Paesaggi perduti? [di Franco Masala]
*Di seguito la Relazione integrale tenuta da Franco Masala, Storico dell’architettura/Presidente dell’Associazione Amici del Museo archeologico nazionale di Cagliari, nel corso del Terzo Seminario di Minima Juridica: Aspetti giuridico – legislativi della tutela del paesaggio (III). Il Seminario, organizzato, sabato 30 aprile 2022, dall’Associazione Amici del Museo e dal think tank Sarda Bellezza, si è svolto nell’ex Regio Museo, Piazza Indipendenza, Cagliari. Gli ordini di tutela riguardanti alberi millenari e i resti di Taormina, emanati dal vicerè di Sicilia nel 1745 (http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/24445), valsero a inserire l’isola nel Grand Tour, definitivamente sancito con la pubblicazione del Viaggio in Italia di Wolfgang Goethe ai primi dell’Ottocento. La Sardegna fu invece sostanzialmente estranea al viaggio che completava la formazione di aristocratici, artisti, letterati, che scendevano in Italia per conoscere le sue bellezze, e soltanto dopo l’epopea napoleonica, conobbe i primi viaggiatori, attratti dall’”esotismo” di usi, costumi, tradizioni e paesaggio come avveniva per altri luoghi del Mediterraneo (Spagna, Corsica, Malta) non a caso accomunati, talvolta, nel viaggio da uno stesso forestiero. Non si può non ricordare Alberto Ferrero della Marmora che nel suo Voyage en Sardaigne, pubblicato nel 1826, prestò attenzione anche agli aspetti geologici e minerari. Il viaggio in Sardegna venne certamente favorito dalla sistemazione della Strada Reale Carlo Felice che proprio duecento anni fa, il 6 aprile 1822, partì dalla collocazione della colonna miliare tuttora visibile nella piazza Yenne di Cagliari. Dieci anni dopo Giuseppe Cominotti e Enrico Marchesi pubblicarono la Raccolta di N. XVI vedute che consentiva di conoscere i paesaggi sardi attraversati dalla strada che ricalcava l’antica romana a Karalibus Turrem Lybisonis. Da allora sono frequentissime le vedute di paesaggi sardi, urbani e non, che ritraggono vari luoghi ricorrendo prima ai dipinti e poi alla fotografia. Si ricorda, per esempio, Giuseppe Verani, ufficiale del Regno di Sardegna al seguito di Vittorio Emanuele I durante l’occupazione francese del Piemonte, che più tardi, nel 1841, rappresentò Cagliari dal bastione del Palazzo Regio, mostrando Villanova e l’insieme di pianura, colli, stagni e mare che formavano l’ambiente fisico della città e che oggi sono completamente diversi, assediati dall’espansione successiva alla Seconda guerra mondiale. Non sono meno significative le prime fotografie scattate nell’isola dal francese Edouard Delessert, scrittore e pittore, che nel 1854 pubblicò le prime 40 vedute fotografiche dell’isola, riguardanti non soltanto ambienti urbani ma anche tratti di paesaggio come i fichi d’India e gli ulivi secolari nell’agro di Sassari. Ancora le campagne di scatti di Vittorio Alinari che durante il primo viaggio in Sardegna del 1913 fotografò non soltanto monumenti e opere d’arte (chi non ha studiato sui manuali recanti fotografie dei “Fratelli Alinari, Firenze”?) ma anche splendidi monumenti naturali come le “Colonne” di Carloforte. Per terminare con la serie di vedute di Cagliari e dell’hinterland riprese dal dirigibile Ausonia, bottino derivato dalla sconfitta della Germania dopo la Grande Guerra e scattate nel maggio 1921: la più straordinaria è forse quella che riprende il Castello sull’asse S-N fino a Pirri in un territorio attraversato dall’attuale viale Ciusa ancora affiancato da campi coltivati e privi di costruzioni. Proprio in quegli anni si avviava a conclusione la predisposizione della prima legge italiana sulle bellezze naturali, presentata al Senato del Regno nel 1920 da Benedetto Croce, ministro della Pubblica Istruzione, dicendo che bisogna «porre finalmente un argine alle ingiustificate devastazioni che si van consumando contro le caratteristiche più note e più amate del nostro suolo […] difendere e mettere in valore le maggiori bellezze d’Italia naturali e artistiche». Ciò si concretizzò nella L. 11 maggio 1922, n. 778 (Provvedimenti per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico), ripresa nel 1939 dalla L. 1497 fino a confluire nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (c.d. Codice “Urbani”) adottato nel 2004 e tale da recepire il concetto di paesaggio “come è percepito dalle popolazioni” capace di abbandonare la vecchia concezione del “bel quadro” in base alla Carta di Firenze emanata dalla Convenzione europea del paesaggio (2000). In altri termini sono le basi dell’art. 9 della Costituzione (1948) che dice «La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione» e che recentemente ha aggiunto un comma riguardante “ambiente, biodiversità ed ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni” e il rapporto tra salute e ambiente inserito nell’art. 41, pure esso modificato pochi mesi fa (http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/244380). Il Piano Paesaggistico Regionale della Sardegna recepì, primo in Italia, la percezione del paesaggio come un elemento fondante (2006). Paesaggio che è una preziosa risorsa della Sardegna che, tuttavia, una volta esaurita, è persa per sempre. Si tratta di paesaggi montani e costieri – dal Supramonte di Oliena alle falesie di Nebida o al litorale sabbioso di Tuerredda; sono paesaggi naturali e vissuti non sempre correttamente come S’Archittu o Castelsardo dove una colata di costruzioni ha cancellato vigneti e coltivazioni sotto la rocca, ancora visibili all’indomani della Seconda guerra mondiale. È paesaggio alterato quello frutto del consumo sconsiderato del territorio con lottizzazioni disperse su ampie superfici per case, spesso abitate solo d’estate; o quello dei mostri “spiaggiati” come la Marmorata, o le case di ispirazione pseudo “mediterranea”, secondo i principi delle “architetture delle vacanze” che fecero coniare a Vico Mossa l’espressione “architettura smeraldina” con colori e soluzioni edilizie discutibili, e dubbie reinterpretazioni di soluzioni tipiche come l’arco o i ballatoi. Naturalmente non mancano le “calamità naturali” che tanto naturali non sono quando si pensi al disboscamento o all’imbrigliamento di fiumi voluti dall’uomo o agli abusi edilizi assai diffusi che concorrono a definire ampi disastri con una sequenza che va dall’esondazione del rio S. Gerolamo a Capoterra (2008) al crollo del ponte di Oloè con la morte di un poliziotto (2013), dalle periodiche inondazioni del Poetto agli incendi devastanti dell’estate scorsa nel Montiferru. A questo punto i paesaggi – che sono testimonianza di vita e di cultura – sono perduti? O si può cancellare il punto interrogativo dell’assunto iniziale? *Cagliari dal dirigibile Ausonia, 1921 (Comune di Cagliari, Fondi digitalizzati) ©
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