Noè 2014 d. C. [di Franco Masala]
La Bibbia gli dedica soltanto poche pagine, con molte ripetizioni. Il regista Darren Aronofsky ne sviluppa la storia in quasi due ore e 20 minuti di film, dilatando e aggiungendo avvenimenti. Il “riassunto delle puntate precedenti” di Noah viene liquidato con alcuni rapidi fotogrammi che vanno dalla creazione all’omicidio di Abele, e il diluvio esplode con una serie di geyser per completarsi con un mare grigio e agitato. Naturalmente in un kolossal di tal genere la verosimiglianza è da rifuggire. Però scoprire, in un crescendo, che si passa dalle vicende del diluvio universale al dramma di famiglia che coinvolge Noè, lacerato tra ubbidienza al Creatore (è chiamato sempre e soltanto così) e affetti familiari verso due nipotine inaspettate, richiede un po’ di pelo sullo stomaco. Tanto più che a fronte dei quaranta giorni del diluvio, la gravidanza si sviluppa tutta sull’arca, si presume nei nove mesi regolamentari. Oltre al fatto che le coppie di animali, ricostruiti virtualmente, sono immerse in un sonno letargico per tutto il tempo, quasi a contrasto con la furia belluina dei discendenti di Caino che vorrebbero prender posto sull’arca anche loro. Tant’è, al diktat del business USA non si comanda, come al cuore. E allora non c’è più il bonario e paterno Noè di John Huston che diresse se stesso nel film La Bibbia (1966) bensì il fu gladiatore Russell Crowe, un po’ imbolsito ma ben lontano dai seicento e passa anni che dovrebbe avere il patriarca. C’è poi un Matusalemme impiegato nel ruolo del nonno saggio e un po’ svanito, nonostante il testo biblico che di lui ci fa conoscere solo l’età (969 anni). E si tratta di Anthony Hopkins, ex Hannibal the Cannibal. Ultimi ma non gli ultimi, gli angeli caduti che qui vengono chiamati Vigilanti (!) di pietra, aiutanti di Noè, e che sono un incrocio fra Transformers e i Giganti di Monte Prama. I costumi sembrano disegnati da un Armani antidiluviano con tinte spente e neutre e giungono al punto di proporci pantaloni e morbide giacche per gli uomini e una sorta di fuseaux per la ragazza sposa di Sem. Per non dire della canzoncina ninnananna cantata in italiano da Noè e dalla nuora nel corso del film e ripresa nei titoli di coda, naturalmente in inglese. Cosa aggiungere ? Se Il gladiatore, Troy, Alexander, avevano una loro ragion d’essere nonostante arbìtri e inesattezze, qui sembra solo che si voglia far passare il messaggio di un Noè tutto d’un pezzo e per di più vegetariano e “verde”. Sarà per la prossima volta. P.S. L’aspetto più problematico è però la mezzora abbondante di trailer e pubblicità che precede il film e sembra non avere mai fine … |
Questa volta i produttori americani hanno proprio esagerato. Concordo pienamente in tutto quello che ha scritto Franco Masala anche se con questo articolo è riuscito ad “affondare l’arca di Noè”.
Almeno possiamo dire di aver visto gli antenati dei “Trasnsformer”