Come devono comportarsi i musei in un mondo instabile? [di Tom Seymour]

4 agosto 2022. Praga Alla conferenza di Praga dell’Icom, ai funzionari verrà detto che la pianificazione tradizionale potrebbe essere un ostacolo quando si affrontano le moderne questioni relative ai diritti umani. I militanti di Extinction Rebellion protestano davanti al Museo Nazionale di Praga. La città ospiterà la conferenza annuale dell’Icom.

A Praga dal 20 al 28 agosto Lonnie Bunch, segretario della Smithsonian Institution, guiderà un dibattito controverso su come possono i musei fornire una «leadership culturale» sui diritti umani in un mondo sempre più instabile e su che cosa si intende per leadership efficace in questi tempi eccezionali. «L’interruzione sta emergendo come un fattore chiave per la leadership museale contemporanea», dirà Bunch in un discorso ai responsabili dei musei in occasione del Consiglio Internazionale dei Musei.

In «Musei e Leadership», un discorso sostenuto da Hilary Carty, direttrice dell’organizzazione britannica Clore Leadership, Bunch rifletterà sui numerosi eventi mondiali che si sono verificati dopo l’ultima Conferenza Icom tenutasi a Kyoto, in Giappone, nel 2019: la guerra in Ucraina, il Covid-19, i disordini politici nel Regno Unito e negli Stati Uniti e la continua resa dei conti sul razzismo istituzionale evidenziato dal movimento Black Lives Matter.

«L’accelerazione del cambiamento e l’accadimento di eventi inimmaginabili possono destabilizzare i leader o ritagliare nuovi parametri», dirà Bunch invitando i leader dei musei a fare i conti con «le esigenze della nuova normalità, dove l’inaspettato può mettere alla prova i piani migliori».

La nuova normalità è molto diversa dalla vecchia normalità. Secondo la Classifica dei musei più visitati, i 100 musei più frequentati al mondo hanno subito un calo di presenze del 77% nel 2020 e un calo del 69% nel 2021, rispetto al 2019.

Più di 31mila giorni sono stati persi a causa delle restrizioni di Covid. Nel frattempo, una ricerca della Museums Association del Regno Unito ha rilevato che tra marzo 2020 e marzo 2022, 4.824 professionisti del settore sono stati licenziati. Mentre i casi di Covid sono di nuovo in aumento e l’impatto economico della guerra in Ucraina si fa sentire, questa potrebbe essere la punta dell’iceberg.

Un secondo discorso chiave, «Musei e società civile», sarà tenuto da Margarita Reyes Suárez, ricercatrice dell’Istituto colombiano di antropologia e storia. Si domanderà se i musei debbano adottare posizioni di difesa attiva sui temi dei diritti umani che dominano abitualmente le nostre notizie, dall’Ucraina, alla Palestina, all’Afghanistan fino agli abusi in Yemen, Cina e America Latina.

Una successiva tavola rotonda sull’argomento sarà condotta da Kateryna Chuyeva, viceministro della cultura e dell’informazione in Ucraina, affiancata da Jasminko Halilovic, fondatore del Museo dell’infanzia di guerra di Sarajevo (Bosnia-Erzegovina); Barbara Kirshenblatt-Gimblett, curatrice capo del Museo Polin di Varsavia; e Hang Nisay, direttore del Museo del Genocidio di Tuol Sleng della Cambogia a Phnom Penh.

Acuto e significativo. «Le battaglie democratiche combattute in tutto il mondo in nome dei diritti umani spingono i musei ad assumere una posizione attiva per un giusto avanzamento della società civile“, si legge nell’abstract di «Musei e società civile». «Credere che il settore culturale possa rimanere neutrale di fronte all’esclusione e alla discriminazione metterebbe in pericolo la rilevanza dei musei stessi».

Il messaggio di Bunch sarà acuto e significativo, dicono i commentatori. Una tale dichiarazione da parte di una delle figure di spicco del settore porterà alla luce uno dei principali dibattiti che si svolgono a porte chiuse nei musei di tutto il mondo occidentale. Le istituzioni culturali possano mantenere il loro significato nel XXI secolo, pur mantenendo l’oggettivo posizionamento politico che era di rigore durante il XX secolo.

Maxwell Anderson, ex direttore del Museo d’Arte di Indianapolis e del Museo d’Arte di Dallas, afferma che Bunch trae vantaggio dal fatto di detenere una posizione privilegiata, di spicco, che gli permette di parlare senza condizionamenti. «A Praga, mi aspetto che sia molto schietto. Dirà la verità al potere in un modo in cui pochi altri possono farlo».

Ma se il messaggio di Bunch sarà accolto privatamente è un’altra questione, dice Anderson. «La maggior parte dei musei non è attrezzata per offrire una leadership morale, perché sottoposta a molte pressioni allo scopo di mantenere uno stato di neutralità». Anderson afferma che su alcuni temi la comunità museale si è unificata, ad esempio su temi quali la guerra in Ucraina e le conseguenze dell’omicidio di George Floyd. Ma i direttori non sono stati in grado di prendere una posizione pubblica paragonabile sulla situazione del popolo uiguro in Cina.

Questo è dovuto, in gran parte, alla natura delle donazioni private, dice Anderson. «I donatori privati non cercano musei che siano dei centri di leadership morale. I direttori non vengono premiati per i principi o il coraggio. Sono premiati per l’affluenza di pubblico, per i margini di profitto e le note positive della stampa. Sono rari gli amministratori delegati che escono dal ruolo di direttore d’orchestra per protestare fuori dal tendone».

Coloro che salgono ai vertici del settore museale sono spesso quelli più abili negli accordi dietro le quinte, dice Anderson. «Se qualcuno è veramente una persona di statura morale, non è probabile che diventi direttore di un museo. Si tratta di persone in genere più abili a bilanciare interessi di vario genere e azionisti di varia natura, e non abituate a uscire con gli striscioni».

Ma osservare uno stato di neutralità non è un’opzione sostenibile nel mondo globalizzato di oggi, dato che le violazioni dei diritti umani sono ormai evidenti, sostiene Sverre Pedersen, il nuovo presidente di Freemuse, l’organizzazione danese per i diritti per i diritti umani con sede in Danimarca.

«Credo che sia impossibile per un museo essere neutrale e imparziale», afferma Pedersen citando le violazioni dei diritti umani in Medio Oriente, Turchia, Brasile, Cuba e Cina, così come i conflitti più evidenti che si stanno svolgendo in Ucraina e in Afghanistan. «Se un museo cerca di rimanere imparziale su questi temi, sta già adottando un atteggiamento attivo. I responsabili dei musei sanno che ogni giorno i diritti umani vengono chiaramente violati. Scegliere di ignorare questi fatti significa scegliere di coprire i violatori».

Pedersen accoglie con favore la natura politica della conferenza Icom. «Le discussioni a Praga saranno molto importanti. L’attuale stato dei diritti umani e delle libertà artistiche a livello globale è molto fragile».

Agile, flessibile e reattivo. Uno dei punti chiave dell’intervento di Bunch sarà le sfide della gestione di un museo in un mondo cosiddetto «Vuca» («volatile, uncertain, complex and ambiguous», cioè volatile, incerto, complesso e ambiguo). Una tavola rotonda adiacente su questo tema sarà condotta da Elizabeth Merritt, vicepresidente per la previsione strategica dell’American Alliance of Museums (Aam).

«Per gran parte del secolo scorso, l’ambiente operativo dei musei è cambiato in modo relativamente lento e prevedibile», afferma Merritt. Era ragionevole proporre un piano di uno o tre o cinque anni, perché i musei potevano essere costruiti e attuati con previsioni corrette su come sarebbe stato il mondo». Questo modus operandi appartiene ormai al passato, dice Merritt.

«È chiaro che nei prossimi decenni, il mondo subirà enormi sconvolgimenti nella cultura, nella tecnologia, nell’ambiente, nelle finanze e nella politicaIn queste nuove circostanze, la pianificazione tradizionale può essere un ostacolo». I responsabili dei musei dovrebbero concentrarsi su come operare in «modi agili, flessibili e reattivi. Dobbiamo renderci conto che non sappiamo quale futuro dovremo affrontare».

Ma se i leader sono in grado di adattarsi alle esigenze di un mondo «Vuca» e si sentiranno incoraggiati ad adottare posizioni attive sui diritti umani, potrebbe aprirsi un’altra questione: quella della fiducia. Sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito i musei sono stati a lungo le più affidabili istituzioni statali. Nel maggio 2021 l’Aam ha pubblicato un’importante ricerca su come i musei «presentino intrinsecamente un punto di vista specifico».

Il rapporto ha rilevato che su 1.200 americani che hanno visitato un museo negli ultimi due anni, la maggior parte considera i musei la loro fonte d’informazione più affidabile dopo amici e famiglia: più degli accademici, degli scienziati, dei dipartimenti governativi e delle organizzazioni dei media.

Solo il 6% non si fida non si fida dei musei, mentre il 15% pensa che abbiano un’agenda politica. Il 48% ritiene che i musei debbano sempre essere neutrali, mentre il 21% ritiene che possano o dovrebbero prendere posizione su questioni importanti e controverse.

Questi risultati creano un ginepraio per i relatori di Praga perché è chiaro che la maggior parte dei visitatori dei musei americani non è al passo con le posizioni emergenti di alcune delle voci più influenti del settore.

«Nel complesso, la fiducia nei musei sembra essere radicata nella percezione che essi siano, o debbano essere, legati ai fatti e non di parte, e quindi neutrali», scrive il team di Merritt nei risultati del rapporto. A Praga, i responsabili dei musei discuteranno su come conservare la fiducia dei visitatori in questo mondo «volatile, incerto, complesso e ambiguo». Non ci saranno risposte facili.

Traduzione di Mariaelena Floriani

 

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