraverso pressioni forti per la realizzazione di leggi, la cui omissione abbia conseguenze penali anche per amministratori, spesso ignari colpevolmente di quanto accade nei territori loro affidati. Se qualcuno temesse poi la reazione di “geometri, architetti, ingegneri, agronomi, geologi…idraulici, elettricisti, falegnami etc. “ si potrà finalmente e sempre che per la bonifica dei danni fatti dai loro predecessori ci sarà lavoro per diverse generazioni di professionisti. |
E’ così, complimenti. Il movimento che si riesce ancora a intravedere sulla tematica generale, la difesa delle coste, del paesaggio, del patrimonio culturale, messo alla prova dei territori, delle situazioni reali, svanisce. E i paesi dell’interno sono gli ultimi dove può accendersi una resistenza alle oscenità e alla logica del niente regole, anzi, lì è la massa di manovra alla quale sa di poter ricorrere la politica spregiudicata della destra non solo regionale, lì i sentimenti folcloristici attaccati all’identità dei feticci comunitari si combinano senza sentire contraddizione con l’individualismo più insofferente degli altri, dei contesti sociali e collettivi. E allora certo può accadere che il professionista ambientalista non la combatte più la battaglia per il piano urbanistico e quello particolareggiato del suo paese, ma prende e si costruisce la villa dando le spalle al brutto villaggio da cui fugge senza andarsene, guardando le valli che le politiche paesaggistiche hanno sin qui contribuito a proteggere.