Ritorno al Lirico in sordina [di Franco Masala]
È toccato al più giovane di una rinomata famiglia di musicisti russi – Dmitri Jurowski – il compito di re-inaugurare il teatro Lirico di Cagliari con un concerto straordinario che prevedeva il 100% della capienza della sala. Aspettativa che non c’è stata così che occorre chiedersi il perché. Prima, però, è il caso di lodare la prova del giovane direttore che ha impaginato un programma tutt’altro che consueto (forse concausa della scarsissima affluenza?) a cominciare dall’ouverture Genoveva sola sopravvissuta dall‘unica opera lirica di Schumann. Poi la Suite n. 4 in Sol maggiore “Mozartiana” di Čajkovskij che prende spunto da pezzi del grande compositore austriaco, sviluppandosi con delicatezza attraverso le variazioni che Jurowski ha centellinato con grazia e morbidezza, adattissime alla bella partitura tutt’altro che frequente nei programmi sinfonici come la Seconda sinfonia in la minore op. 55 di Saint-Saëns. Noto soprattutto per il Samson et Dalila, in realtà il musicista francese ha lasciato innumerevoli partiture in tutti i campi che rendono forse difficile una sua collocazione ma che, nel pezzo odierno, frutto di un autore ventiquattrenne, mostra una perizia strumentale, risultata di grande interesse anche nel Prestissimo finale. L’orchestra è finalmente priva dei gabbiotti in plexiglas che l’hanno accompagnata nei lunghi mesi di restrizioni e per ora è a livello della platea in attesa di tornare in buca per gli spettacoli operistici. Rimangono per il pubblico le altre precauzioni (mascherina, misurazione della temperatura, igienizzazione e esibizione del green pass). Diventa perfino imbarazzante riferire del successo proporzionato allo sparuto gruppo di spettatori che occupava poche poltrone della sala, in teoria tornata ad accogliere il tutto esaurito. Scelte sbagliate? Disabitudine degli spettatori ad una serata teatrale? Prezzi invero alti per un ritorno a teatro (60 €)? L’assenza in massa degli abbonati “storici” del teatro induce però a qualche riflessione sulla necessità di strategie comunicative e di fidelizzazione che dovrebbero avere il compito di recuperare il pubblico e di invitarlo a ri-frequentare assiduamente il teatro. Non sarebbe stata meglio, per una volta, una manifestazione “nazional-popolare” a prezzi stracciati anche per indurre chi raramente o mai si reca a un concerto classico a frequentare il teatro? Sperare di riempire la sala con un programma certamente raffinato ma di nicchia si colloca come un errore che dovrà far meditare sulle scelte future, attese ormai da lungo tempo. *foto di Priamo Tolu |