Magie di luce [di Gianni Loy]

La politica è astrazione. Elenco di principi e regole volte ad organizzare ed amministrare lo Stato, più in generale a dirigere la vita pubblica. Esiste, non lo si può negare, ma può esistere soltanto perché, prima ancora, esistono uomini e donne che dedicano parte della loro esistenza a immaginare e definire quali siano le regole più opportune per il governo della cosa pubblica.

La scelta del metodo non è né univoca né consensuale. Dipende dai valori ispiratori che, a loro volta, affondano nell’esperienza esistenziale di chi la politica la disegna. La politica, in un certo senso, è il necessario corollario di esperienze esistenziali ben più complesse incentrate sulle condizioni materiali, sui valori, sulle passioni, sugli interessi delle persone.

Non sarebbe male, ogni tanto, ricordare lo stretto legame che intercorre tra la politica astrattamente intesa e la vita delle persone che operano politicamente; e neppure dimenticare il collegamento tra le esperienze private e i fenomeni di carattere pubblico che, nella seconda metà del secolo scorso, sono stati riassunti dallo slogan di Carol Hanisch: il personale è politico.

La politica, al contrario, sembra riguadagnare autonomia come tecnica astratta, elaborazione degli interessi di gruppi autoreferenziali che si contendono il potere e che spesso vengono definiti prima ancora e indipendentemente dalla fase di – astratta – consultazione popolare mediante le elezioni.

Per ciò che conta, cioè quanto alla scelta dei parlamentari, la stragrande maggioranza di essi era già stata “eletta” grazie all’alchimia del posizionamento nelle liste elettorali, persino con ipotesi di recupero in caso di mancato successo nell’uninominale;  lo stesso risultato finale è stato deciso in anticipo, naturale conseguenza delle alleanze in presenza di un  orrendo sistema elettorale, a sua volta imposto da furbizie che hanno finito per ritorcersi contro chi le aveva predispose a proprio vantaggio.

E poi c’è la questione della coerenza tra predicante e predicato, posto che è davvero disgustoso osservare – anche nella sinistra, per esser chiari, ed anche nei movimenti che vorrebbero riformare la politica attuale – aspiranti leader che, quanto a coerenza con la propria esperienza, lasciano a desiderare.

La coerenza, sì.  Mio padre mi ha spesso ripetuto la storia di un contadino siciliano accorso a venerare un crocifisso di legno che attraeva fedeli da tutta l’isola perché – si diceva – sarebbe stato capace di fare miracoli. Quando il contadino si è inginocchiato di fronte al crocifisso, ha riconosciuto che era stato ricavato dal tronco di un pero proveniente dal suo paese, ed ha esclamato: “Ma io ti riconosco, pero; tu che in vita neppure portavi frutti, e per questo ti hanno tagliato,  ora vorresti farmi addirittura credere che fai miracoli?”.

Non pensando alla politica, ma alle persone che fanno politica, sarebbe utile la lettura di un libro di poesie ispirato dall’esperienza di militanti – come si diceva un tempo – il cui personale è intriso, coerentemente, di esperienza politica. Si intitola “Magie di luce”, è edito da AIPSA e costa 12 euri.

Le liriche sono state scritte da Pinella De Pau. La poesia ha aiutato Pinella a esplorare e dar forma al groviglio di emozioni e di pensieri coi quali ha dovuto fare i conti all’indomani della scomparsa dell’indimenticabile Andrea Olla, un’esemplare esperienza, non individuale, di agire politico. Ed è stata l’occasione per apprezzare una dote che Pinella Depau aveva, sino ad ora, confinato nel personale più profondo.

Esperienza esistenziale e politica si intrecciano, assieme al fascino della poesia. E non è la politica a nobilitare la poesia, al contrario: è la poesia – almeno per chi la sa apprezzare – a nobilitare la politica.

 

 

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