E ora avanti con più forza [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 5 novembre 2021. Il Commento. “Vanno vengono [..] e quando si fermano sono nere come il corvo. Certe volte sono bianche e corrono [..] certe volte ti avvisano con rumore [..] e magari si fermano tanti giorni/che non vedi più il sole e le stelle/ e ti sembra di non conoscere più il posto dove stai[..] per una vera mille sono finte/e si mettono lì/tra noi e il cielo/a lasciarci soltanto una voglia di pioggia”. Come dimenticare la poesia di Alda Merini che Fabrizio De André fece recitare a Lalla Pisano e Maria Mereu. La loro voce è così antica da far sembrare il recitativo una nostra tradizione ancestrale, situato com’è in una dimensione atemporale e inattuale. Pertanto, quel suono sembra il più adatto a raccontare il nostro tempo. De Andrè sostenne che quelle voci rappresentano la madre terra che rimane fissa. Un’invarianza rispetto alle nuvole che, pur fatte di niente, condizionano le nostre vite. Siamo fatti di parole. Senza, non costruiamo pensieri. Quelle di Alda Merini risuonano nella mia mente oggi, dopo la votazione in Senato, come nel luglio del 2017 quando Pierpaolo Vargiu, Massimo Fantola e Roberto Frongia mi proposero di lavorare per il reinserimento del principio d’insularità in Costituzione. Che c’entra con quelle parole? Molto. Il più celebrato cantautore italiano, con l’immaterialità del suono di due voci sarde naturali, è riuscito a raccontare l’ossimoro in cui si dibatte la Sardegna quando si tratti di temi fondanti. Compresa l’insularità. Essendo la Sardegna un’isola, l’insularità e il suo riconoscimento non sono forse una tautologia? Nella realtà, tutt’altro. Il nodo sul tavolo non era e non è, infatti, solo costruire reti, network, think tank quanto ritornare ai fondamentali. Hegeliani prima, relativi alla dialettica del riconoscimento dei diritti e dei doveri, principio della democrazia, e gramsciani poi, sulla relazione tra classi dirigenti e subalterne o, comunque, con le comunità. Bisogna intanto ammettere che l’insularità è stata percepita, da sempre, in forma passiva, nel senso proprio gramsciano quando si riferisce a come le classi dirigenti meridionali hanno percepito la modernità. Insularità come stigma, finanche nelle trivialità punitive delle barzellette, fondate, come ogni luogo comune, su tradizioni storiche, dagli esili dei Romani ai confini fascisti. Il passo verso l’autostigma, è sempre breve. Questa, la storia. Il linguaggio è la forma con cui la si costruisce. Sarà proprio Gramsci che, rifondandone la filosofia, ha fornito la cassetta degli attrezzi per leggere la declinazione degli autostigmi, ammessi o negati, e per oltrepassarli, grazie a diversi vocabolari, all’istruzione e a dosi massicce di pedagogia sociale. Ecco la vera scommessa. Oltrepassare la scena politica di un’insularità immaginifica che ha difficoltà a confrontarsi con la concretezza di un’isola, abitata da uomini e donne che devono avere pari opportunità, come da Costituzione, e, di conseguenza, istruzione, formazione, sanità, accessibilità, non diverse da qualsiasi altro cittadino, italiano o europeo. Oggi, così non è. Nella realtà, un’insularità che, per tabulas, ha ignorato la realtà agita. Di conseguenza un Sardegna mitologica, in cui si è attardata parte della classe dirigente sarda e non solo quella politica. L’insularità, come le nuvole di Alda Merini, ha abitato, nei decenni, le sedute del Consiglio regionale; ma pure convegni; viaggi a Bruxelles o in altre isole del Mediterraneo; alleanze trans insulari negli anni dell’Autonomia e della Rinascita. Come le nuvole della Merini, il tema ogni tanto ritornava ma lasciava “soltanto voglia di pioggia”. Sono passati molti giorni e molto è accaduto dall’estate del 2017. Soprattutto, la morte di Roberto Frongia. Abbiamo intrapreso un percorso di autocoscienza, scegliendo il dibattito pubblico con le classi dirigenti ma, in particolare, con quanti nelle diverse realtà dell’isola vogliono essere attivisti di una discussione senza pregiudizi. Ricreando sempre comunità educante, avremo trovato la via d’uscita. Per la Sardegna e i Sardi e anche per chi prendeva distanze da questo metodo di coinvolgimento dal basso. Quello in corso è prima che un esperimento politico e sociale, un vero e proprio esperimento culturale. Tutt’altro che astratto. Una rivoluzione che consiste nella possibilità che si possano cambiare dizionari, paradigmi, punti di vista, sguardo su di noi e sugli altri. Essere operativamente gramsciani, anche quelli che non lo hanno mai letto. Che fare da domani? Che fare dopo essere stati danneggiati da sempre dal disconoscimento di pari diritti? Continuare ad essere più consapevoli con leadership e classi dirigenti credibili. Quanto abbiamo visto in Senato fa sperare. Continuiamo il dibattito pubblico con un’Agenda su temi concreti attraverso il percorso il percorso che era già iniziato nel novembre del 2019 “Per una insularità consapevole” per costruire un progetto condiviso di futuro che questo giornale ha adottato. Chiunque voglia, ne sarà protagonista. *Presidente del Comitato scientificio per l’insularità in Costituzione |