In memoria di Gianfranco Bangone, pioniere del giornalismo scientifico [di Umberto Cocco]
Dopo quasi sei mesi di coma per un’emorragia cerebrale si è spento ieri mattina in una clinica di Roma Gianfranco Bangone, giornalista sardo a lungo redattore delle pagine culturali del manifesto. Divulgatore scientifico, fondatore e direttore della rivista Darwin, collaboratore di Panorama, del domenicale del Sole 24 Ore, autore di molte pubblicazioni, studi, ricerche, muore qualche giorno dopo la scomparsa di Pietro Greco, suo amico e collega nella non troppo folta schiera dei giornalisti scientifici (da Romeo Bassoli a Daniela Minerva, da Piero Bianucci a Franco Foresta Martin) che portarono nelle redazioni dei quotidiani negli anni ’80 quell’approccio prima solo occasionale ed esterno, insediandovi veri e propri presidii redazionali di competenza scientifica e divulgazione rigorosa. Greco lo coinvolse negli anni ’90 nella conduzione e nell’insegnamento nella prima autorevole scuola italiana di giornalismo e comunicazione scientifica, il Master della Sissa di Trieste, dalla quale provengono comunicatori e redattori impegnati oggi in riviste, centri di ricerca, musei in molte parti del mondo e, sempre con Greco, Gianfranco Bangone fu direttore editoriale della casa editrice Cuen nella Città della Scienza, a Bagnoli, alla fine degli anni ’90. Ma molti sono i suoi amici nelle università, nell’editoria, nella pubblicistica: in Italia il più celebre Gilberto Corbellini, che lo ha seguito in questi mesi per quel che si poteva, insieme alla moglie di Gianfranco, Anna Meldolesi, firma del Corriere della Sera e fra le allieve del corso di Trieste. Era nato a Orosei nel 1945, da una famiglia di agricoltori, il nonno aveva fatto la prima guerra mondiale nella Brigata Sassari subendo l’influenza di Emilio Lussu la cui figura avrebbe ricordato tutta la vita anche ai nipoti. Fece una parte dell’infanzia e degli studi a Roma dove era ospite di una zia paterna e dove era stato portato da ragazzino, acquisendo l’abitudine al viaggiare che gli fece chiedere il passaporto da minorenne, orgoglioso perché il documento era il primo a Orosei di diverso colore da quello che veniva concesso agli emigrati diretti al nord Italia, quando non alle miniere del Belgio. Continuava a tornare a casa dai suoi in Baronia e frequentò anche anni scolastici per intero o per brevi periodi a Dorgali, a Olbia, il liceo a Nuoro, ma riconquistando sempre anche Roma dove da adolescente era entrato nei circuiti della militanza politica di sinistra e in quelli intellettuali romani. Condusse una radio locale, fece lo sceneggiatore, alcune produzioni Rai, frequentava il giro di Nanni Moretti e poi redigeva reportage giornalistici che proponeva a radio e riviste, dalla Sardegna e dal mondo. Negli anni fra i ’70 e gli ’80 fu collaboratore della Treccani, mentre studiava statistica all’università e alimentava la sua vocazione a tratti quasi maniacale per il dato scientifico e la crudezza dei numeri, ed è il segno che si trova anche nei suoi ultimi scritti, come non mai giustificati dal rigurgito dell’anti-scientismo e dell’approssimazione generalista o superstiziosa. Arrivato al manifesto a fine anni ’80, Bangone simpatizza più per la Rossanda che per Pintor, fra le due anime del gruppo dei fondatori, porta scienza e dati di realtà in molte delle battaglie del giornale, a cominciare dalla Guerra del Golfo durante la quale invita a non sopravvalutare le forze che Saddam è in grado di opporre agli americani, ciò che lo porterà ad approfondire la ricerca in quel campo e che ha prodotto nel 2014 il libro Castelvecchi «La guerra al tempo dei droni». È sempre tornato in Sardegna a Orosei dalla nipote Gianna – figlia della sorella Maria – e da Giorgio Manca, la cui casa è diventata per alcuni anni dopo il 2005 il centro organizzativo del festival dell’archeologia organizzato da lui con l’amministrazione comunale Derosas, di centrosinistra: i relatori erano spesso suoi amici, e anche in quella circostanza metteva a confronto la Sardegna e le ricerche internazionali, Guido Barbuiani e Antonio Cao. In Sardegna frequentava i ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico e del centro di Bonassai, attraverso i quali seguiva anche per il giornale le vicende della peste suina africana, della mucca pazza, le zoonosi frequenti, la clonazione delle pecore, cosiddetta, nella improbabile versione sarda. Collaborò con Renato Soru alla preparazione del programma elettorale del 2004, due caratteri che avevano tutto per respingersi ed attrarsi. Attento anche alle vicende che portavano la sua isola al centro dell’attenzione, dal banditismo tradizionale delle faide ai sequestri di persona, Gianfranco Bangone chiamava a parlare di quei fenomeni, nelle pagine culturali del manifesto, Salvatore Mannuzzu, Giuseppe Melis Bassu, Guido Melis, Giulio Angioni, Manlio Brigaglia. Si è sentito male nella sua casa mentre era solo, alla fine di giugno, e non ha mai recuperato dallo stato di torpore nel quale è stato trovato. Leggeva in quei giorni «Massa e potere» di Elias Canetti e «Spillover» di David Quammen, attento al dibattito sul covid, partecipe dalla pagina del suo blog, mentre si preparava a trascorrere l’estate in Sardegna, a Orosei. Dove tornerà l’urna nei prossimi giorni, dopo la cremazione.
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