I confini incerti tra sacro e profano [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 16aprile 2014 (La città in pillole). Cagliari si può percorrere in modi diversi o secondo itinerari consumati e distratti. Cela preziosi dettagli non subito percettibili. E’ in apparenza aperta; in realtà segreta. Disvela il suo senso se si ha la pazienza di entrare nel suo respiro e la perspicacia di non farsi sopraffare dalla verticalità militaresca. Che è dei colli, luogo dei poteri; degli strapiombi, segno di separatezze; delle mura, quinta invalicata; de is de nosu, prima dell’amicizia. Il dorato calcare, su cui e con cui si sostanzia, rese Krly miraggio e metafora di mediterraneità. Popoli d’oriente vi ricostruirono casa e mercato meticciandosi con genti indigene o venute pure esse da lontano. Strana mescolanza di mercanzie policrome – stoffe, vetri, terrecotte, vini, profumi – per misteriosi edificatori di torri, cultori di acque in cavità tenebrose. Perciò solarità troppo dichiarate sono contraddette da tortuosi e ripidi tracciati; dalla notturnità di infinite grotte; dalla lancinante cupezza di cerimoniali religiosi; dall’inquietudine di esoterismi in cui sacro e profano hanno confini incerti. L’incessante dialettica tra sotterraneo e fuoriterra, chiasso e segretezza, oscurità e luminosità, vuoti e pieni, restituisce una doppia prospettiva. Lo straniero può rimanerne spaesato perché inizialmente il gioco, nell’ambiguità della proposta, non è ad armi pari. La partita non è trovare un qualche bandolo negli innumerevoli strati di questa stupenda e misera città ma dipanarne con sguardo differente le sfumature. Allora, solo allora possiamo inventare percorsi possibili. Tanti, mai identici o riproducibili. Ognuno i suoi, specie ora a primavera, avendo come bussola occhi e piedi scrutatori che non si stanchino delle molteplici affabulazioni a cui, talvolta, diamo un qualche significato. Sempre troppo provvisorio perché perennemente in divenire.
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Mirabile sguardo, palpitante esitazione tra intelligenza e passione.