La falsa insularità nella deriva nuragocentrica [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione sarda 24 febbraio 2022. La città in Pillole. In attesa che la Costituzione recepisca il principio di insularità, è salutare esercizio di ecologia istituzionale ripassarla. Urgente informarsi sulle pratiche decisionali agite, dal secondo dopoguerra, dalle classi dirigenti, a principiare da quelle politiche. Malgrado l’impegno, si rinvengono scarsi elementi in rarefatte bibliografie. Il veloce percorso dei sardi verso la modernità è, infatti, affidato a narrazioni, variamente declinate. Molte, agiografiche, in forme letterarie: romanzi; memoriali; incursioni saggistiche. Eccezionalmente, scritti corsari. In una battuta, messe cantate, spesso, autocelebrative. Manca una sistematica storiografia, fondata su atti e documenti. Viene da ripetere, con Francesco Manconi, che in Sardegna è assente la ricerca su come si formano le sue classi dirigenti. Come si fa, di conseguenza, a progettare futuro se non si hanno gli elementi, fondanti eventi e accadimenti? Se si è privi di una fornita cassetta degli attrezzi, per praticare una seria autocoscienza, come ci si può assumere responsabilità, dopo generazioni di pedagogie autoassolutorie? Inserita l’insularità in Costituzione, senza accurate riflessioni, non si può agire, con sguardo diverso, non solo a Bruxelles o a Roma ma neanche a Cagliari, l’art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge […]. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che […], impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”. O l’art. 9 “La Repubblica promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”. O l’art. 32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività […]”. O, infine, l’art. 34.” L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita …]. Sono i pilastri della democrazia. In Sardegna deficitari e, in gran parte, per responsabilità dei decisori locali. Una modernità, tuttora, abitata da ciò che Pasolini definisce la traiettoria della perdita di senso. Nell’isola in dimensioni, grottescamente, fuori scala. Esemplare metafora? Una furba deriva nuragocentrica, praticata da una politica, digiuna dei fondamenti della tutela del paesaggio. Si oppone, infatti, alla concreta attuazione dell’art. 9. Un ossimoro. Povera insularità e poveri nuraghi. |
Deo creo! Ca chie la tiat deper fàghere usta “ricerca”? E ite bisonzu tenent, sas “classi dirigenti“ (pardon, digerenti) de “formazione” e pro ndhe fàghere ite cosa?!
Esse pappagallano. Monincas, martinicas, si assemizant de prus a su genere umanu.
Duncas sa “Insularità in Costituzione” (postu chi a su Parlamentu italianu li avasset tempus a bi l’iscríere) tiat èssere unu BUCO NELL’ACQUA, fatu a trivella e no prus cun su pódhighe!
Eja, chentza responsabbilidade (chi est, custu, a èssere chentza libbertade, salva cussa de bagamundai a trevessu) est una «perdita di senso» iscallaus in totu is termovalorizadores a sighire a fàghere chisina in pes nostros e in conca puru.