L’omaggio dei Musei a Carlo Lugliè [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 11 luglio 2024. La città in pillole. Non c’è espressione autoconsolatoria che superi quella, non omnis moriar, del poeta Orazio. La sua opera col carico di memorabili espressioni è perno del circolo di Mecenate, costruttore, sotto Augusto, di consenso attraverso pratiche già nella traiettoria dell’egemonia culturale. Non omnis moriar è titolo che i Musei nazionali di Cagliari hanno voluto per il tributo a Carlo Lugliè, archeologo illustre, venuto a mancare un anno fa. È un ricordo, sobrio quanto intenso, di uno studioso la cui eredità, nel senso di heritage, rimarrà anche quando i suoi mirabili studi saranno sostituiti da altri che senza di lui, comunque, non ci sarebbero stati. Accade per alcuni archeologi che il frutto del loro talento si conservi nei musei. Ad indicare che la loro è attività pubblica, per dettato costituzionale, e pochi, come Lugliè, sono stati testimoni attivi dell’art. 9 della Costituzione. Ragione, tra le tante, perché il tributo avvenga nel luogo dove A. Taramelli e D. Scano costruirono il primo, con specifica destinazione, Museo archeologico, in funzione fino al 1993. Riaperto, dopo trenta anni, come Ex Regio Museo, ospita la Direzione dei Musei nazionali; le Sale per le conferenze, e nelle pareti, collezioni di manufatti antichi (Depositi aperti) e le donazioni (Prendas Torradas). Ma soprattutto è luogo dove nell’ingresso, Ianua Doro Levi, sono schierati i padri fondatori dei coltivatori di memorie della Sardegna. Un sacrario delle nostre genealogie da Giovanni Spano a Francesco Cocco Ortu da Antonio Taramelli ad Alberto La Marmora da Filippo Vivanet ad Antonio Gramsci a proseguire con le Sale dedicate a Giovanni Lilliu e a Ferruccio Barreca. Ecco il senso del tributo a Carlo Lugliè, nell’ex Regio Museo. È il luogo dei padri di cui è erede prediletto. Perché “muor giovane colui ch’al cielo è caro” scrisse G. Leopardi nell’epigrafe ad Amore e morte. Pensando, forse, a sé stesso, ricorre alla più celebre delle topiche consolatorie che attraversa il tempo con la sua terribile e immutata irreversibilità. Che sia, ogni volta, opportunità, per oltrepassare il lutto e fare il punto della propria storia? Ma, soprattutto, per agire memoria storica in quanti la praticano per mestiere. Lo ha fatto, mirabilmente, la sua amica e collega dell’Università di Sassari, Anna De Palmas, a ridosso della sua scomparsa. A chi scrive piace pensare, più lievemente, a due splendidi cinquantenni, Roberto Coroneo e Carlo Lugliè. Gli dèi non vollero vedere sfiorire la loro struggente bellezza. |