La necessità dell’archeologia preventiva [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 10/03/2022. La città in Pillole. Cos’è la Forma Urbis? La forma della città. L’archetipo è una pianta di Roma, in lastre marmoree incise, elaborata sotto Settimio Severo. Nato a Leptis Magna, mezzo punico e mezzo berbero, l’imperatore, rimase al potere dal 193 al 211. Gli si riconoscono innovazioni sul ruolo della figura imperiale, dell’esercito, della monetazione, del Senato. Ma anche la creazione del cosiddetto fiscus, un fondo nella disponibilità dell’imperatore. Una res privata; altro dall’aerarium, la cassa pubblica. La Forma urbis, rielaborazione di una precedente, non è, per le implicazioni, da meno delle più note innovazioni severiane. Inerirà, come le altre, oltre la fine dell’impero. Si trattava di una mappa catastale a muro; versione monumentale di quella, modificabile, in papiro. La Forma, modello replicabile, era riferimento per gli assetti proprietari e per il sistema fiscale. Specie quando l’anno successivo, alla sua morte, il figlio Caracalla, che gli sopravvisse sei anni, concedette la cittadinanza romana ai cittadini dell’impero. Quelli liberi. Cittadinanza, fino ad allora, degli abitanti della penisola e di alcune città, tra cui Cagliari. Il dispositivo, di fatto, estendeva la tassazione. Oggi si conserva una ridotta percentuale di frammenti dello straordinario documento marmoreo che è stato, dall’ultimo quarto del 1800, riferimento per chiunque si occupi di topografia antica. Rodolfo Lanciani, fu infatti l’archeologo che, a sua volta, dal 1893 al 1901 pubblicò la Forma Urbis Romae che comprendeva quanto il sottosuolo romano andava restituendo, a causa della espansione edilizia, dopo il trasferimento della capitale da Firenze. Produsse 46 Tavole, in scala 1:1000. Quale la differenza? La severiana aveva una funzione catastale e quella dell’archeologo, di ricostruzione. Ma è possibile ricostruire, per tabulas, le stratificazioni di una città di lunga durata? Ove si pensi a Cagliari, antropizzata da 8000 anni, chi scrive, anche per l’esperienza sul campo, ritiene impossibile che una semplificante tavola possa restituire tali complessità, diacroniche e sincroniche. Quali le proposte? Una, non esaustiva, consiste nelle pratiche dell’archeologia preventiva e in quella degli elevati. Molti, infatti, in città i manufatti che persistono fuori terra e ricomprendono in elevato, nei muri, frammenti di epoche preesistenti. Un’esperienza negli anni 90, per il MiC, nel Chiostro di San Francesco di Stampace fu ignorata dai recenti brutali lavori. Si spera in un francescano ravvedimento. |