Il Palazzo della luce [di Franco Masala]
Tra gli edifici realizzati a Cagliari nel secondo Novecento uno dei più interessanti è certamente quello che accoglie gli uffici locali dell’ENEL. In realtà, il palazzo, inaugurato nel 1961, nacque quale sede della Società Elettrica Sarda, prima della nazionalizzazione dell’energia elettrica, sull’area della vecchia centrale distrutta nel 1943. A lato è il Palazzo Tirso, prima sede della società, realizzato nel 1924-26; e il contrasto non potrebbe essere più netto tra i richiami neomanieristi del progetto di Flavio Scano e la veste completamente moderna del nuovo edificio. Questo chiude la testata del lungo rettifilo della via Roma e, contemporaneamente, fa da fondale alla perpendicolare via XX Settembre, mostrando un’alta parete cieca, rivestita di klinker turchese smaltato. Il prospetto principale, invece, è intelaiato in una struttura di cemento armato a vista, che contiene le aperture finestrate con i frangisole, ora aperti, ora chiusi così da variarne l’aspetto. Il palazzo fu poi concluso con un corpo più basso che assecondava l’andamento della strada laterale, in realtà aperta soltanto nel 2001. All’angolo era stato già collocato un rilievo (1962) di Eugenio Tavolara: il recente restauro, curato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici ed Artistici, ha messo in evidenza la sapienza compositiva e l’accostamento efficace nelle figure realizzate con graniglia di cemento colorato con basalto, marmo e calcare di Orosei. E’ l’idea “futurista” della luce con il sole, un traliccio, ruote dentate liberamente disposti sul piano verticale. La costruzione, su progetto dell’architetto milanese Gigi Ghò (1957), è vicina ad esperienze contemporanee come la torre Velasca di Milano con una esaltazione delle possibilità anche espressive del cemento armato, qui sottolineate dalle grossi pilastri a V che sporgendo sopra il piano dell’ingresso, proiettano il volume verso l’esterno, e dalla copertura che si piega a “origami”. Il palazzo venne costruito in deroga al piano di ricostruzione che consentiva al sindaco di concedere, per gli edifici di sostituzione, un aumento di volumetria per “grandiosità di proporzioni e particolare dignità di forma” (ciò che fu anche per i due “grattacieli” di piazza Yenne e piazza Garibaldi). Oggi, potrebbe apparire come un errore urbanistico dal momento che in qualche modo ha impedito lo sviluppo della via Roma quasi come pendant della stazione ferroviaria situata al lato opposto. Rimane sicuramente la qualità dell’architettura, non frequente in quegli anni in Sardegna.
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