L’Opera torna …[di Franco Masala]
La prima emozione è l’applauso del pubblico all’ingresso del direttore anche se non lo si vede data la collocazione degli spettatori soltanto nelle due logge. La seconda sono gli applausi a scena aperta che sottolineano, finalmente, lo spettacolo dal vivo con l’interazione tra interpreti e pubblico. È il Don Pasquale di Donizetti a riannodare il filo tra teatro Lirico di Cagliari e pubblico dopo quindici mesi di chiusura forzata. Opera buffa ma tendente al serio in una concatenazione di arie, duetti e concertati secondo un’inventiva sorprendente che diverte e distende: quel che ci voleva, insomma, per ricominciare. Unico rammarico la sola recita che ha impedito anche una replica, garantendo l’accesso soltanto a quattrocento spettatori debitamente distanziati. Speriamo veramente si tratti della ripresa definitiva. La rappresentazione ha visto la partecipazione di un pubblico attento, alla fine salutato da poche parole del sovrintendente Colabianchi, finalmente rivoltosi agli abbonati dopo mesi di silenzio. Il maestro Francesco Ommassini ha diretto in modo encomiabile e partecipe, nonostante l’avvio problematico della sinfonia caratterizzata dal suono esagerato di fiati e percussioni contro gli archi, data la disposizione dell’orchestra in mezza platea. Ha avuto buon gioco invece la tromba di Luigi Corrias che ha introdotto, direttamente sul proscenio, la sognante aria del tenore in apertura del secondo atto. Omogenea e brillante la compagnia di canto capeggiata da Paolo Bordogna, un protagonista più dolente che farsesco con una linea di canto efficace e sobria. Vincenzo Taormina ha dato al dottore deus ex machina il giusto rilievo vocale e attoriale mentre la coppia amorosa ha segnato il graditissimo ritorno di due cantanti: Marco Ciaponi, già ottimo Don Ottavio nel 2019, ha cesellato la sua parte con una dinamica fatta di lunghe arcate e mezzevoci; Lavinia Bini, emozionante figlia della Ciociara nel 2017, debutta nel ruolo di Norina mostrando fresca vocalità e felicità di attrice. Notaro di lusso e caricaturale Alessandro Abis. Ha convinto meno la regia di Antonio Albanese che ha spostato l’azione dalla Roma papalina del primo Ottocento ad un’azienda vitivinicola del Veronese di oggi. Al di là dell’onnipresenza di personaggi con bicchieri in mano, l’ambientazione è rimasta un po’ appesa per aria senza grandi giustificazioni circa lo spostamento. Le scene di Leila Fteita, i costumi di Carola Fenocchio e le luci di Andrea Ledda hanno completato lo spettacolo che si è avvalso anche dei pochi interventi del Coro del Lirico, peraltro in mascherina. Ora attendiamo il seguito. *foto di Priamo Tolu © |