La riforma della scuola è un silenzioso capovolgimento costituzionale [di Marco Bonsanto]

https://www.micromega.net/13 Settembre 2023. Inaugurata da Renzi, sostanziata e articolata da Draghi, la riforma della scuola viene oggi portata a regime da Meloni seguendo una roadmap pluriennale. “La Scuola deve adeguarsi ai tempi”: come dissentire senza apparire retrogradi, se non addirittura reazionari? Che la Scuola pubblica debba adeguarsi alla società è un principio che ha soltanto l’apparenza del buonsenso.

La Scuola ha il compito di formare le nuove generazioni al meglio delle capacità umane mediante la trasmissione del patrimonio culturale. Resta vero quindi il contrario: è la società che deve adeguarsi alla Scuola, nel senso di venirne continuamente rieducata.

Una delle spie più sicure del disagio democratico è la presenza sempre più copiosa nella comunicazione istituzionale di dogmatismi che irrigidiscono il dibattito pubblico in percorsi prestabiliti.

Recepite come “indiscutibili” determinate premesse, si dovrà acconsentire anche agli inevitabili esiti logici – pena l’apparire incoerenti o incompetenti. È il caso del discorso ministeriale che accompagna la transizione tecnologica della scuola italiana (Scuola 4.0), quella che potremmo chiamare la sua “Riforma europea” – la definitiva.
Inaugurata da Renzi col Piano Nazionale per la Scuola Digitale (PNSD), sostanziata e articolata da Draghi attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), viene oggi portata a regime da Meloni seguendo una roadmap pluriennale, che trasformerà completamente il settore dell’Istruzione in direzione dell’attivismo pedagogico statunitense riveduto e corretto dal tecnologismo digitale.

La gran parte dei 17 miliardi di investimenti a debito previsti per la riforma sono infatti destinati ad una massiccia iniezione di tecnologie di ultima generazione: tablet, schermi interattivi, Intelligenza Artificiale, Metaverso, Realtà aumentata, ecc. Questo profluvio di tecnologie avveniristiche modificherà in modo sostanziale sia le aule che la didattica tradizionali, rivoluzionando completamente non soltanto i mezzi ma giocoforza anche i fini dell’istruzione.

Grazie ai nuovi arredi e alla virtualità dei dispositivi digitali le aule scolastiche verranno “aperte” alla società, alle opportunità formative offerte dai privati, alle situazioni concrete che incrociano le professioni (work based learning). La didattica evolverà in direzione di un approccio digitale, virtuale e multimediale, sia per le metodologie che per i contenuti (eduverso), e ad essa verranno formate obbligatoriamente le nuove generazioni di insegnanti.

Si otterranno in tal modo percorsi di apprendimento ibridi, personalizzati secondo i bisogni degli studenti e funzionali all’acquisizione di competenze immediatamente spendibili sul mercato del lavoro.

Per i profondi effetti che avrà sul futuro del Paese una tale rivoluzione della Scuola meriterebbe un ampio e articolato dibattito nazionale, e non soltanto le chiose degli esperti a suffragio di decisioni già prese e insindacabili come quelle che si leggono sui giornali o che si ascoltano nei forum comandati.

Resta infatti completamente intangibile il presupposto della narrazione che accompagna la riforma: la Scuola deve adeguarsi ai tempi. Come dissentire senza apparire retrogradi, se non addirittura reazionari? La propaganda dei governi fa leva sull’intelligenza dei semplici, che, come è noto, non si spinge mai oltre la cornice del discorso.

Ed è proprio il difetto di pensiero critico dei cittadini che puntella il successo di classi politiche senza arte né parte, salvo un certo genio per la propria sopravvivenza. Niente di strano, dunque, se questi politici cercano di garantirsi l’avvenire sin dai banchi di scuola… altrui.

 

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