A proposito di “autonomia” e di “confine” [di Franco Meloni]
Se, a proposito di fenomeni microscopici, uno studente mi parlasse di “traiettoria di senso”, verrebbe immediatamente fulminato, con velocità prossima a quella della luce, e costretto a scrivere sulla lavagna cento volte il principio di indeterminazione di Schroedinger. Quando Gavino Sale usa le stesse parole, capisco e sorrido. Se dovessi scegliere tra un sovranista e un federalista con tendenze indipendentiste, magari con un passato autonomista, sarei in imbarazzo. Michela Murgia definisce come debole il termine autonomia, capisco e rinnovo, magari dopo le ultime votazioni parlamentari, la rabbia. Il termine “confine” mi fa venire l’orticaria e ricordo che per Gorizia la mattina del cinque di agosto si moriva gridando assassini. Caro Silvano, per me confine si associa a sistema chiuso, e Prigogine fa intravedere la sua inefficacia nei sistemi termodinamici naturali, quindi reali. Matte Blanco fa bilogicamente un’operazione che interpreto, sempre per la mia devianza quantistica, come sovrapponente in modo indecidibile l’osservato con l’osservatore, anche quando non sono entrambi microscopici. E sempre a proposito di sistema chiuso, autonomo, quando voglio fare un’operazione di verifica dei miei limiti, gonfiati impropriamente da una supponenza pseudo culturale, cerco di immaginare un cubo a quattro dimensioni, che forse è il primo tassello per avvicinarsi alla definizione della forma dell’universo. Avverto immediatamente i miei limiti e compio un sano ritorno agli alberi dai quali siamo precocemente discesi. Ma se all’alta fantasia qui mancò possa, continuiamo a cercare, nel vaso di Pandora, la speranza, magari intessendo trame che costruiscano un sano e forte tessuto politico. *Fisico. Università di Cagliari
|