“Identy Men” e la difesa del patrimonio [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione sarda 15 luglio 2021. La città in pillole. “Da molto tempo non leggevo un libro così affascinante, avvincente e profondo per l’intensità con cui la narrazione si coniuga con l’analisi densa di significati plurimi, presentati al lettore con l’intreccio tipico dell’alta storiografia”. Così Giulio Sapelli nella Prefazione di Identity Men. Gli uomini e le donne che hanno difeso il patrimonio culturale italiano (1943-1951) di Alberto Meomartini e Andrea Villa (Firenze 2021). Come non dargli ragione? Si potrebbe aggiungere che pochi libri come questo, riempiono di speranza e di energia. Il perché sta nel contenuto e nel modo con cui è svolto. Come capita ai veri storici, irriducibili nell’inchiesta e nell’analisi, dalla solida esperienza di esploratori di archivi, si avventurano in un tema, a tutta prima, laterale ma chiave di volta in ogni vicenda bellica. Si chiama saccheggio. Sapelli lo accenna perché è il vero filo rosso che traccia la vicenda di uomini e di donne che, durante il secondo conflitto mondiale, riuscirono a contenere una pratica tanto esecrabile quanto antica e perdurante. L’archeologia documenta la matericità della damnatio memoriae anche per fasi precedenti quell’Omero che nell’Iliade vestì di parole il massimo disconoscimento del nemico: distruzione o rapina della sua cultura materiale e sua riduzione in catene. Estrema sintesi di un saccheggio. Distruggere le testimonianze di una cultura; fare strame di un corpo; impedirne la sepoltura; ridurre in schiavitù, sono documentati da mille racconti in diversi alfabeti, rilievi; decorazioni, in vasi o nelle pareti; complessi scultorei; scavi, specie in luoghi abbandonati; oggi, drammaticamente, nuove tecnologie. Il saccheggio costruisce memoria distruggendo l’altro da sé. I Monuments, Fine Arts and Archives (noti come Monuments Men) da una parte e un’infinità di funzionari, impiegati, sacerdoti, persone comuni, di diversa fede politica, di cui parla il libro, lo hanno impedito, durante la guerra e il secondo dopoguerra. La loro azione ha messo in sicurezza il patrimonio artistico e culturale. Accadde anche a Cagliari, dove visse Doro Levi, cacciato, nel silenzio generale, per le leggi razziali, come spesso qui ricordiamo. C’è molto da fare per ricostruire le vicende delle collezioni del Museo archeologico e di quanti ne furono leali difensori, a partire da Levi. La Sardegna e Cagliari ebbero il privilegio di avere come cittadino, docente, archeologo uno dei fondatori e dei più insigni Monuments Men. Leggere Identity Men rinfresca la memoria. |