Per la Svezia la rinuncia alla neutralità è la fine di un modello [di Nicolò Migheli]
L’ultima guerra combattuta dagli svedesi fu nel 1814 quando si annetterono al Norvegia. Durante le guerre napoleoniche la Svezia sconfitta dallo zar perse la Finlandia. Da allora la neutralità di quel regno fu una scelta politica che divenne imperativo morale. Durante tutto l’Ottocento e il Novecento gli svedesi riuscirono a tenersi fuori da ogni conflitto europeo e dalle due guerre mondiali. Scelta confermata durante tutta la guerra fredda, armati ma neutrali. La politica estera improntata alla ricerca del disarmo nucleare, alla scelta di un ruolo di mediazione tra i due blocchi. Una delle figure che meglio rappresentarono quelle posizioni fu quella di Dag Hammarskjöld segretario generale dell’Onu, deceduto in un incidente aereo in Congo nel 1961 mentre cercava di mediare tra le fazioni della guerra civile che insanguinava la ex colonia belga. Le cause di quell’incidente non vennero mai chiarite, forse fu un attentato. Il diplomatico ebbe il premio Nobel per la pace postumo. L’altro personaggio che ebbe grande notorietà internazionale fu Olaf Palme. Con lui la socialdemocrazia svedese propensa al disarmo ebbe riconoscimenti ovunque. Rappresentava un modello di società inclusivo, sociale, alternativo al liberismo radicale e al socialismo di matrice sovietica, accolse rifugiati politici di tutto il mondo, impegnò fondi consistenti in aiuti in Africa, Asia e America Latina. Nel contempo la Svezia in quegli anni si pose come mediatrice in numerosi conflitti. Palme venne assassinato nel 1986. L’autore e le cause sono sconosciuti. Alcuni ipotizzarono l’azione di un lupo solitario, altri l’intervento della rete stay behind sconosciuta al governo e installata dagli Usa con il consenso dei conservatori timorosi di una invasione sovietica. Tra i mandanti si fece anche il nome di Licio Gelli. Durante tutta la Guerra Fredda la Svezia mantenne un apparato militare efficiente basato sulla leva come tutti gli altri Paesi europei. Stoccolma divenne esportatrice di sistemi di armamento. I caccia Saab e le artiglierie vennero vendute ovunque, anche se con il discrimine dei Paesi coinvolti in conflitti. Però la loro disinvoltura nel trattare quegli affari non fu inferiore ai concorrenti. Nel 1986 la Svezia vendette all’India 400 cannoni FH 77. Vendita bloccata nel 1991 perché la Bofors venne accusata di pagare tangenti a membri del governo indiano. Venne coinvolto il mediatore italiano che aveva trattato la commessa vicino a Sonia Ghandi e al marito Raijv. Nessun processo per quei fatti è stato mai celebrato, il mediatore Quattrocchi si è reso irreperibile alla giustizia indiana. Il mondo della vendita di armamenti ha molte zone grigie, per cui non è escluso che le tangenti ci siano state. La Svezia è anche la terra del Premio Nobel per la Pace, ha uno degli istituti più prestigiosi sul disarmo, il Sipri, l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma, fondato nel 1966 nella ricorrenza dei 150 anni di pace. Oggi quell’istituto è una delle fonti più autorevoli sugli armamenti. Le provocazioni sovietiche prima e russe poi non sono mai mancate. La più famosa quella che nelle cronache internazionali è conosciuta come Whiskey on the rocks. Il sommergibile S-363 sovietico- nome Nato della classe Whishey- si incagliò sulle rocce della base navale svedese Karlskrona. Una delle tante violazioni degli spazi marittimi e aerei di quel periodo, che sono riprese negli ultimi 10 anni. Tanto che la Svezia che con la Finlandia ha un rapporto strettissimo, ha ripristinato la leva, aumentato sensibilmente il suo bilancio della difesa, adeguato lo strumento alle nomenclature, metodologie, e tattiche Nato. La stessa postura internazionale è cambiata. Non più solo missioni Onu di interposizione ma anche schieramenti in ambito Ue. A gennaio di quest’anno, ha ritirato il proprio contingente dalla missione Takuba in Sahel per il rischio, non remoto, di doversi confrontare con la PMC russa Wagner. Il 24 febbraio 2021 con l’invasione russa dell’Ucraina cambia tutto. Per cui Stoccolma con il voto dei socialdemocratici, prima contrari, chiede di aderire alla Nato rinunciando alla neutralità. La premier Magdalena Andersson afferma: Siamo vulnerabili. È la decisione migliore per la sicurezza del popolo svedese. Una scelta storica che è anche un mutamento culturale. Mentre in Finlandia l’entrata nell’Allenza è approvata da circa l’80% dei cittadini, in Svezia i favorevoli sono solo il 51%. Comprensibile che vi sia un dibattito sostenuto tra favorevoli e contrari. Non è solo far parte della Nato, è un mutamento sostanziale dell’identità svedese. Non si rinuncia facilmente alla propria storia, all’essersi definiti come operatori di pace, se non vi fosse una minaccia concreta alla propria indipendenza. Putin afferma che al Svezia e la Finlandia non costituiscono per lui un pericolo, peccato che per i suoi vicini il pericolo sia lui.
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