In nome dei Giganti, la politica sarda celebra a Cabras il suo ridicolo carnevale [di Vito Biolchini]
Benché proibite in tutta l’isola, oggi a Cabras i partiti hanno avuto modo di poter organizzare la loro personalissima sfilata di carnevale con tanto di rogo finale. Le maschere c’erano tutte: dal Pd alla Lega, dagli indipendentisti duri e puri ai Cinque Stelle, per passare attraverso la solita Anci e soliti personaggi in cerca d’autore, fino ad arrivare a lui, al presidente della Regione Christian Solinas.
Se vi fa ribrezzo l’ammucchiata che sostiene il governo Draghi, è difficile restare insensibili all’imbarazzante carrozzone messo in piedi per impedire che, banalmente, il restauro dei Giganti avvenga a Cagliari e non a Cabras.
Incredibile: in pieno Covid, al termine di un anno contrassegnato da un disastro sanitario senza precedenti, la politica sarda si è mobilitata per organizzare una manifestazione di piazza che avrebbe meritato miglior causa. E invece no.
A Cabras è scattata la sindrome isterica delle scorie da stoccare in Sardegna, dei rifiuti napoletani da rispedire al mittente, dei piemontesi da ributtare in mare il 28 aprile: ma sì aggiungiamoci anche Pratobello dai, che non guasta mai. Solo che quella era una vera lotta di popolo contro un vero sopruso: questa è una messinscena dei partiti contro un nemico immaginario. Una ratantina ridicola.
E infatti una delle più straordinarie operazioni di mistificazione quella che si disvela davanti ai nostri occhi. Una semplice operazione di restauro che diventa una guerra santa contro i poteri forti accusati di voler affossare la nostra isola. Cialtroneria politica, culturale e giornalistica si ritrovano magicamente in un terreno comune per fare, con le loro roboanti parole d’ordine, spettacolo della loro pochezza.
Con parole fintamente alte e ipocrite c’è anche chi cerca di giustificare l’azione del sindaco di Cabras che, in versione sceriffo, ha impedito per motivi di ordine pubblico la visita al museo della soprintendente. Basterebbe questa motivazione (“ordine pubblico”) a fotografare la ridicolaggine della situazione.
Ma niente avviene per caso. La vicenda del restauro dei Giganti a Cagliari (in un laboratorio attrezzato, con professionalità di prim’ordine che non sarebbero costrette a inverosimili trasferte a Cabras) è, come tutte le manifestazioni di carnevale, lo scoppio d’ira che sublima scontri ben più impegnativi ma che non si ha il coraggio di sostenere.
E infatti la Soprintendenza è un nemico perfetto: etereo, lontano, dalle competenze sconosciute ai più, slegato da tutte le appartenenze politiche locali, a cui si può addebitare ogni nefandezza, passata presente e futura. Un capro espiatorio. Come Re Giorgio a Tempio, come Cancioffali a Cagliari.
C’è in questa vicenda dei Giganti tutta la fragilità della nostra cultura, delle nostre classi dirigenti, della nostra opinione pubblica, che si muove su input del potere politico e manco se ne accorge.
Quante battaglie in Sardegna nascono dal basso e vengono oscurate da giornali e politica? Qui invece è la stessa politica a organizzare questa magnifica messinscena, con quello che resta del mondo indipendentista (inesistente nelle istituzioni come nella società) a fare da chierichetto a questo rito patetico.
E infatti alla fine a mettere il cappello su una battaglia ridicola il presidente della Regione Christian Solinas, come a ricordarci che dove c’è il nulla, lui non può mancare.
I Giganti in questione erano letteralmente buttati da anni in una sala del museo di Cabras. La soprintendenza ha deciso finalmente di restaurarli. Quello che è successo dopo è solo la fotografia di un’isola che ha perso la bussola. E che in tempo di pandemia festeggia questo tragico carnevale con le maschere più ridicole che ha. |
Direi che si tratta di un articolo ingeneroso; seguo Vito da tempo e ne apprezzo la acutezza dell’analisi ma in questo caso (come in altri in cui tratta lo stesso argomento, ha proprio toppato, come quando ha dato credito ad una inesistente querelle Cagliari – contro tutti (o viceversa). Non va al fondo della questione: che non è strettamente legata al fatto tecnico del restauro ma al rapporto – da molti anni in crisi – tra la visione centralista e talvolta autoritaria di una struttura (“etereo, lontano, dalle competenze sconosciute ai più, slegato da tutte le appartenenze politiche locali”, come definisce le Sovrintendenze) e il bisogno profondo dei Sardi di capire, conoscere, interpretare e diffondere la nostra storia. I fatti legati a Monti Prama non nascono con il restauro ma con ormai decenni di narrazioni ambigue e dei troppi vuoti informativi quando non sono censure (il cambio del nome da Giganti ad Eroi, costato invano molti denari) per evitare risalite di sangue nella testa degli indipendentisti (?). C’è un serio problema di rapporti e di “leale collaborazione” che trova la conferma nelle parole di Franceschini appena rinominato che scrive “quasi tutte” le Statue torneranno a Cabras: quale progetto? quale visione? Quale peculiarità storica rispettata rispetto ad es. ai Bronzi di Riace? Insomma: mi piacerebbe che si discutesse dell’architettura istituzionale in cui sembra che la riforma del tit. V della Costituzione italiana (altro che indipendentismo) non abbia disegnato una parità di rappresentanza della Repubblica italiana tra Stato, Regioni, Comuni e Città metropolitane e il fondamento di una sussidiarietà leale e fattiva collaborazione che in questo caso, mi pare che manchi proprio, da una sola parte.