Costruire una cultura energetica per la Sardegna [di Sergio Vacca]
Il tema del ricorso alle energie rinnovabili, per come viene affrontato in assenza di una seria pianificazione, è considerato in Sardegna argomento divisivo. Ripetutamente in questa Rivista, chi scrive ha evidenziato i pericoli della sorta di Far West che si va determinando in questi ultimi tempi per l’attività egemonica delle società proponenti nei riguardi dei diversi territori “vocati” dell’isola e, più specificamente, degli Enti Locali che li rappresentano e rappresentano le loro popolazioni e le relative attività economiche. Per poter ragionare sulla produzione energetica da fonti rinnovabili in Sardegna, occorre partire dal presupposto della ineluttabilità della transizione da forme di produzione energetica, attualmente predominanti, basate sull’uso di combustibili fossili, verso modalità fondate sull’utilizzazione di energie rinnovabili (vento, radiazione solare, idroelettrico, geotermia, mare). Limitando, tuttavia, l’attenzione alle forme di utilizzazione della radiazione solare e, perciò, ai problemi connessi alla realizzazione dei relativi impianti, vanno in tutta evidenza considerati gli impatti che possano determinarsi, che riguardano l’ambiente, il paesaggio come mosaico paesaggistico e l’economia locale. La transizione energetica richiede, in primo luogo, un approfondimento sulla tipologia dei sistemi che si ritiene di poter utilizzare in ragione delle potenzialità produttive energetiche del territorio; nel nostro caso radiazione solare e morfologia dell’area. Per quanto riguarda i sistemi di captazione dell’energia solare, attraverso l’analisi radiometrica, può essere valutata la produttività energetica di un’area; per quanto attiene alla condizione morfologica, deve poter essere assicurata l’uniformità dell’esposizione alla radiazione solare, per cui vengono prese in considerazione in prevalenza le aree pianeggianti. L’esame delle aree riguarda pertanto una serie di profili, sia di carattere fisico-ambientale, sia di carattere normativo. Per la scelta del sito, occorre tener conto delle Direttive della RAS che, sulla scorta delle direttive statali, contenute nelle “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui al DM 10 sett. 2010” (G.U. n. 219 del 18 sett. 2010), ha emanato indirizzi per “Individuazione delle aree e dei siti non idonei all’installazione di impianti fotovoltaici a terra”. La norma contiene quindi una lista di undici tipologie di aree dichiarate non idonee all’installazione di impianti fotovoltaici. Riguardo al resto del territorio: Niente! Solo che, la gran parte delle richieste presentate dalle società che intendano installare impianti fotovoltaici, riguardano terre a destinazione agricola, classificate nei Piani Urbanistici Comunali “E-agricola”. Da qui, i conflitti, che oramai sono materia comunemente trattata nei Tribunali, che vedono tra i soggetti deputati a rappresentare i territori, gli amministratori degli Enti Locali. Le proposte delle società installatrici di impianti fotovoltaici sono generalmente basate su uno studio preliminare ambientale, che normalmente evidenzia, in modo parziale, la presenza di altri carichi di produzione energetica, limitandosi a riportare la notizia della loro esistenza nel territorio; non valutandone tuttavia il peso complessivo sulle superfici agrarie. Tale analisi non dovrebbe essere affrontata nell’ambito della progettazione di un singolo impianto, ma dovrebbe discendere dalla definizione di una Pianificazione attuativa di settore, sulla collocazione complessiva degli impianti sui territori, valutandone i limiti e le mutazioni indotte all’economia locale dalla modifica forzosa degli usi tradizionali del territorio. Allo stato attuale non esistono riferimenti normativi che impongano la redazione di uno strumento capace di governare l’insieme delle trasformazioni per la realizzazione di infrastrutture energetiche; fino ad ora l’unico riferimento è la “valutazione degli impatti cumulativi” in sede di VIA, meglio se di VAS, Valutazione Ambientale Strategica, prevista con la Direttiva 2014/52/UE, per diverse categorie dimensionale di impianti. La Regione Sardegna non ha mai voluto affrontare questo problema, fortemente divisivo, in termini pianificatori. Ne ha gli strumenti, sia di natura normativa, sia tecnica, sia di credibili informazioni sui propri territori, che possano manifestare anche una “vocazione energetica solare”. Il riferimento va all’indagine sulle aree irrigabili della Sardegna, normalmente pianeggianti, censite e studiate, per una superficie di circa 420 mila ettari, nell’ambito del processo di pianificazione del settore agricolo, dall’Ente Autonomo del Flumendosa, con la finalità di individuare le aree potenzialmente irrigabili dell’isola, all’interno del Piano Acque Sardegna; questo studio è stato realizzato tra gli anni 70 ed 80 del 1900, pubblicato nel 1986 e tuttora in corso di validità. La pianificazione della produzione energetica su base fotovoltaica, di stretta competenza della RAS, individuate quindi le aree a maggiore “vocazionalità energetica”, tuttavia con minor impatto sui territori, effettuata quindi la verifica della minore “vocazionalità agricola/irrigua delle terre”, dovrebbe prevedere la trattativa con gli EELL per verificare la possibilità di una equa distribuzione programmata degli impianti in diverse aree dell’isola. * già sindaco di Milis |