Gioachino Rossini a Sàrdara [di Pier Giorgio Testa]
Ci sarebbe voluta la penna di Beaumarchais e di Sterbini per poter riprodurre la descrizione o almeno ciò che la stampa regionale, con l’articolo di Francesco Pinna e l’informazione nazionale hanno cercato di offrirci su quelli che passeranno alla Storia, nientemeno, come “I Fatti di Sardara”. E’ un evento questo che, lungi da meravigliare, suona una conferma di come una classe politico-amministrativa abbia perso ogni fantasia creativa per il miglioramento della Sardegna, senza che si passi attraverso le solite cose, da altre parti ora neglette, quali consumo del territorio con “aumento della recettività abitativa”, che stante il declino demografico è proprio inderogabile o l’avvio di industrie inquinanti, respinte da altre regioni e ricorda solamente di doversi impegnare toto corde nel far di tutto per mantenere una poltrona, con pingue stipendio annesso. Immaginare le forze dell’Ordine piombare inattese, durante le restrizioni di una zona allora arancione, su un folto gruppo di pranzatori, formato, parrebbe, da Dirigenti di pubbliche amministrazioni e amministratori regionali e comunali sardi, ci ha mosso poca indignazione e una grande risata. Come detto nessuna meraviglia: di Conclavi di questo tipo, forse organizzati per disquisire del Giudizio Sintetico a Priori, ne abbiamo avuto gran sentore in tutti i tempi, solo che non capitava mai che venissero interrotti “sul più bello”. Questa volta però, per colpa del Covid, maledetto sia!, ( maledetto?), le Fiamme Gialle sono intervenute e da lì il ricordo della fine del primo atto de Il Barbiere di Siviglia di Rossini su libretto, appunto di Sterbini, dalla commedia, allora rivoluzionaria di Beaumarchais. La scena è tra le più buffe di quest’opera lirica, già di per sé definita buffa: a casa del vecchio Don Bartolo, innamorato di Rosina, che a sua volta si strugge per Lindoro, in questo aiutata da Figaro, nasce un parapiglia con agitazione e chiasso che vengono interrotti da un forte bussare all’uscio. Tutti in casa zittiscono e qualcuno chiede: “Chi è?” Da fuori gendarmi, impersonati dal coro, cantano: “La Forza, la Forza, aprite qua, aprite qua”. Dentro, spaventatissimi cantano sottovoce: “La Forza… fuggiamo”; poi capiscono di non aver niente da temere dalla Forza e, spontaneamente fanno entrare i gendarmi. A Sardara non è successo così: compresa la malaparata i rappresentanti della classe Digerente, si sono affrettati a fuggire, si dice anche dalla finestra di un bagno, mostrando di avere, dunque, molto da temere e un elevato grado di dignità, da mostrare come ci si comporta di fronte alla Legge, per cui solo qualcuno è stato identificato. Fulgido esempio di attaccamento alle istituzioni della Repubblica! |