Quante lingue per l’antica Caralis [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 9/04/2014- (La città in pillole- Il “luogo dei bianchi colli” e l’agonia in rada di Luigi IX). Chissà in quante lingue è risuonato quell’ineffabile “urbs [..] tenditur in longum Caralis..”(la città di Cagliari si stende in lungo) che Claudiano, al tramonto del IV sec., consegnò al “De bello gildonico”. Foto dal vivo e topica che da millenni Krly rimanda a chi vi approda. Chissà se risuonò in minoico. Certamente in miceneo ed in fenicio. Ben prima in lingue oscure, stratificate dal paleolitico, che riaffiorano in nomi di luoghi e di cose, in metafore e suoni. L’avrà pensato in latino o in greco Ennio, a Karales durante la seconda guerra punica? Ci piace credere che da magnogreco avesse più assonanze con le consuetudini ellenistiche della città punica che con Catone il Censore. L’inventore della spending review, nel 204 av. C., lo scoprì nel “munitus vicus”e lo portò a Roma perché diventasse l’esemplare scrittore delle origini. Quali i pensieri di Fulgenzio da Ruspe e dei vescovi africani, esiliati ai primi del VI sec., che “iuxta basilicam sancti Saturnini longea strepitu civitatis” costruirono un monastero e un celebre scriptorium? Fu familiare quel profilo ai monaci di Marsiglia, quando, nel 1089, un confratello diventato Urbano II sottrasse l’isola alle poco convinte mire islamiche e la restituì all’occidente, attuando la riforma di Gregorio VII. I Vittorini ebbero dai giudici di Cagliari luoghi, chiese, saline, approdi. In cambio soprattutto la legittimazione che non li emancipò da Pisa e Genova. La caduta della Villa di Santa Igia nel 1258 ne è evidenza. Come pure il diniego dei Pisani allo sbarco di Luigi IX, re di Francia, che in agonia si fermò in rada. Morirà un mese dopo nell’agosto del 1270 a Tunisi. Non vide mai la Terrasanta. Forse il “ luogo dei bianchi colli” gli evocò una “miniaturistica” Gerusalemme come accadde a Lawrence e Frida all’apparire di Cagliari una mattina di gennaio del 1921. |
L’ultimo periodo ha fatto emergere in me la profonda commozione che era andata crescendo man mano mentre leggevo.
Poi, a mente fredda, mi sono anche ricordato di un’altra apparizione a Cagliari: quella di C.E. Gadda, più o meno nello stesso anno di Lawrence, di passaggio per andare a Porto Vesme a costruire la prima centrale termoelettrica della Sardegna. Scese alla Scala di Ferro e, ghiotto com’era, si ingozzò di maravigliose squisite aragoste. Questo è il ricordo della città dei bianchi colli che gli durò per tutta la vita.