Dichiarazioni Programmatiche del Presidente della Regione [di Redazione]
Pubblichiamo il discorso tenuto dal Presidente della Regione Francesco Pigliaru ieri 2 Aprile 2014 nel Consiglio regionale della Sardegna con cui di fatto inizia la XV Legislatura Regionale (ndr). Signor Presidente, onorevoli consigliere e consiglieri, prima di ogni altra cosa, vorrei formulare a lei, Signor Presidente, e a tutti i consiglieri un sincero augurio di buon lavoro per una legislatura che possa essere vissuta nel segno della ripresa economica e sociale.
Introduzione. La campagna elettorale è finita. Per quanto breve, difficile e a tratti anche aspra, vi ho partecipato con la chiara consapevolezza che un avversario politico non è un nemico. Oggi sono il Presidente di tutti i sardi, di chi ha votato per noi e di chi ha votato per proposte alternative alla nostra, incluse quelle che una legge elettorale da riformare profondamente ha tenuto lontano da quest’aula, nonostante abbiano trovato il consenso di una parte importante dell’elettorato sardo. Cercherò di essere un Presidente capace di dare risposte credibili anche all’enorme numero di nostri cittadini che hanno deciso di non partecipare al voto. So che governare in modo efficace, affrontando e risolvendo i problemi della gente, è la strada maestra per riconquistare la fiducia dei nostri cittadini nella politica.
Ricreare fiducia nella politica. Riconquistare quella fiducia dei cittadini è un obiettivo che non riguarda solo la maggioranza: è un compito che deve essere condiviso da tutti coloro che siedono oggi in quest’aula. Ci riusciremo solo se saremo in grado di concentrare le nostre energie sui problemi della gente, se la dialettica tra maggioranza e opposizione metterà questi problemi e le possibili soluzioni al centro di un confronto duro, se necessario, ma leale nei toni e nel merito. Un confronto, dunque, basato sul reciproco coraggio di evitare il ricorso a facili proposte demagogiche che, nella loro insostenibilità economica e inefficacia di risultati concreti, creano prima illusioni e poi ulteriore sfiducia. Da parte mia, e da parte della Giunta che ho l’onore di presiedere, faremo tutto ciò che è necessario per operare in un clima di assoluta trasparenza e di onestà; faremo tutto il possibile per ridare valore alle competenze e al merito nelle carriere di chi lavora nelle nostre istituzioni. Riconoscere e valorizzare il merito di chi lavora per noi è una delle più importanti azioni che dovremo attuare per rispondere in modo adeguato alle alte attese dei nostri elettori. Intendo svolgere le mie dichiarazioni programmatiche con il pensiero rivolto anzitutto alle vittime dell’alluvione dello scorso novembre ed avendo come riferimento principale i più deboli fra i nostri cittadini. Quelli che hanno perso il lavoro e non riescono a trovarlo, gli studenti che vedono un futuro molto incerto, le persone che hanno problemi di salute e per le quali, nostro malgrado, non riusciamo ancora oggi a fornire un servizio adeguato.
“La politica come servizio alla comunità”: vorrei che questo fosse l’elemento principale di questa legislatura, da condividere fra tutti noi. So bene che dobbiamo chiamare una Sardegna impoverita ed esausta a fare ancora dei sacrifici per rialzarsi. C’è una spesa corrente da mettere sotto stretto controllo, al fine di creare spazio per far ripartire gli investimenti pubblici e per favorire quelli privati: senza una rapida accelerazione di questi investimenti non ci sarà né sviluppo né lavoro. Ma so anche che riusciremo a rendere credibile la nostra azione solo se il primo ad affrontare queste fatiche sarà il ceto politico di cui anche io, oggi, faccio parte. Non c’è credibilità senza sacrificio, senza fatica, senza lavoro, senza risultati tangibili. Dobbiamo dimostrare che la funzione della politica è alta, che governare è una impresa nobile e ardua, necessaria e indispensabile. Dobbiamo dimostrare che la politica non arricchisce nessuno se non di valori, di soddisfazioni per le conquiste concrete che saremo capaci di ottenere nell’interesse di tutti i sardi. La drammatica situazione della Sardegna. Noi tutti abbiamo la consapevolezza del dover guidare la Sardegna nel peggior periodo della sua storia recente, coscienti che nessuno ci aiuterà ad uscirne. Dobbiamo agire noi, sapere noi come fare e dove andare. Il 2014 deve segnare una svolta per la Sardegna, una grande occasione per ripartire, per dare speranza e concretezza ai sardi così duramente colpiti da una crisi prima finanziaria, poi economica e sociale che la nostra isola non sembra riuscire a superare. Negli ultimi anni la Sardegna è scivolata pesantemente all’indietro. Il prodotto interno lordo regionale è diminuito di circa il 7% rispetto al 2008 tornando, a prezzi costanti, a livello di oltre 10 anni fa. In pochi anni sono stati cancellati oltre 80mila posti di lavoro. Oggi un sardo su due, nella fascia di età tra i 20 e i 64 anni, non lavora. Una tragedia di dimensioni storiche. Un livello così alto della disoccupazione non si era registrato da decenni. La conseguenza più immediata è stata la crescita esponenziale del ricorso alla cassa integrazione in deroga con l’aumento, dal 2007 ad oggi, del 500% .
La crisi nella quale ci troviamo viene dall’esterno, da mercati insufficientemente regolati e malamente governati, ma i suoi effetti sono stati moltiplicati dalla inadeguatezza di chi ci ha governato. Di chi ci ha governato in Europa, con l’assurda visione che il rigore dei conti pubblici possa essere l’unica ricetta per affrontare un crisi così profonda — una visione che dimentica colpevolmente la fondamentale lezione di J M Keynes sul ruolo che la spesa pubblica — quella virtuosa — deve svolgere nelle crisi.
Di chi ci ha governato in Italia, con l’altrettanto assurda idea che l’incapacità di fare riforme profonde e di ridurre gli sprechi del governo centrale debba essere compensata imponendo agli enti locali vincoli sempre più severi, tali da impedire loro di investire risorse proprie persino in ambiti essenziali come l’istruzione e l’assetto idro-geologico. Di chi ci ha governato in Sardegna e non ha capito che questa crisi richiede a tutti trasformazioni profonde; investimenti in istruzione e formazione adeguati alla sfida dei mercati globali e di una tecnologia in continua, rapidissima evoluzione; la creazione di istituzioni pubbliche in grado di assicurare flessibilità al sistema produttivo e sicurezza sociale a cittadini e lavoratori. Soprattutto, richiede che funzionino al meglio le nostre istituzioni al servizio dei cittadini.
Prima di tutto: la nostra qualità istituzionale. Abbiamo di fronte una sfida storica: prima di ogni altra cosa mettere ordine nelle istituzioni che sono sotto il nostro diretto controllo. La Sardegna è un sistema debole anche per grandi responsabilità proprie. Troppo spesso persone non all’altezza della situazione sono state messe in ruoli di responsabilità, seguendo logiche di premio della militanza, logiche indifferenti a competenza ed efficienza. Sono scelte sbagliate che non intendo ripetere: in questa legislatura, per ciò che dipenderà da me e dalla Giunta, la militanza non prevarrà mai sulla competenza. La nostra parola d’ordine è “qualità istituzionale”, che significa trasparenza, semplificazione, valutazione delle politiche. Norme inutili o di incerta interpretazione, frequenti sovrapposizioni di competenze, assenza di tempi certi per la conclusione dei procedimenti sono il vizio di base di una burocrazia complessa e dannosa, che genera inefficienza, moltiplicazione dei costi e sfiducia da parte dei cittadini, e mortifica la dedizione di chi lavora nell’amministrazione regionale.
Il nostro obiettivo è fare della Regione e delle istituzioni sarde un modello di riferimento per tutti. Un obiettivo ambizioso, soprattutto vista la situazione da cui partiamo. Ma è il principale esercizio di sovranità cui vogliamo dedicare tutta le nostre capacità ed energie, è un’essenziale assunzione di responsabilità verso cui orientiamo la nostra azione di governo. Vogliamo una Regione riformata. Puntiamo ad un’amministrazione regionale snella, organizzata per obiettivi e per funzioni. Riavviare la macchina significa operare una coraggiosa revisione: mettere ordine, identificare con chiarezza le responsabilità, premiare le competenze, sanzionare le inefficienze. Attualmente l’organizzazione della pubblica amministrazione risale alla legge 1/1977, aggiornata con la 31/1998 e da allora modificata solo per far fronte alle contingenze in regime di assoluta urgenza e sempre in totale assenza di strumenti di partecipazione e valutazione delle politiche pubbliche. Modificheremo quella norma vecchia di 37 anni, proponendo una declinazione degli assessorati regionali più confacente alla realizzazione di politiche pubbliche efficaci e al maggiore controllo sull’utilizzo delle risorse pubbliche. Modificheremo anche la legge 31/1998, eliminando le duplicazioni organizzative attraverso l’accorpamento delle direzioni generali prima e dei servizi poi. Valorizzeremo le professionalità dell’Amministrazione realizzando una “banca dati delle competenze” del personale regionale che consentirà maggiore efficienza degli uffici e insieme la definizione di una programmazione concorsuale funzionale al raggiungimento degli obiettivi di governo. Adotteremo sistemi di valutazione e controllo che saranno applicati in modo integrato con gli strumenti dell’innovazione e dell’informazione. Puntiamo a una amministrazione trasparente. La trasparenza è il requisito fondamentale dell’alta qualità istituzionale e per questo già dalla prima riunione di Giunta abbiamo reso le delibere immediatamente consultabili nel sito della Regione. Trasparenti saranno le nomine di cui abbiamo la responsabilità. Fonderemo la nostra azione sulla filosofia dell’open data, al fine di costruire una reale partecipazione dei cittadini ai processi decisionali. Vogliamo una Regione più semplice per i cittadini e per le imprese. Partiamo da una situazione inaccettabile: nel Global Competitiveness Report del 2013 la Sardegna si colloca al 168° posto su 199 regioni europee per quanto riguarda la facilità di fare impresa. È tempo di cambiare pagina, di dare alla nostra Regione l’opportunità di crescere anche attraverso un’amministrazione capace di assicurare il rispetto delle regole e la qualità dei servizi, senza eccesso di oneri per cittadini e imprese ma con procedimenti amministrativi semplici e rapidi, garantendo certezza dei tempi e uniformità delle procedure. Facendo tesoro anche delle migliori esperienze di altre Regioni, e sulla base delle indicazioni che ci provengono dall’Unione Europea, adotteremo un metodo fondato sulla consultazione degli stakeholders e dei cittadini come elemento essenziale del successo della politica di semplificazione. Nei prossimi giorni istituiremo un Tavolo di consultazione delle Parti economiche e sociali, e dei cittadini utenti dei servizi, come luogo di confronto utile ad individuare le principali linee di intervento e a definire le azioni da portare avanti in maniera condivisa e concordata.Questo Tavolo verrà affiancato e supportato da uno specifico Organismo tecnico per la Semplificazione che avrà il compito di creare un coordinamento tra le diverse componenti della pubblica amministrazione che verranno coinvolte nell’azione di semplificazione. Ad esso competerà la elaborazione e definizione tecnica degli interventi. Ma intendiamo anche operare per ridurre l’attuale frammentarietà e limitata chiarezza del quadro normativo. Oltre ad avviare una specifica azione di “ripulitura” del sistema di norme che si sono andate sovrapponendo nel tempo, ci attiveremo per evitare, per il futuro, di introdurre nuove “complicazioni” attraverso proposte normative prive di un’adeguata misurazione e valutazione dell’impatto sull’attività di impresa o sui cittadini, e sul funzionamento della pubblica amministrazione regionale e locale. Valutazione degli effetti delle politiche. A trasparenza e semplificazione vanno affiancate informazioni adeguate sugli effetti delle politiche adottate. È essenziale dire quanto si spende e come, ma è ancora più importante che i cittadini sappiano quali risultati hanno prodotto quei soldi stanziati e spesi. Valutare gli effetti delle politiche è anche essenziale per metterci tutti nelle condizioni di imparare dall’esperienza. Agire con decisione in questo ambito può farci fare rapidamente un salto di qualità, può portare la Sardegna all’avanguardia tra le regioni italiane. Siamo consapevoli che una riforma di questa natura debba essere adottata su iniziativa del Consiglio Regionale, al fine di rinforzare la propria fondamentale funzione di controllo sull’operato dell’esecutivo. Da parte nostra ci limitiamo ad auspicare che l’adozione di questa essenziale riforma sia tra le prime che verranno discusse in quest’aula. Enti locali. Rendere più efficiente la Regione significa anche rinforzare il suo ruolo di programmazione e di indirizzo e ridurre invece quello della gestione diretta dei processi. Ciò significa favorire la capacità degli enti territoriali di partecipare attivamente al disegno e all’implementazione dell’intervento pubblico. Il sistema delle Autonomie locali in questi ultimi anni ha sofferto di una colpevole trascuratezza. E’ quindi prioritario e urgente l’approvazione di una legge organica di riordino del sistema delle autonomie locali. I piccoli Comuni sono pienamente consapevoli che la gestione associata delle funzioni e dei servizi rappresenta un’importante opportunità per realizzare vera innovazione istituzionale e adeguata promozione economica e sociale dei territori. I Comuni hanno la consapevolezza che questa è l’unica strada per realizzare investimenti altrimenti non effettuabili a livello di singolo comune e per aumentare la forza politica e contrattuale nelle negoziazioni con altre istituzioni e con i loro fornitori. In questa direzione, ci impegniamo ad adottare una decisa politica di accompagnamento, formazione e incentivazione delle Unioni dei Comuni e delle altre forme associative, alle quali vanno messe a disposizione gli strumenti e le risorse necessarie per queste nuove sfide. Ci impegniamo inoltre ad affrontare definitivamente il tema degli enti intermedi ed in particolare delle Province e della Città metropolitana, le cui funzioni vanno ripensate e ridefinite nel contesto di un quadro istituzionale in rapida evoluzione anche nel livello centrale del governo, evoluzione che valuteremo nei prossimi giorni con la massima attenzione e indipendenza di giudizio.Risorse per investire su coesione e sviluppo. Un elemento fondamentale della nostra azione sarà l’attuazione di una politica di bilancio rigorosa, responsabile e sostenibile, che non generi disavanzi, non faccia aumentare l’imposizione fiscale e garantisca i livelli ottimali dei servizi per i cittadini. La nostra responsabilità. Non possiamo infatti presentarci al tavolo del negoziato con lo Stato senza avere avviato contemporaneamente una seria azione di contenimento delle inefficienze e degli sprechi nella spesa della pubblica amministrazione. E’ già in fase di costituzione un gruppo di lavoro per condurre entro una “revisione della spesa” che abbia l’obiettivo, ambizioso ma necessario, di operare una revisione profonda della spesa della Regione e del sistema non sempre trasparente degli Enti e delle Agenzie regionali. Ci impegniamo a semplificare ulteriormente le strutture gestionali degli Enti, riducendo dove possibile i consigli di amministrazione e attuando accorpamenti e semplificazioni. Promuovere politiche di sviluppo significa anche ridurre la pressione fiscale per le imprese per incoraggiare gli investimenti e la creazione di nuovi posti di lavoro. Ci proponiamo di introdurre misure ed interventi per semplificare e ridurre il quadro dei tributi regionali, proseguendo l’azione avviata nella precedente legislatura con l’intervento sull’IRAP, prevedendo ulteriori misure in particolare a favore delle piccole imprese e per favorire l’assunzione di giovani disoccupati. Il terzo elemento della politica di bilancio che ricade sotto la nostra responsabilità è la predisposizione e la gestione della nuova fase di programmazione europea 2014- 2020. L’ammontare delle risorse europee che riusciremo ad ottenere dipenderà anche qui dalla nostra capacità di rispondere con programmi adeguati, idee progettuali ed efficienza gestionale alla visione di Horizon 2020 per la costruzione di una Sardegna creativa, sostenibile e inclusiva. Le responsabilità dello Stato. Esiste poi un secondo, non meno importante, livello di responsabilità che riguarda lo Stato e i suoi doveri nei confronti della Sardegna sanciti dal nostro Statuto di autonomia. In questo momento la principale criticità e urgenza della vertenza con lo Stato è rappresentata dal mancato adeguamento dei limiti di spesa del patto di stabilità. Finora all’incremento delle entrate ottenuto nel 2006 lo Stato non ha fatto seguire un proporzionale adeguamento dei limiti di patto. Il risultato clamoroso è che il rapporto tra spese consentite dal Patto ed Entrate tributarie accertate è crollato da valori medi del 70% negli anni 2007-2009 al 43% del 2013.
La illegittimità di questo comportamento dello Stato è stata riconosciuta dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 118/2012 che ha richiesto un adeguamento dei limiti di spesa imposti alla Sardegna. Abbiamo immediatamente ripreso i contatti con il governo nazionale e ci accingiamo tra pochi giorni ad iniziare formalmente le trattative. Nostre simulazioni basate su elementi fattuali indicano in circa 1200 milioni di euro l’incremento necessario da applicare agli attuali limiti di spesa. Ottenere questo adeguamento rappresenta una grande battaglia per la Sardegna che dobbiamo condurre tutti insieme, maggioranza e opposizione, coinvolgendo pienamente tutti i rappresentanti sardi in Parlamento. Sono risorse che ci spettano, lo diremo con molta fermezza al Governo. In caso di risposte negative siamo pronti ad aprire una forte contrapposizione pubblica. Non esistono Governi amici o nemici, deve esistere lealtà e spirito di collaborazione tra istituzioni e in base a questo principio lo Stato deve garantire i diritti dei cittadini sardi. Siamo pronti a fare la nostra parte per contribuire al risanamento del debito pubblico italiano (che anche noi abbiamo contribuito a formare), ma non siamo disposti a rinunciare ai nostri diritti. In prospettiva, rimane l’impegno di ricostituire l’Agenzia Regionale delle Entrate, come strumento della Regione per la gestione dei rapporti tributari tra la Sardegna e lo Stato e come presidio tecnico ed informativo volto ad assicurare una migliore e più puntuale conoscenza dell’ammontare di risorse versate allo Stato da cittadini ed imprese sarde. Le responsabilità condivise – Infrastrutture. Ci sono dunque responsabilità nostre e responsabilità dello Stato centrale; e ci sono anche responsabilità condivise tra i due livelli di governo — per esempio quelle che riguardano l’inadeguatezza delle nostre infrastrutture. In questi anni abbiamo fatto invecchiare e decadere le nostre infrastrutture, a cominciare da scuole abbandonate anche per la nostra incuria e ospedali non a norma. Tutto ciò che è strategico o non è ancora stato realizzato (si pensi alla intermodalità tra strade, ferrovie, porti e aeroporti) o è paurosamente invecchiato (si pensi alla rete ferroviaria) o è incompleto (si pensi alla 131, o alla 125, o alla 128, o alla rete del gas) o è antieconomico (si pensi al mercato elettrico regionale). Il primo obiettivo deve essere dunque completare gli investimenti strategici già realizzati per non perdere opere, investimenti e ricchezza. Per esempio definiremo rapidamente gli interventi di completamento delle metropolitane di Cagliari e Sassari e intendiamo mettere in esercizio sulla dorsale ferroviaria sarda almeno i primi due dei 6 treni a cassa oscillante acquistati dalla Ras e non ancora utilizzati. Lavoreremo insomma per sbloccare le nostre incompiute. Ma esigeremo che si sblocchino anche le incompiute che dipendono da altri. A iniziare dall’Anas, a cui abbiamo chiesto con forza nei giorni scorsi lo sblocco del tratto Serrenti-Villasanta, uno scandalo che deve immediatamente cessare entro i prossimi mesi. Parlando dei complessi rapporti Stato-Regione e delle responsabilità che da essi derivano, non si può non citare il problema dei trasporti, a cominciare da quello marittimo.
E’ nostra ferma intenzione rinegoziare subito con lo Stato e la nuova Tirrenia la convenzione di servizio per le rotte da e per la Sardegna, che è stata sottoscritta nel 2012 fra Governo italiano e Cin, con l’assenza dell’amministrazione regionale, e ha validità fino al 2020. Stessa attenzione vogliamo porre sulla continuità territoriale aerea per Roma e Milano: le convenzioni di servizio in essere scadranno nel 2017, ma nelle more ci impegneremo con le compagnie assegnatarie per migliorare il servizio e renderlo più rispondente alle esigenze della Sardegna.Per quanto riguarda la continuità aerea con gli scali minori (CT 2), ci riserviamo di aprire immediatamente un confronto con le realtà locali, gli aeroporti, gli operatori turistici, le compagnie aeree per verificare l’esigenza di modificare o integrare il sistema di CT 2 ipotizzato, rendendolo coerente con i nuovi scenari del traffico aereo ed in particolare del traffico low cost. A proposito di compagnie low cost ribadiamo il nostro apprezzamento per il determinante contributo offerto allo sviluppo dell’industria turistica. Siamo tuttavia altrettanto convinti che gli orientamenti della Commissione europea in materia di aiuti ai servizi aerei impongano la rapida definizione di nuove forme di collaborazione compatibili con il quadro normativo comunitario e nazionale. Per il trasporto su ferro, oltre l’entrata in servizio dei nuovi treni, entro l’estate attiveremo il contratto di servizio con Trenitalia per disciplinare i servizi ferroviari da erogare. Le esigenze di mobilità da e per la Sardegna ed all’interno della nostra isola debbono trovare però, finalmente, il loro riconoscimento in una visione integrata nel Piano regionale dei trasporti, quale elemento strategico per gli interventi infrastrutturali, gestionali ed istituzionali. L’ultimo PRT fu approvato dalla giunta regionale di centrosinistra nel dicembre 2008 ma non ratificato dal consiglio regionale in seguito alla fine della legislatura, mentre l’ultima approvazione di un Piano regionale dei Trasporti da parte del Consiglio Regionale risale addirittura al 1993. Rimedieremo rapidamente a questi gravi ritardi. Stessa determinazione e coesione occorre avere sulle infrastrutture energetiche. Sulle reti del gas il lavoro del Galsi non deve essere perduto perché il fabbisogno di energia termica a costi competitivi per imprese e famiglie richiede che il gas arrivi comunque in Sardegna. La scelta tra il collegamento alla rete nazionale o la costruzione dei rigassificatori sarà oggetto di una attenta valutazione di costi-benefici per decidere bene e in fretta. Non dobbiamo temere le grandi sfide, anche perché solo le grandi sfide – compatibili e sostenibili – attirano i capitali. Sul Piano energetico il nostro approccio (che è quello generale del nostro metodo) non è quello di buttare a mare il lavoro tecnico svolto nel passato. Ma la valutazione della situazione esistente, dei fabbisogni e delle priorità sarà rigorosa, per definire indirizzi strategici chiari ed efficaci. Il parco di generazione elettrica dovrà fondarsi sul giusto mix di fonti e con un uso delle rinnovabili che davvero crei ricadute sui territori e non esclusivamente consumo del suolo e delle risorse ambientali e paesaggistiche. Ho parlato a lungo di come migliorare la situazione delle risorse che dobbiamo mettere a disposizione dei nostri cittadini. Queste risorse intendiamo usarle prioritariamente per creare una società equa e sicura e per promuovere lo sviluppo del nostro territorio. Inizio da equità e sicurezza.Equità sociale per noi significa pensare al miglioramento della vita di tutte le persone, al sostegno dei genitori che lavorano, degli anziani, delle famiglie, dei disabili e non autosufficienti, dei migranti, dei poveri. Noi vogliamo costruire un percorso per le persone più deboli.La povertà non è un destino e noi dobbiamo farci carico di queste persone, certo, ma anche dare loro una speranza e una prospettiva che vada oltre il mero sostegno materiale. Dobbiamo avere un più attento governo delle risorse destinate all’assistenza e un maggiore coordinamento con i comuni. Per questo abbiamo prorogato i termini della 162 sulle non autosufficienze di tre mesi: vogliamo avere il tempo per rendere più efficiente una dimensione così alta di risorse, senza tagli ma anche senza sovrapposizioni. C’è tanta gente in difficoltà; dobbiamo tener conto di tutti e non privilegiare nessuno. Equità sociale significa anche un sistema sanitario efficiente. Siamo lontani da questo obiettivo. Mancanza di programmazione, risorse per gli investimenti non utilizzate, mancanza di integrazione tra politiche sanitarie e sociali, spesa farmaceutica a lungo senza controllo. Questo è lo stato attuale della Sanità sarda dopo le politiche degli ultimi anni.E’ ora necessaria la riorganizzazione e il rafforzamento delle reti integrate del sistema sanitario regionale e dei servizi sanitari ed assistenziali, per assicurare equità, universalità ed uniformità dell’assistenza in ogni territorio dell’isola. E’ necessaria prima di tutto la piena integrazione tra politiche sociali e sanitarie e le relative risorse attraverso un programmazione unitaria che favorisca la collaborazione tra gli enti locali e le aziende sanitarie. Vogliamo una Sanità più vicina ai cittadini, con più case della salute, e con un adeguato piano di investimenti in edilizia e innovazione tecnologica, coerente con gli obiettivi della rete ospedaliera e territoriale. Ma vogliamo anche, e soprattutto, una gestione della Sanità che sia indipendente dalla ingerenze politiche nelle scelte gestionali e operative. Salute significa anche alta qualità ambientale. Vogliamo ridurre le emissioni. Vogliamo gradualmente uscire dal carbone e usare il gas. Vogliamo produrre meno rifiuti, continuare a differenziare molto, riutilizzare di più, bruciare sempre meno, finirla con le discariche. Gradualmente, ma con decisione. Vogliamo arrivare alla tariffa unica regionale per lo smaltimento; vogliamo fare le bonifiche esigendo la piena collaborazione dei privati coinvolti; vogliamo far funzionare l’Igea e non perdere un euro dei circa 150 milioni disponibili e da programmare entro breve per gli interventi nelle aree minerarie di sua pertinenza. Vogliamo sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, attraverso azioni che, operando su obiettivi molteplici, permettano di realizzare le priorità stabilite dalla strategia “Europa 2020”.Per noi è prioritario dare continuità al Piano di Azione Ambientale Regionale, fondato sulla valore trasversale della sostenibilità ambientale: attraverso la politica degli acquisti pubblici ecologici nella pubblica amministrazione, incentivando la green economy e la creazione di nuove opportunità di lavoro (green jobs), dando impulso all’innovazione sia nella progettazione e realizzazione dei beni e servizi sia nelle modalità di acquisto. Assetto idrogeologico. Sicurezza per i nostri cittadini significa in primo luogo difesa del suolo e gestione del rischio idrogeologico. Non credo di dover descrivere ciò che è sotto gli occhi di tutti. Un pezzo di Sardegna è a rischio, per ragioni naturali e per un’antropizzazione sbagliata. Abbiamo un fabbisogno finanziario enorme per garantire tutela e sicurezza. Dobbiamo saper distinguere gli interventi urgenti da quelli strategici. Dobbiamo avere un cronoprogramma che concili emergenza e governo durevole dei processi. Occorrono risorse, ma occorre anche il personale che presidia e vigila su fiumi, crinali, dighe e bacini. Dobbiamo ridistribuire il personale disponibile nei settori in emergenza: non possiamo avere molto personale a pianificare e poco personale a controllare il territorio e le procedure. In questi giorni stiamo accelerando il processo che porterà finalmente all’attivazione del Centro Funzionale Decentrato della protezione civile. Siamo in ritardo di anni rispetto ad altre regioni. Corriamo il rischio del commissariamento e dell’assenza di una struttura efficace e funzionale nella fase del monitoraggio e dell’emergenza. Sono ritardi dovuti a responsabilità politiche e amministrative, alla scarsa capacità di dialogo e collaborazione tra istituzioni, uffici e centri di responsabilità. Tutte inefficienze che ci ripromettiamo di correggere rapidamente con le nostre riforme della macchina regionale. Intanto dobbiamo essere tutti impegnati nel recuperare dalle nostre risorse e dallo Stato quanto più è possibile per far fronte alla ricostruzione e ai rimborsi per i danni dovuti alla tragica alluvione di novembre.
Oltre a garantire equità e sicurezza, le nostre risorse devono essere utilizzate bene per favorire lo sviluppo della Sardegna. Da una crisi profonda e strutturale come quella che stiamo vivendo si esce prima di tutto impegnandosi da subito per il futuro dei nostri ragazzi, che sono il futuro per tutti noi. Come ci insegnano i paesi ad alto reddito e bassa disoccupazione, una popolazione istruita è la migliore assicurazione contro i rischi di una economia globale che cambia continuamente. Oggi, in Sardegna, 1 ragazzo su 4 non completa la scuola dell’obbligo, 5 su 6 non raggiungono la laurea. Sono dati inaccettabili per una regione europea. La Sardegna è perdente se non mette al centro del proprio agire il problema dell’acquisizione delle competenze di base per la totalità dei propri studenti, unito alla necessità di incrementare il numero dei propri laureati e di garantire un sistema della formazione continua che risponda alle esigenze di riqualificazione della propria forza lavoro. Non c’è tempo da perdere. I dati sulla dispersione scolastica e sui livelli di apprendimento lo dimostrano, anno dopo anno. Sono soprattutto gli studenti delle zone interne e di quelle montane che vivono situazioni di crescente difficoltà: classi accorpate, accessi limitati all’offerta formativa secondaria, difficoltà che da decenni aspettano di essere risolte. Presenteremo presto un piano straordinario per l’istruzione, fatto di cose semplici, conosciute, sulla bocca di tutti, che però negli ultimi anni nessuno ha fatto. Incentiveremo la frequenza delle scuole dell’infanzia da parte di tutti i bambini sin dai primi anni di vita. Interverremo alla radice del problema della dispersione scolastica attraverso un efficace servizio per l’orientamento, attraverso il sostegno alle famiglie e alle autonomie scolastiche, attraverso lo sviluppo di una anagrafe degli studenti che consenta interventi mirati verso gli studenti più svantaggiati, attraverso infine adeguati investimenti finanziati dal FSE per dare ai docenti continue opportunità di aggiornamento. Questo piano ci aiuterà ad affrontare il futuro investendo molte risorse nel presente — per creare subito lavoro e sviluppo. Nella prima riunione di giunta abbiamo già dato il via operativo alla predisposizione di un grande intervento a favore della riqualificazione degli edifici scolastici e per migliorarne la funzionalità rispetto alle esigenze didattiche. Abbiamo allocato 30 milioni di euro per questo progetto come dote iniziale di un ammontare che aumenterà significativamente nelle prossime settimane. Parte di questo intervento sarà finalizzato ai Comuni ad alta densità di dispersione scolastica. Favoriremo in tutti i modi la loro cooperazione finalizzata allo sviluppo di scuole di dimensione adeguata per il loro comune bacino d’utenza, scuole modello che consentano una didattica più avanzata e che aiutino a creare un senso di appartenenza in studenti e docenti. Gli interventi per l’edilizia scolastica si inseriscono all’interno di un lavoro più ampio in cui è già impegnata la giunta e che riguarda il rapido recupero e la programmazione di risorse per opere immediatamente cantierabili anche nell’edilizia sanitaria, nell’housing sociale, sull’edilizia agevolata e nelle numerose bonifiche programmate e mai realizzate. Il secondo pilastro per affrontare la crisi senza farsene travolgere è rendere il proprio sistema produttivo flessibile per consentire alle imprese di usare le trasformazioni del mercato e della tecnologia come occasioni di nuovo sviluppo. La flessibilità del sistema economico però rischia di creare insostenibili ingiustizie sociali, e deve dunque essere affiancata da istituzioni pubbliche in grado di trasformare le fasi di disoccupazione di ogni individuo in un investimento per acquisire nuove competenze e per trovare un nuovo lavoro. L’attuale sistema di protezione sociale a favore dei disoccupati è del tutto inadeguato. Costa moltissimo, non offre una protezione universale, non incentiva i disoccupati ad attivarsi nella ricerca di un nuovo lavoro né gli fornisce servizi adeguati per far sì che questa ricerca abbia una ragionevole probabilità di successo. La chiave di volta per invertire la situazione attuale è la realizzazione di Nuovi Servizi per l’Impiego, la cui architettura è in fase di predisposizione. La creazione di rinnovati e rinforzati Servizi sarà affiancata dalla riorganizzazione del sistema della formazione professionale, che dovrà essere dimensionata al fabbisogno formativo reale del tessuto produttivo e delle risorse umane, e sarà affiancata dalla creazione di un sistema pubblico di qualità nel quale convergeranno le richieste di fabbisogno lavorativo e formativo da parte dei datori di lavoro, degli artigiani, dei lavoratori autonomi. E’ in corso di predisposizione anche il Piano di attuazione della c.d. “Garanzia Giovani”, che prevede la presa in carico da parte dei Servizi per il lavoro dei giovani nella fascia d’età 15-29, anni per i quali – nell’arco di 4 mesi – verranno attivati percorsi di istruzione o formativi, tirocini-avviamento a contratti di apprendistato che incentiveremo per aumentarne l’attuale bassissimo utilizzo da parte delle imprese sarde. Il terzo pilastro è creare un ambiente favorevole alle imprese private e ai loro investimenti — il che significa molta meno burocrazia e una ridotta pressione fiscale, argomenti che ho già avuto occasione di trattare in questo intervento. E significa anche favorire l’accesso al credito attraverso il ruolo dei Confidi – con il necessario riordino organico della normativa sulle modalità di contribuzione da parte della Regione. Naturalmente molti altri fattori concorrono alla creazione dello sviluppo di un territorio. Tra i molti desidero citarne due, particolarmente importanti per la nostra isola. In primo luogo, la parità di genere. La discriminazione che di fatto caratterizza il nostro mercato del lavoro è insieme un’ingiustizia e uno spreco. Creeremo strumenti che consentano alle donne di non dover scegliere tra famiglia e lavoro: reali politiche di sostegno alle famiglie, politiche attive del lavoro a favore delle donne, una cabina di regia sulle Pari Opportunità per definire e individuare i fabbisogni reali e poter pianificare rapidamente interventi mirati. E per quanto riguarda la partecipazione politica, anche in questo caso bisognerà modificare una legge elettorale che ha determinato un risultato del tutto deludente in termini di una equilibrata rappresentanza di genere. In secondo luogo, la qualità paesaggistica. Per molte delle nostre principali attività economiche, dal turismo all’agricoltura all’economia della cultura, un paesaggio di alta e durevole qualità è una componente fondamentale della nostra competitività. La riapertura del dialogo da noi immediatamente avviata con tutti i soggetti interessati – enti locali, portatori di interesse, partenariato economico e sociale e lo stesso Ministero – punta a gestire in piena legittimità il necessario aggiornamento del PPR – salvaguardandone i principi, mantenendo alta la tutela del bene paesaggistico.In parallelo lavoreremo alla ormai improrogabile elaborazione dei Testi Unici dell’Urbanistica e dell’Edilizia, che favorirà l’approvazione dei PUC da parte dei Comuni. Questi sono gli elementi essenziali per una politica di sviluppo della Sardegna. Non ho il tempo di entrare nei dettagli delle politiche di settore a sostegno dello sviluppo delle attività economiche per noi fondamentali, dal turismo all’agricoltura, all’industria, fino all’ICT e alle numerose start up innovative che continuano a nascere dimostrando che non in tutti i settori l’insularità è una condanna inappellabile. Su questi e altri punti che non ho potuto citare in questa occasione rimando al programma della coalizione. E’ però necessario aggiungere qualcosa sulle numerose vertenze che riguardano alcune grandi aziende sarde in grave stato di crisi. Il nostro impegno per salvare ciò che può essere salvato sarà forte e convinto, in Sardegna come a Roma e a Bruxelles. Tutto ciò che è legittimo fare sarà fatto. Ma deve essere chiaro a tutti che il limite della nostra azione è ben definito dalla normativa europea sugli aiuti di stato: il settore pubblico è chiamato a intervenire seguendo la logica che guiderebbe l’azione di un investitore privato che operi in una economia di mercato. Nei casi in cui questo non è possibile, il dovere di un settore pubblico moderno ed equo è farsi carico dei lavoratori e non dell’impresa, e farsene carico offrendo loro servizi di qualità capaci di condurli rapidamente verso un nuovo lavoro. Concludo il mio discorso. Vorrei solo ribadire che le linee programmatiche che ho appena delineato non possono che discendere da quello che è stato il programma che abbiamo proposto all’attenzione dei nostri cittadini. Ora è il momento di metterle in pratica. Non intendiamo in nessun modo fare una politica di soli annunci. Saremo concreti, coerenti e trasparenti. Non lo realizzeremo da soli. Questo Consiglio presenta grandi segni di rinnovamento e siamo pronti ad affrontare insieme la difficile sfida che ci attende. Ho molta fiducia in questa maggioranza, così composita ma proprio per questo rappresentativa di tante anime della Sardegna. Siamo pronti a lavorare insieme con grande senso di responsabilità, in piena e leale collaborazione. Ma anche con l’opposizione, che confido ricoprirà il suo ruolo in maniera battagliera ma costruttiva. Come ho già avuto modo di dire, il mondo è cambiato, problemi nuovi hanno bisogno di soluzioni nuove. Solo attraverso politiche moderne possiamo restituire alla Sardegna la speranza, e ai giovani e ai disoccupati un futuro di lavoro. Dobbiamo avere il coraggio delle scelte, con determinazione e senso di responsabilità. |
Se a un discorso di così grande spessore segue una reale politica di attuazione del programma illustrato, allora il mio voto a Pigliaru non sarà stato vano. Scuola, lavoro, riassetto idrogeologico del territorio sono le leve principali su cui bisogna fortemente impegnarsi (a tutti i livelli) per uscire da questa situazione di crisi drammatica.
Tore Pilloni
Le parole sono importanti. Anche quelle che mancano. E che aspettiamo.
I due deficit politici del presidente
Per Francesco Pigliaru le parole sono importanti. Ricordo una mattina di alcuni anni fa quando chiuse rapidamente una riunione all’Università (di cui era pro rettore alla Ricerca scientifica) perchè, ci disse, doveva terminare di scrivere, immagino rivedere attentamente, un articolo per La Nuova Sardegna del giorno dopo. Dunque occorreva essere precisi e dedicarvi tutto il tempo necessario. E’ sicuramente con lo stesso scrupolo che ha redatto il documento delle sue dichiarazioni programmatiche da presidente della regione, sicuramente soppesando ogni singola parola scritta. Pertanto prendiamo sul serio ogni parola e analizzeremo con attenzione e commenteremo il contenuto del documento, come già abbiamo cominciato a fare con l’editoriale di Vanni Tola su Aladinews. Il documento, anche tenendo conto dell’analisi di Vanni, è totalmente condivisibile e anch’io lo sottoscrivo: per quanto dice, ma ci riserviamo di esprimere valutazioni e giudizi successi per quanto è allo stato troppo generico e indeterminato e di capire e dare le nostre valutazioni e giudizi su quanto ancora non detto e che è necessario dire quanto prima. Anche su questo versante Vanni è stato precisamente esigente! Voglio ora esprimere un mio parere di carattere generale: le dichiarazioni programmatiche del presidente Pigliaru hanno due “deficit politici”, di fondamentale importanza, che attengono uno alla sardità e l’altro all’europeismo. Tratto queste due questioni in maniera intrecciata, come è giusto che sia. Non è pensabile che il programma del presidente (e della sua coalizione), così come è attualmente formulato, prescinda da una esplicita visione del posizionamento istituzionale della Sardegna, oggi e in prospettiva, in Italia e in Europa. Al riguardo è vero che Pigliaru non poteva sollevare la bandiera dell’indipendentismo o del sovranismo che lo vuole praticare anticipatamente (gli indipendentisti e i sovranisti sono pur sempre una minoranza, seppure importante, della coalizione di centro sinistra), ma la visione che sottende il documento appare francamente riduttiva, niente altro di diverso da un “autonomismo sbiadito”, che non ci porta molto lontano. Pigliaru si guarda bene dal pronunciare parolacce quali indipendentismo e sovranismo e neppure federalismo, utilizza in un passaggio il termine “sovranità” nell’accezione di auto-responsabilità (cito testualmente: “…il principale esercizio di sovranità cui vogliamo dedicare tutta le nostre capacità ed energie, è un’essenziale assunzione di responsabilità verso cui orientiamo la nostra azione di governo”). Non basta certo! Specie nell’attuale momento storico, che ha necessità di una Sardegna rinnovata, anche nelle sue istituzioni, consapevole delle proprie risorse e potenzialità, capace quindi di un suo protagonismo, indispensabile per sopravvivere nel quadro degli attuali rapporti di forza tra entità territoriali (nel confine statuale e in quello europeo). E’ solo in questo quadro, che, come detto, richiede anche una nuova struttura istituzionale della regione, che credo possa iscriversi, citando Vanni: un auspicabile progetto organico di trasformazione e sviluppo che ci piace definire “nuovo piano di rinascita”. Per fare tutto questo non si può prescindere da una politica sulla lingua sarda, sull’identità sarda, sull’università della Sardegna… in definitiva su chi siamo noi sardi e chi vogliamo o vorremo/vorremmo essere. E, allora: è possibile che Pigliaru non parli della nuova costituente statutaria, a cui siamo tenuti anche in virtù degli esiti referendari sardi? E’ possibile che parli dell’Europa sostanzialmente come vincolo per la nostra economia, come purtroppo è, ma che non necessariamente deve continuare ad essere, o, ancora, come bancomat per prelevare tutte le risorse finanziarie possibili? Importante ma terribilmente riduttivo. E’ possibile che parli d’Europa senza fare cenno all’incredibiie situazione di discriminazione politica dei sardi, impossibilitati, per ottusa e incostituzionale legge italiana (modificabile domani se solo ci fosse la volontà politica dei grandi partiti italiani) ad avere propri rappresentanti nel parlamento europeo? Si chieda Pigliaru se, per fare un esempio, le stesse nostre difficoltà di utilizzare pienamente e con efficacia i fondi europei siano solo problemi organizzativi e di preparazione del personale tecnico, amministrativo e anche politico. Come pur è vero, ma non sono spiegazioni sufficienti a dare conto della situazione. Credo infatti che questo come tanti altri problemi non possano essere disgiunti da uno, più pesante di tutti: l’incapacità della Regione di esercitare un ruolo politico nel quadro europeo, sia nei confronti dell’Italia che s’interpone tra la regione e le istituzioni europee, sia nei confronti dell’istituzioni europee, direttamente, laddove ciò è possibile, anche attualmente, per esempio per incidere, modificandole o integrandole, sulle politiche europee. Ma di tutto quanto detto Pigliaru non si cura, destando il più che legittimo sospetto che per lui bastino l’onesta, la competenza, la tecnica e la razionalità per risolvere i problemi della Sardegna, minimizzando quello che in realtà è soprattutto un problema di Politica. Si dirà che la coalizione del centro sinistra potrà integrare il programma e precisare l’impostazione data dal presidente. Vedremo. Nel mentre parliamo, scriviamo e sottoponiamo i nostri argomenti al presidente, ai politici, ai cittadini sardi…
Per ora chiudo qui, con un’informazione/richiesta. Segnaliamo che dopo il dibattito, attualmente in corso in Consiglio regionale, vi saranno a breve due primi importanti appuntamenti laddove il presidente è chiamato ad esporre le sue idee, possibilmente “aggiornando” il programma: 1) l’inaugurazione della Fiera internazionale della Sardegna, prevista nella tarda mattinata del 25 aprile, dove in un passato non troppo recente il presidente della regione faceva il punto sulla situazione economica della regione e sulle prospettive future; 2) sa die de sa Sardinia, con specifico riferimento alla seduta aperta del Consiglio regionale, prevista la mattina del 28 aprile.
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