Guerre prossime venture [di Pier Giorgio Testa]

Una narrativa di alcuni anni fa riteneva probabile la guerra tra paesi ricchi e paesi poveri; invece, qualcuno nel ’70 riteneva che l’urgenza di risolvere i danni causati all’ambiente avrebbe coagulato intorno a questo tema l’interesse di Stati diversi anche, fino ad allora, nemici o ideologicamente opposti.

A ben vedere che cosa capita oggi, parrebbe che entrambe queste due teorie fossero sbagliate, essendosi realizzata una bella confusione tra i parametri fondanti ognuna di esse. Oggi i Paesi veramente ricchi, lo sono, perché  potenti, in quanto  posseggono o regolano la diffusione delle materie prime e gli altri, tra i quali Italia, Danimarca, Spagna ed anche la stessa Germania, posseggono una ricchezza, relativa esclusivamente alla capacità, talora genialità, nel  trasformare la materia, per renderla oggetto commerciabile in plus valore.

Però questa ricchezza è del tutto fragile ed effimera, se si suppone la possibilità che chi possiede o governa le materie prime, possa di queste bloccare la vendita, lasciandoci, si potrebbe dire, in braghe di tela.

Il vero concetto di “ricco” è dunque legato al fatto che se l’Italia fonda il proprio benessere sull’acquisto delle materie prime, tale acquisto che non fa altro che rendere i Paesi detentori non solo più ricchi, ma anche più potenti. Si capisce che l’embargo sul gas russo tende a renderne inesistente il valore, non potendo più essere oggetto di scambio e, di conseguenza, il potere internazionale di questa Nazione verrebbe penalizzato.

Altrettanto dicasi per gli USA che vendendo aerei a tutti, non solo soddisfa la propria industria aeronautica, ma anche il commercio del petrolio per far volare gli stessi aerei. Sembra chiaro quindi che, le materie prime che danno a chi le possiede, maggior ricchezza siano essenzialmente combustibili fossili. Se la cultura ambientalista dei nostri Paesi fosse in grado di permeare quella dei Paesi detentori, fra i quali il maggiore sembrano essere gli USA e si superassero le teorie secondo cui la colpa del riscaldamento globale è delle mucche o delle tempeste solari o dei movimenti termici al di sotto della crosta terrestre, si capirebbe che a riscaldare  la Terra sia la combustione di fossili, dei quali bisognerebbe bloccare l’utilizzo anche perché causa ora dell’aumento di malattie neoplastiche e domani della morte di tutti gli esseri viventi.

Immaginiamo le reazioni se si volesse ricorrere a provvedimenti drastici? Eppure, appaiono inderogabili soluzioni quali la riduzione dei voli legati al turismo, almeno per quel tempo necessario per l’adozione di energie alternative o la sospensione immediata dei lanci in orbita di annoiati miliardari americani, che per togliersi il ghiribizzo di vedere la rerra dallo spazio, immettono in atmosfera milioni di metri cubi di gas di scarico o contingentare le vendite delle automobili, che fermerebbe il consumo di combustibili fossili gravemente cancerogeni.

Ecco se si potesse proporre ai Paesi ricchi, ma non potenti, di chiedere soltanto queste risoluzioni, si vedrebbe l’inizio di una nuova forma di guerra, posto che non sia già in atto e che, distratti dal nostro benessere, abbiamo visto quanto sia appeso a un filo, non l’abbiamo capito o se l’abbiamo capito abbiamo trovato più comodo non reagire.

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