I Parchi eolici e i gravi danni all’archeologia sarda [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 9novembre 2023. La città in pillole. Siddadu è la parola chiave. Significa un tesoro, ben occultato quanto generativo di inaspettate epifanie e mitopoietiche. Su siddadu è connotato da oggetti preziosi e, preferibilmente, da monete. Quando si invera, è una sorta di profezia che si autoavvera ma, secondo tradizione, bisogna fugare, come in tutte le umane faccende, ogni hybris. La sciagura si può occultare in inaspettate fortune. Non è il caso del rinvenimento di migliaia di monete nella costa nordorientale della Sardegna. L’autore della scoperta del deposito, forse il più cospicuo mai rinvenuto, ha dichiarato che è beneaugurante. Si riferiva, certamente, al suo esemplare comportamento più che al premio di rinvenimento, riconosciuto a chi trova un reperto. Il sedime di rinvenimento, a pochi metri di profondità, è ad alta concentrazione di imbarcazioni e bagnanti che hanno inerito nei movimenti della sabbia. La paleogeologia racconta che la riva, 1700 anni orsono, era più distante dall’attuale; e superiore la profondità di giacenza. Sappiamo, inoltre, che da migliaia di anni, la Sardegna nordorientale è mediazione tra nord e sud, est ed ovest del Mediterraneo. Le tipologie di navigazione, prima dell’età moderna, hanno trasformato quelle ma, in verità, tutte le coste della Sardegna in un immane giacimento di relitti, da scavare in pochi casi. Questo lo è. Sono luoghi, per l’aumento del livello del mare, da 10.000 anni, a causa del riscaldamento progressivo, da vincolare e da connettere ad Aree marine protette e Conservatoria delle coste. I parchi eolici a mare, anche distanti chilometri dalla riva, pertanto sarebbero una iattura per molte ragioni ma, soprattutto, distruttivi per i depositi archeologici sottomarini della Sardegna, assai ricchi. Le monete rinvenute, del primo quarto del IV secolo, per lo stato di conservazione, interpellano la ricerca scientifica più sofisticata. Indiziano perduranti condizioni anossiche. È come se fossero state conservate per 1700 anni in un contenitore sigillato, privo di ossigeno. Attualmente, nelle pratiche manutentive e restaurative, sostenibili, di materiali sensibili all’ossigeno come carta, tessuti, metalli, vengono creati ambienti privi di ossigeno. La scoperta fa rimpiangere la completezza del monetiere di Giovanni Spano, oggetto di un clamoroso furto nel Museo archeologico, nel 1992, e la sapienza di Lorenzo Forteleoni, raffinato studioso a cui dobbiamo studi fondativi sulla numismatica, insostituibile nella ricerca archeologica e storica dell’isola.
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