Il British e le razzie nei musei [di Maria Antonietta Mongiu]

ICCD Sigec - Regione Sardegna

L’Unione Sarda 11 marzo 2021. La città in pillole. Quanto accade a Cabras per le statue di Mont’e Prama non è un rivendicazionismo dell’ultima ora. Il tema della musealizzazione di un manufatto in un luogo altro da quello del rinvenimento e della restituzione, è annoso e ha precedenti illustri. In questo caso, la Fondazione in itinere sarà un’esemplare azione che oltrepassa l’isola, non solo per le implicazioni degli oggetti in questione o del patrimonio archeologico sardo.

Fece scalpore, nel 1998, lo studioso inglese William St. Clair quando pubblicò “Lord Elgin and the marbles”. Denunciò quanto era noto. I marmi del Partenone, donati o depredati, ai primi del 1800, dall’aristocratico Lord Elgin e rivenduti al governo inglese, magnificamente esposti al British Museum di Londra, erano stati addirittura rovinati, con assoluta disinvoltura, negli anni 30 del 1900.

I responsabili del British erano stati meno accorti di Canova che, contattato da Elgin, declinò la possibilità di integrare e persino di “sfiorare” quei capolavori che, sognati da Pericle nel Partenone, furono realizzati nel V sec. a. C. sotto la regia di Fidia.

Nell’aggressivo restauro, ancora in voga nelle periferie culturali, le superfici erano state abrase con l’eliminazione della patina del tempo e delle tracce della policromia originaria. Un manieristico gusto neoclassico e la convinzione che, nel mondo antico, le statue fossero prive di colore, le fece diventare bianche come mai prima.

Il lavoro di St. Clair sul misfatto, fece cadere le motivazioni che per decenni avevano giustificato la razzia: salvare i marmi dal degrado dopo l’occupazione ottomana di Atene nel 1453. Ma lo spoglio era iniziato prima e proseguito ben oltre la liberazione della Grecia.

Non c’è neanche questa foglia di fico che giustifichi le razzie ottocentesche nel Sinis, per mano di Lord Talbot e di Lord Vernon, perché non diversamente fecero gli abitanti di Cabras “quasi presi a furore, per la smania di trovarvi l’oro, presero a penetrare in quegli inviolabili ipogei […] per passare da una tomba all’altra, in cui perì uno schiacciato”, scrive G. Spano, che scavò con gli aristocratici inglesi e fu, con loro, ospite del marchese Boyl a Milis.

Che dire di quel G. Cara, Direttore del Museo di Cagliari, che rivendette centinaia di reperti scavati a Tharros. Abitano molti musei europei; non solo quelli di Cagliari o di Oristano o di Cabras. Sarà una svolta quando questi luoghi della memoria sarda e mediterranea racconteranno anche la controstoria. Il British Museum ha iniziato.

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