Nucleare, Calvisi: Deposito scorie? Mia posizione è la stessa della Sardegna [di Sara Panarelli]
LaPresse 20 gennaio 2021. Cagliari, “La mia posizione sul deposito unico nazionale delle scorie nucleari è la posizione della Sardegna, e la sosterrò in ogni modo”. A LaPresse il sottosegretario alla Difesa Giulio Calvisi, storico esponente del Pd in Sardegna, lo dice senza mezzi termini: la questione non è chiusa, e l’isola fa bene a continuare ribadire il suo no che, sin dal primo momento, è stato senza condizioni. Sottosegretario Calvisi, domani 377 consigli comunali sardi voteranno in contemporanea un ordine del giorno per ribadire il no al deposito nucleare nazionale in Sardegna. Che ne pensa? Penso che facciano bene, è un’iniziativa utile che ribadisce una posizione estremamente chiara, un orientamento unanime che è del popolo sardo, delle istituzioni, della chiesa, dei sindacati, delle associazioni di categoria. Tutte le manifestazioni, peraltro molto composte, di questi giorni in Sardegna sono state fortemente condivise, per ribadire quello che i sardi hanno più volte detto col loro voto. Lei con la lotta al nucleare, nella sua Sardegna, ha iniziato la sua carriera politica, giusto? Esatto. Dopo l’esplosione di Chernobyl nell’aprile dell’86, sono stato uno degli attivisti della raccolta firme per il referendum dell’87. Posso dire che è stata la mia prima esperienza politica. Naturalmente, a maggior ragione sull’onda emotiva di Chernobyl, il no dell’Italia al nucleare fu anche in quel caso trasversale e condiviso. Poi però la questione fu riaperta in parlamento. Sì, nel 2008-2009, lo ricordo perfettamente perché ero deputato, sotto il governo Berlusconi fu approvata una legge per riaprire la questione dell’energia nucleare in Italia. E noi del Pd, ancora una volta, dichiarammo battaglia e votammo contro. In Sardegna ci fu poi il referendum consultivo regionale del 2011 con un altro secco no e 15 giorni dopo ancora un referendum in cui i sardi votarono contro l’ipotesi di resuscitare il nucleare con quella legge nazionale. Quindi i sardi non hanno difeso solo il proprio giardino ma l’intero paese dal tentativo del centrodestra di riaprire un programma nucleare affossato dal referendum. I sardi sono spaventati dal fatto che ben 14 siti siano stati individuati nell’isola. Allo Stato però non conviene collocare il deposito unico nazionale in Sardegna, perché oltre ai disagi e ai pericoli durante il trasporto, portare 90mila metri cubi di scorie nucleari significa cambiare tutto lo scenario di sviluppo economico dell’isola, compromettendone le rotte commerciali e turistiche, oltre che la vocazione ambientale e compromettendo il destino delle generazioni future. Detto questo, è chiaro che anche in Sardegna vengono prodotte scorie nucleari – dalla ricerca, dall’industria e ospedaliere – pochissime, ma comunque vanno smaltite. L’individuazione dei 67 siti idonei dalla Sogin è un atto esclusivamente tecnico basato su valutazioni geologiche, idrogeologiche e strutturali. Poi, in sede di valutazione politica, naturalmente entrano tutte le altre: paesaggistiche, culturali, economiche, ambientali. Ma è evidente che inondare di scorie un posto dove se ne producono quantità irrisorie è, quantomeno, anti economico per lo Stato. Lei se la sente di rassicurare i sardi? Adesso si aprirà il confronto con tutte le regioni interessate e, in quella sede, la Sardegna dovrà essere brava a spiegare e far valere le sue ragioni, analogamente alle altre regioni che si sono dichiarate indisponibili. Io sono ottimista. L’idea è quella di arrivare all’individuazione condivisa del deposito unico nazionale. |
Custa intervista cun sas rispostas de Calvisi faghet piaghere…
De motivos pro èssere «ottimista» (in mesu de su muntone mannu de sos «–ista» e de sos «–ismo» no b’at Sardu chi no ndhe tenzat. Solu chi sa sovranidade natzionale e podere de detzídere de sa terra nostra e de sos Sardos (nessi cussos chi no noche semus fuidos ancora) lu tenet sa Repubblica Italiana.
Cheret nàrrere chi nos amus a cuntentare de totu sas bases militares, ‘naturalmente’ per la pace (de s’ànima nostra, trancuillos chi prus de gai no faghet, cun libbertade e responsabbilidae de dipendhéntzia, bios o mortos).